TESTO Il cerchio dell'amore
don Luca Garbinetto Pia Società San Gaetano
VI Domenica di Pasqua (Anno B) (09/05/2021)
Vangelo: Gv 15,9-17
«9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
L'itinerario dell'amore che Gesù consegna ai suoi sembra percorrere una rotta verticale.
Parte dall'Alto, dal Padre, e discende verso il Figlio. Da questi entra nella vita delle sue creature più belle, gli uomini e le donne di questo mondo, che Gesù chiama amici e conduce per la via del suo comandamento. Il quale, come ultimo atto di discesa ed espansione, non è nient'altro che il traboccare dell'amore divino verso i fratelli e sorelle di questa terra. A noi, che desideriamo seguirlo, Dio non chiede di amare lui, ma i nostri simili: e di farlo, però, alla sua maniera, nella sua misura. Fino alla fine, dunque, fino a dare la propria vita per loro.
Il percorso è da capogiro, la rivelazione di tanta confidenza e fiducia da parte dell'Altissimo nei nostri confronti è certamente già di suo vertiginosa. Non avremmo potuto immaginare benedizione più grande che portare in noi la stessa capacità di amore di Dio. Forse questa esperienza appare così straordinaria da motivare, per molti, la fatica di accettarla e di accoglierla. Sembra cioè che costi molto riconoscere di essere amati totalmente gratis, da Dio in persona, e di essere abilitati ad amare alla stessa maniera. Siamo tentati continuamente di accomodarci piuttosto in una vita di mezze misure, poco disposti a credere che ci possa essere, per noi, una gioia piena.
Ecco perché Gesù non si stanca di manifestarci il mistero della sua iniziativa.
È Lui che ci chiama amici e ci dona la sua amicizia, perché desidera condividere l'intimità della sua vita divina. È Lui che prende l'iniziativa e consegna la propria vita per i suoi amici, senza aspettare che questi se lo meritino o lo approvino. È Lui che scardina definitivamente la logica della padronanza e del potere nelle cose di Dio e consacra la Legge dell'Amore per tutti. Di fronte a tanta grazia, come ci costa lasciarci amare totalmente!
Forse, però, il guaio è che ci manca un pezzo. Di fatto, l'amicizia implica di suo una reciprocità, altrimenti non è amicizia. È un'altra cosa. Forse l'uomo e la donna soffrono nel lasciarsi raggiungere da un amore così sconfinato perché in realtà ambiscono inconsciamente ricambiare con la stessa misura. E pare proprio che Gesù stesso confermi che questo non è possibile. Sembra che Dio dica a noi che al massimo possiamo amare i nostri simili, ma restituire qualcosa a Lui è da ingenui o presuntuosi.
L'amore di Dio è fatto per rimanerci e per riceverlo, per distribuirlo a esseri inferiori a Dio, ma non per diventare reciprocità.
Sarà proprio così?
Sarà questo il motivo più nascosto del nostro cedimento alla superbia del ritiro o del rifiuto? Sarà per un senso inesplorato di inferiorità davanti a Dio, il quale sempre ci precede e resta irraggiungibile, che noi preferiamo attingere a sorsi moderati alla fonte dell'amore, anziché lasciarci inebriare dalla sua pienezza?
Probabilmente al Padre non è sfuggito nemmeno questo sottile dettaglio dell'animo umano, da Lui stesso creato così capace di grandi cose da non tollerare le mezze misure. L'uomo vuol essere come Dio: lo sappiamo fin dai tempi dei progenitori! E Dio, senza nessuna invidia né rivalità, ci abilita a diventarlo. Per questo il comandamento dell'amore, che non è altro che l'identità dell'Altissimo, va completato con un'ultima rivelazione. L'itinerario discendente ha una sua coda fondamentale, la quale permette la chiusura del cerchio e l'apertura alla gioia condivisa. Se infatti l'uomo è chiamato ad amare l'uomo, ecco che Dio si è fatto uomo non per una parentesi di tempo, ma per sempre. Gesù, infatti, ha scelto di rimanere nel mondo identificandosi con i poveri, gli ultimi, i mancanti, i bisognosi, come rivela il capitolo 25 di Matteo. Ed ecco che l'amore fraterno diventa restituzione a Dio perché nei fratelli abita Dio. Sono essi il tempio della sua presenza quaggiù.
A una sola decisiva condizione: che siano i fratelli più piccoli, che siano gli scartati del mondo. Perché comunque il cerchio dell'amore di Dio non si rannicchia compiacente fra i privilegiati, ma sia allarga continuamente a includere, con la stessa vertiginosa passione, i prediletti. Che sono i piccoli, eredi del Regno del Cielo.