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TESTO Recuperare la retta via

padre Antonio Rungi

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/10/2005)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

La Parola di Dio della XXXI Domenica del Tempo ordinario è un forte appello alla conversione. Un appello rivolto in primo luogo a quanti hanno la responsabilità della guida della comunità dei credenti, ai sacerdoti e a quanti nel nome di Dio esercitano un ministero tra il popolo.

Il Profeta Malachia dal quale è tratto il testo della Prima Lettura odierna riporta a chiare lettere ciò che deve fare una persona consacrata al Regno di Dio per seguire la retta via che ha tracciato il Signore. "Io sono un re grande, dice il Signore degli eserciti, e il mio nome è terribile fra le nazioni. Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Voi vi siete allontanati dalla retta via e siete stati d'inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete rotto l'alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. Perciò anch'io vi ho reso spregevoli e abbietti davanti a tutto il popolo, perché non avete osservato le mie disposizioni e avete usato parzialità riguardo alla legge. Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l'uno contro l'altro profanando l'alleanza dei nostri padri?".

Dar gloria al Signore, insegnare la verità e la rettitudine morale, non usare parzialità nell'applicazione della legge, agire con trasparenza e pacificamente, sono alcuni dei richiami forti che il testo del Profeta Malachia pone alla nostra attenzione, perché ne facciamo tesoro tutti.

Sulla stessa linea si colloca il testo del Vangelo di oggi, tratto da San Matteo: "In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ''rabbì'' dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare ''rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ''padre'' sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ''maestri'', perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato".

Una lezione di vita straordinaria che ci viene dal brano odierno. La testimonianza prevale sulla facile parola dell'impegno, al quale quasi mai corrisponde la relativa azione. Le accuse verso quanti dicono e non fanno sono evidenti. E per la verità, anche oggi, di persone del genere ce ne sono tante, comprese nelle nostre comunità ecclesiali. Viviamo nella società delle immagini, delle apparenze, delle formalità. Si cerca sempre e comunque di salvare la faccia, mentre nel privato e nel profondo del cuore ci sono tanti limiti e difficoltà. Nessuno, come si legge nel Vangelo, può e deve farsi maestro degli altri, né considerarsi superiore in autorità e in dignità, ma deve circolare una vera uguaglianza, che poi si manifesta nell'umiltà e nel servizio disinteressato. Tematica che viene sottolineato anche nel Salmo Responsoriale: "Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze".

Questo atteggiamento di bontà, di dolcezza e disponibilità viene pure messo in risalto nella Seconda Lettura, tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi. Si tratta di un atteggiamento che favorisce l'annuncio evangelico e rende più proficuo, come testimonianza, l'attività apostolica. Cose particolarmente importanti oggi davanti alle richieste sempre più pressanti di una evangelizzazione che sappia coniugare competenza, professionalità, tecnica comunicativa e mezzi di supporto necessari, con uno spirito apostolico fondato sulla fede profonda in Dio e sulla responsabilità che, come credenti, abbiamo nella diffusione del Vangelo. Per cui, quante più persone vengono a conoscenza di Cristo mediante la nostra testimonianza di vita e l'annuncio missionario, meglio rispondiamo al dovere fondamentale della propagazione della fede in tutti gli ambienti a partire dalle nostre comunità e dal nostro territorio. "Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno, vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio. Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete".

Accogliere la parola di Dio nella sua connotazione essenziale significa fare un cammino di fede per quanti non l'hanno, e di conversione per quanti hanno smarrito la retta via. Non è difficile sapere oggi su quale delle due strade siamo incamminati. Ma se non dovesse essere chiara in noi questa duplice ipotesi, probabilmente abbiamo abbandonato ogni prospettiva di autentica religiosità nella nostra vita, escludendo, di fatto, dal nostro orizzonte, l'esistenza di Dio e vivendo praticamente come Dio non esistesse più.

"Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio?". Prendere coscienza dei valori fondamentali di una visione religiosa della propria vita è il primo passo per andare verso la fede o rinnovare la fede già avuta e forse appannata da altre fedi, che non si riferiscono al Bene Assoluto, che è Dio Creatore e Padre di tutti gli uomini.

 

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