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TESTO Commento su Luca 12,13-21

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Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (17/10/2005)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

13Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Dalla Parola del giorno

"Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio."

Come vivere questa Parola?

Due fratelli si rivolgono a Gesù per una questione di eredità. Ma il Signore si tira fuori da questa bega, prende il largo. Nella sua missione non c'è posto per la preoccupazione "dell'avere." Anzi, ne è talmente estraneo e distante, da ritenere necessario educare l'uomo ad essere libero da ogni smania di avido accumulo. Per questo narra la parabola del ricco sedotto dal progetto di ristrutturare i suoi granai per potervi ammassare ricchezze sempre in aumento.

Notate: quest'uomo ostenta il possesso di una grande quantità di beni. Di una cosa tuttavia è carente: non ha la consapevolezza d'essere creatura e dunque di dover morire. Spesso è così anche per noi. Sì, perché a pensare alla morte in generale, come qualcosa che vediamo arrivare, magari repentina, sulla pelle degli altri, si fa in fretta. Ma che possa capitare proprio a me, e quando non me l'aspetto, è una verità tutt'altro che lampante e soprattutto è una verità poco gradita.

Eppure vive davvero, in pienezza, solo chi non rimane irretito dalla stoltezza che è dimenticanza della morte. Vive in pienezza colui che fiuta il pericolo di lasciarsi talmente immischiare nel possesso delle cose da esserne posseduto. Lo fiuta e se ne allontana, mentre cerca ciò che arricchisce davanti a Dio, ciò che in questa vita dà pace e nel "dopo" – gioia di chi crede! – dischiude orizzonti di eternità.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, richiamerò al cuore e alla mente il pensiero della mia morte, senza paura. Anzi, chiederò in preghiera la consapevolezza che il morire non è correre verso il nulla, ma incontrare Dio, finalmente senza veli.

Signore, donami lucidità e gioia nella certezza che il morire in Te è vivere in eterno.

La voce del santo Curato d'Ars

"Bisogna pur vivere" diceva qualcuno al Santo curato d'Ars. E lui: "Sì, ma bisognerà pur morire un giorno".

 

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