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TESTO Commento su Marco 4,26-34

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XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/06/2021)

Vangelo: Mc 4,26-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 4,26-34

26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il Vangelo di Marco scelto dalla liturgia per questa domenica, riporta una delle parabole più conosciute e suggestive sulla venuta del Regno di Dio, il suo apparire, è paragonato al processo naturale della vita campestre che ogni contadino deve conosce per svolgere bene il suo compito. Semina, nascita del grano, crescita, formazione della spiga e maturazione sono i momenti essenziali che determinano il compimento dell'opera. Quello del piccolo seme è uno sviluppo sorprendente, guardando alla potenza, alla forza presente in quel piccolo seme secco, che sembra inerme, si rimane decisamente meravigliati. Così è il regno di Dio: piccola realtà, ma che ha in sé una potenza misteriosa, silenziosa, irresistibile ed efficace, che si dilata senza che noi facciamo nulla. Di fronte a questa realtà, il contadino non può fare nulla: deve solo seminare il seme nella terra, ma poi sia che lui dorma sia che si alzi di notte per controllare ciò che accade, la crescita non dipende più da lui. Anzi, se il contadino volesse misurare la crescita e andasse a verificare cosa accade al seme sotto la terra, minaccerebbe fortemente la nascita e la vita del germoglio. Ecco allora l'insegnamento di Gesù: occorre meravigliarsi del Regno che si dilata sempre di più, anche quando noi non ce ne accorgiamo, e di conseguenza occorre avere fiducia nel seme e nella sua forza. Il seme è la parola che, seminata dal predicatore, darà frutto anche se lui non se ne accorge, né può verificare il processo: di questo deve essere certo. L'evangelizzazione non è questione di efficienza umana, ma di grazia divina. Questa la certezza del seminatore credente e consapevole di ciò che opera: la speranza della mietitura e del raccolto non può essere messa in discussione. La rivelazione dell'efficacia della parola di Dio è decisiva. Certo, l'efficacia della Parola ha una modalità propria di operare in forme molto diverse, non prevedibili, che possono anche contraddire il nostro modo di pensarla e discernerla. Quando è seminata nei cuori degli ascoltatori, la parola di Dio deve essere accolta, interiorizzata e custodita, deve essere discreta rispetto alle altre parole e quindi essere realizzata, in modo che appaiano i suoi frutti: frutti quasi mai percepiti e visti dal discepolo, perché “come la Parola cresca in lui, egli non lo sa”. Il disegno di Dio si compie sempre, ben al di là delle nostre previsioni e della nostra impazienza. Questa parabola ci insegna la vera umiltà e il vero servizio che dobbiamo al Vangelo. Nelle nostre pianificazioni pastorali siamo troppo preoccupati del risultato, tanto da perdere di vista l'essenziale, che rimane la sua fedeltà nel realizzare ciò che ha promesso. “Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza irrigare e far germogliare la terra, così ogni mia parola non ritornerà a me senza operare quanto desidero, senza aver compiuto ciò per cui l'avevo mandata”.

Commento a cura di Paolo Morocutti

 

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