TESTO Commuoversi e rischiare, se si vuole amare
don Giacomo Falco Brini Predicatelo sui tetti - blog personale
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (25/07/2021)
Vangelo: Gv 6,1-15
1Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Anche questa domenica il vangelo dice che Gesù alza gli occhi e vede tanta gente accorrere a Lui (Gv 6,5). Lo sguardo di Dio è sempre attento, i suoi occhi non si distolgono mai da noi. Gesù non si commuove solo perché erano come pecore che non hanno pastore (domenica scorsa). La sua compassione nasce dall'amore per la vita di ogni uomo, nella concretezza del corpo con i suoi bisogni. Gesù sente su di sé ogni fame di vita. La domanda rivolta ai discepoli stana i ragionamenti tanto umani che ingabbiano le possibilità del cuore, espressioni di un'economia del possesso che sa far bene i calcoli, ma non sa vedere nella condivisione del poco la moltiplicazione del molto. Giovanni annota che Egli sapeva quello che stava per compiere (Gv 6,6). Dunque c'è una matematica nuova che il Signore vuole insegnare ai suoi discepoli a partire dalla sua domanda; c'è un modo di ragionare e di vivere nuovo che essi devono imparare ad incarnare. Ma non sarà facile comprenderlo.
Una mamma vince il primo premio al Bingo della festa parrocchiale: un sacco di riso da 30 Kg. Per i poveri del luogo dove ho vissuto per circa 6 anni, averne in quella quantità è come avere un consistente conto in banca. Altre madri in difficoltà bussano alla sua porta chiedendole un po' del suo riso, ma la signora viene vinta dalla paura di non poterne più attingere per sé e per i suoi. Lo nega a tutte e il tempo passa. Un giorno si accorge che almeno tre quarti del riso è marcito nel sacco. Alla fine perse quasi tutto il riso, oltre all'amicizia delle sue vicine di casa. Questo fatto mi si è impresso dentro come un'icona. Se scommetti su un'economia del possesso, le cose, alla lunga, ti si ritorcono contro. Se scommetti sull'economia divina, all'inizio ti sembra una perdita, poi invece vedi la vita crescere in te e fuori di te. Questa è la lezione del Signore per i discepoli di ogni tempo. La fede è rischiare sulla sua parola. La fede è lasciarsi coinvolgere nella sua compassione per gli uomini. La fede ti convince che Dio va cercato e amato presso gli uomini.
Se Andrea segnala la presenza di un ragazzo con 5 pani d'orzo e 2 pesci, ponendo l'interrogativo sull'insufficienza umana davanti al bisogno della gente (Gv 6,9), vuol dire perlomeno che quel ragazzo si era fatto avanti. Un giovanetto che non ha rinunciato a sognare, mettendosi a disposizione del Signore. Ecco il segreto cristiano della vita. Non importa quanto sei e quanto hai. Per quello che sei e che hai prima si ringrazia Dio, poi si fa come Martino di Tours che vedendo la sofferenza di un ignudo prende il suo mantello, lo spezza in due e ne dona una parte al povero, benedicendo Dio che avrebbe fatto lo stesso al suo posto. Il segreto è mettersi con quel che si ha nelle mani di Dio per diventare le sue mani, il suo cuore, la sua compassione. Tutto ciò però non può avviarsi se prima non si sa alzare gli occhi e vedere. La malattia attuale, più mortale della pandemia che ci affligge, non ci fa vedere in tantissime persone che vengono da lontano (o che ci abitano vicino) la stessa gente che accorreva da Gesù, affamata di vita più dignitosa oltre che di pane. Come dice il nostro papa, non sappiamo più piangere per loro. Perché? Perché non c'è spazio per la compassione.
Sappiamo che questo miracolo di Gesù è per Giovanni un segno eucaristico. Fare un ripasso di questo “fondamentale” della fede giova alla salute del nostro spirito. Cos'è in fondo l'eucarestia? È ritrovarsi insieme a rendere grazie della vita (cfr. greco εὐχαριστία) attorno a Colui che continua guardarci con profonda compassione, che continua ad amare fino a darci la sua vita nel pane consacrato e spezzato. Questa è la memoria irrinunciabile, la Tradizione vivente a noi sempre presente. L'amore è memoria di quel che ha fatto per noi, sempre contemporaneo in ogni S. Messa. Solo ritornando alla fonte si può tornare a fare l'esperienza di una vita che si moltiplica alla scuola della condivisione. Solo Lui, nel suo pane di compassione, a sua volta ci fa diventare figli compassionevoli. È in gioco la nostra umanità, poiché senza l'amore di Dio ci si disumanizza. Il Signore ci dia allora il coraggio del ragazzo del vangelo che seppe lasciare tutto nelle sue mani benedette e benedicenti. La differenza è tutta qui: da soli siamo solo 5 pani e 2 pesci, nelle sue mani siamo il miracolo del poco che diventa molto, il miracolo dell'uomo che diventa Dio.