TESTO Commento su Marco 4,35-41
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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/06/2021)
Vangelo: Mc 4,35-41
35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Marco Simeone
Il vangelo ci riporta molti miracoli, alcuni "logici", altri di grande impatto, oggi ascoltiamo un miracolo strano: Gesù sgrida il vento e lo calma! Oggettivamente di grande effetto per chi vi assiste ma anche molto stravagante.
Per iniziare direi che siamo nella prima parte del vangelo di Marco, dove l'intento è quello di dimostrare la messianicità di Gesù con una sequenza di miracoli "tematici": si inizia con un esorcismo che mostra il potere sul male, per poi proseguire con miracoli che manifestano la signoria di Gesù su ogni aspetto della realtà. Quello di oggi è la signoria sulla natura: Dio che con la sua Parola ha creato l'universo e lo ha lasciato in custodia all'uomo e alla donna, oggi si riprende il Suo spazio.
Questa lettura è certamente vera, ma proviamo a fare un passo più in là. Gesù ha predicato, loro gli sono andati dietro e hanno visto le folle che si convertivano, addirittura la ripartenza da quel luogo ha la forma del corteo: non c'è solo la barca dei discepoli ma anche quella di "tifosi" più presi. La tentazione di sentirsi arrivati è lì, dietro l'angolo, basta un ultimo sforzo e arriva il Regno di Dio bello fatto e pronto, qui sulla terra. E allora giù a sogni di gloria.
Non è necessario fare chissà quale sogno, non è necessario avere fantasie di fare il papa o il cardinale, basta anche solo pensare di essere arrivati. Pensiamo a due sposi che si sono appena sposati: li attende solo il vissero felici e contenti... o un progetto pastorale che funziona: basta che gli altri ci copino e abbiamo trovato la soluzione buona per ogni forma di chiesa, oppure quando in famiglia pensiamo di aver dato l'esempio e l'insegnamento giusto: finalmente mi posso riposare, Dio in persona è con me!
Proprio in quel momento accadono 2 cose: Gesù si addormenta sfinito su un cuscino a poppa della nave (meglio dire barchino), fatto che sembra contraddire il salmo che dice che non si addormenta il custode di Israele, però poco male perché anche Lui si merita un pochino di riposo. Ma la seconda è potenzialmente devastante: si alza una tempesta di vento, cosa non così eccezionale, però il vento fa alzare le onde e l'acqua inizia ad entrare nella barca: adesso sì che la situazione si fa movimentata.
Da dove viene questa malaugurata tempesta? Non avevamo quasi vinto? Non bisognava andare a Gerusalemme per essere incoronati re? Gli apostoli sono per la maggior parte pescatori e quindi abituati a lottare col mare, niente di nuovo, lo scandalo è come si coniuga stare con Gesù che mi ha appena fatto pregustare il paradiso e poi mi ritrovo da solo a combattere con le solite pesantezze amare della vita quotidiana. E no! Non è giusto!
Lo scandalo che sorge non è nella zona della paura, per quanto ce ne sia e anche molta, ma nella frustrazione di vedersi sfuggire la pace e la calma che avevano appena assaporato. Tanto per gradire tutto questo mentre Gesù beato dorme nelle retrovie. La barca si riempie e si prepara ad un tuffo mortale nel cuore del lago e dal Signore nessuna traccia di aiuto, ma nemmeno di interesse: uno scandalo!
Quando si vedono perduti vincono la timidezza: lo svegliano e gli chiedono se non gli importi nulla di loro. Esiste un punto di svolta nella nostra relazione con Dio: quando si arriva a urlare. Sì, proprio ad urlare. Come il popolo d'Israele nella durissima schiavitù d'Egitto, come Giobbe che grida nel suo dolore, come il grido-preghiera di Bartimeo a Gerico, c'è un momento in cui o si fa sul serio o si rinuncia. Superare lo scandalo del pensare perché Gesù mi vuole bene allora mi deve togliere ogni ostacolo sul cammino, proprio qui e proprio ora, questo è l'inizio del cammino di fede.
Come Abramo che si fida della voce di Dio e si mette in cammino, senza sapere né i tempi e nemmeno la strada, con l'unica fiducia nella Parola di Dio, come faranno dopo la Pentecoste anche gli apostoli, così è il cammino di fede: loro gridano per svegliare Gesù che in quattro e quattro otto sistema tutto, ma gli chiede perché hanno così paura, perché la fede è ancora così lontana. È un apparente contrasto ma è la realtà: voi siete i miei discepoli, mi avete ascoltato per giorni, avete accolto quello che ho detto o è stato solo un piacere estetico? Siete i miei discepoli perché credete di più o per stare solo in prima fila e fare bella figura? Un giorno aveva detto che per Lui madre, fratello o sorella è chi ascolta la Parola e fa la volontà del Padre: il discrimine sta lì. Non servono le medaglie per servire Gesù, quel poco che ci consenta di fare di bene non è un merito, è il dono di vedere come la fede ci fa pregustare l'amore del Padre, non è il paradiso qui, l'assenza di problemi. Si può avere fede e allo stesso tempo provare paura e temere davanti alle difficoltà, chi ha la fede confida in Gesù, lo cerca, prova a stringere il rapporto con Lui, poi sarà il Padre a sapere cosa è meglio per noi e Gesù ci aiuterà a viverlo mentre lo Spirito santo proverà ad allargare il nostro cuore che nel frattempo si era fatto piccino piccino.
A Gesù non manca la potenza di risolvere ogni problema: vedi, basta una sgridata e mare e vento si accucciano come due cani obbedienti al loro padrone. Allora se non fa quello che gli chiediamo forse è perché ha pensato qualcosa di più grande e qui la seconda lettura ci aiuta a capire: noi siamo chiamati a ad essere figli, tutto quello che ci capita, gradevole o sgradevole, ha senso se lo prendiamo per far crescere in noi la statura di figli di Dio.
Se in un matrimonio c'è una difficoltà, forse possiamo guardarla come l'occasione per crescere nell'amore; se un figlio è problematico lo affidiamo al Signore, ma nel frattempo proviamo ad amarlo come fa Gesù, se nella nostra vita personale cresce il vento della paura per la salute o chissà cosa, è lo spazio dell'abbandono fiducioso.
A quelli che lo avevano ascoltato così tanto gli chiede:" Non avete ancora fede?"
Proviamo a sentire rivolta a noi questa domanda e a fidarci: la fede cresce così.