TESTO Le tempeste e la fede
don Roberto Rossi Parrocchia Regina Pacis
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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/06/2021)
Vangelo: Mc 4,35-41
35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Nella tempesta del lago di Galilea Gesù dice ai suoi apostoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” Nelle tempeste della vita, nelle situazioni difficili che incontriamo, Gesù dice anche a me, dice a tutti: “non avete fede?” È molto importante la riflessione oggi sulla fede, il coltivare la fede, il cercare di vivere di fede. Anche se non siamo aiutati dal contesto sociale, molte volte materialista, interessato soltanto alle cose mondane, noi sappiamo che la mancanza di fede è una grande povertà del nostro tempo. Nell'incontro con le persone, di fronte ai tanti che manifestano e vivono impegno, volontà di bene, fede nel Signore, amore del prossimo, mi colpisce quando incontro qualcuno che è indifferente, si dichiara ateo, non interessato. Qualcun altro esprime la propria crisi perché si è trovato di fronte a malattie, sofferenze, lutti, e quasi grida: “se Dio ci fosse queste cose non ci sarebbero”. Oppure altri che affermano: “ho pregato tanto, il Signore non mi hai esaudito”.
Mi accorgo che abbiamo bisogno di aiutarci molto nella fede. E' importante coltivare la fede ed esprimerla nei momenti di gioia: di quante cose dovremmo continuamente ringraziare il Signore! E' necessario coltivare la fede nei momenti delicati e difficili, per farci forza, per sperimentare la forza di Dio proprio nei problemi della nostra vita. Dobbiamo essere certi che il Signore non manda mai a male nessuna preghiera, che la nostra vita e le nostre cose stanno più a cuore a Lui che a noi stessi. E allora? Noi diciamo: “basta la salute”, ma ci potrebbero essere persone sanissime e delinquenti, altri tristi e disperati. Ci sono persone malate che cantano la gioia della vita, come Benedetta Bianchi Porro. Noi sappiamo che questa vita è bella, è importante, ma dobbiamo sapere che questa vita non durerà sempre, che dopo questa vita ci sarà l'eternità. Il Signore non ci libera dalle preoccupazioni, dalle malattie, dalla morte: il Signore ci libera e ci salva ‘nelle preoccupazioni, nelle malattie, nella morte'. Lui ci dà sempre una salvezza vera, definitiva.
Su questo noi siamo già stati esauditi; sui vari passi della nostra esistenza imploriamo con fiducia che ci salvi, che ci sia vicino, che ci santifichi. Diciamo con pudore tutto questo: occorre chiedere la grazia del Signore per farci forza e avere fede quando c'è una malattia grave nostra o di qualche persona cara, quando c'è un lutto, quando un papà o la mamma perde un figlio. Sono momenti difficili, drammatici, ma tante persone proprio in quei momenti sono riusciti a realizzare una propria conversione, la propria santificazione. Chiediamo al Signore di coltivare la fede, la certezza che Dio ci è vicino, che ci vuole bene, che ci salva, che ci dà la forza necessaria, che ci santifica. Chiediamo questo dono per le tante persone che sono in difficoltà, che soffrono, che hanno bisogno di speranza. Chiediamo di essere noi stessi una presenza di amore accanto a queste persone. Papa Francesco in una recente udienza ha affrontato questi problemi e ha intitolato la catechesi così: “La certezza di essere ascoltati”, Ecco alcuni stralci: “C'è una contestazione radicale alla preghiera, che deriva da una osservazione che tutti facciamo: noi preghiamo, domandiamo, eppure a volte le nostre preghiere sembrano rimanere inascoltate: ciò che abbiamo chiesto -per noi o per gli altri - non si è realizzato. Noi abbiamo questa esperienza, tante volte. Se poi il motivo per cui abbiamo pregato era nobile(come può essere l'intercessione per la salute di un malato, o perché cessi una guerra), il non esaudimento ci appare scandaloso.
Ma se Dio è Padre, perché non ci ascolta? Lui che ha assicurato di dare cose buone ai figli che gliele chiedono (cfr Mt 7,10), perché non risponde alle nostre richieste? Il Catechismo ci offre una buona sintesi sulla questione. Ci mette in guardia dal rischio di non vivere un'autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio in qualcosa di magico. La preghiera non è una bacchetta magica: è un dialogo con il Signore. In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi. Tuttavia, rimane lo scandalo: quando gli uomini pregano con cuore sincero, quando domandano beni che corrispondono al Regno di Dio, quando una mamma prega per il figlio malato, perché a volte sembra che Dio non ascolti? Per rispondere a questa domanda, bisogna meditare con calma i Vangeli. I racconti della vita di Gesù sono pieni di preghiere: tante persone ferite nel corpo e nello spirito gli chiedono di essere guarite; c'è chi lo prega per un amico che non cammina più; ci sono padri e madri che gli portano figli e figlie malati... Sono tutte preghiere impregnate di sofferenza. È un immenso coro che invoca: “Abbi pietà di noi!”.Vediamo che a volte la risposta di Gesù è immediata, invece in qualche altro caso essa è differita nel tempo: sembra che Dio non risponda. Come per la figlia di Giairo, al qual dice: “Tu continua ad avere fede”.Possiamo pensare all'esperienza di Gesù nell'orto degli ulivi o sulla croce: sembra non essere esaudito, ma invece lo è per la cosa più grande: la risurrezione, la salvezza per tutti, perché ha donato la vita per tutti. Così possiamo pensare a tante persone che hanno vissuto e vivono nella fede e costruiscono la loro vita con dignità e profondità e attendono la beatitudine che il Signore ci ha meritato”.