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TESTO Il mistero di un amore sconfinato

don Mario Simula   ufficio catechistico diocesi di Sassari

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Santissima Trinità (Anno B) (30/05/2021)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Lo stupore di un Dio che si mischia nella storia dell'uomo e la fa diventare storia di salvezza. Dio che parla col suo popolo e lo sceglie e lo difende e lo accompagna. La risposta non può che essere l'amore. Fatto di ascolto della sua Parola che si imprime nel cuore, indelebile.
Una Parola che apre la strada della felicità a chi la assimila come cibo e acqua vitali. E' lo straordinario messaggio di Dio al cuore duro degli ebrei. Mediatore del messaggio: Mosè che aveva incontrato Dio come un amico, in quei faccia a faccia che solo una passione incontenibile può resistere. O Dio ci brucia il viso e il cuore o siamo oscuri, tristi, melanconici. Annunciatori penosi.
E oggi veniamo a capire da Paolo che non possiamo rimanere schiavi per ricadere nella paura. Schiavi dell'insensibilità alla paternità di Dio. Mendicanti di paternità spuntate avventurosamente in mezzo alla torbidità dei nostri sentimenti. Figli e adoratori di idoli casarecci, nostrani fatti di piccoli espedienti di grandezza, simulacri muti e gelidi se non fosse che li facciamo stridere con le nostre voci stonate. Dio è Padre che ci fa liberi. Investe e rischia sulla nostra libertà. Sa che noi possiamo gridare ogni momento l'inno della nostra “grandezza”, senza che la sua irraggiungibile Maestà sia offuscata. Liberi di amare coll'ardore e la santità di Dio. Liberi di lottare con la mitezza irresistibile di Dio. Liberi di dire sempre e comunque la verità, a noi stessi e agli altri. Anche se scomoda e bruciante. Capiamo, allora, perché lo Spirito ci è stato dato per intonare in noi e con noi il grido: “Abba! Padre!”. Siamo figli di Dio: Adottati dalla sua misericordia che, piegata sulla nostra miseria, aveva sentito il rantolo delle nostre esistenze. Siamo figli. Non possiamo andare oltre senza contemplare, gioire, vivere le vertigini. Siamo figli. Con tutte le indicibili conseguenze. L'eredità di Dio, incorruttibile, definitiva, inalienabile. Coeredi di Cristo fino ad essere trapiantati nel Regno fin da ora. Ad una condizione: prendere parte davvero alle sofferenze di Cristo per partecipare alla sua gloria. La croce è sempre in alto. L'albero della vita al quale possiamo tendere la mano, perché il frutto ci è consentito. Purificati come siamo dalla partecipazione alle sofferenze di Cristo.
Il tirocinio della verità, dell'autenticità e dell'amore ci abilita ad accogliere il mandato di Gesù Risorto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. L'amore di Dio, incontenibile in noi, trova le strade dell'annuncio, sempre, a qualsiasi prezzo. “Battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, aiutandoli, cioè ad immergersi nell'acqua della purificazione e della santità in nome della Trinità Santissima, in nome dell'Amore.
“Insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Fedeli noi per primi alla Parola di verità. Testimoni poi della medesima parola ai fratelli di ogni latitudine. Riusciremo a raccontare Dio “il Padre di ogni misericordia”, lo Spirito della preghiera instancabile efiduciosa, Gesù Risorto fratello e amico e guida?
Possiamo farcela perché “Gesù sarà con noi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Si compromette con noi. Il problema restiamo noi: ci fideremo della sua promessa?

 

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