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TESTO Commento su Giovanni 10,27-30

don Michele Cerutti

IV domenica T. Pasqua (Anno B) (25/04/2021)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

La domenica del Buon e Bel pastore giunge a metà del cammino pasquale e comprendiamo in questi brevi versetti offerti dall'evangelista Giovanni bene la figura di Gesù che non ci lascia in preda ai lupi, ma vigila attentamente affinché il suo gregge sia custodito e condotto verso i pascoli che ci attendono.
Il linguaggio diretto e semplice utilizzato in quel luogo, ovvero il portico di Salomone, durante la festa della dedicazione del Tempio ci parla della distanza di Gesù stesso rispetto ai dottori della Legge attaccati alla casistica e a discorsi alti.
Il Maestro utilizza il linguaggio della quotidianità e nella cultura della pastorizia di quel tempo utilizza l'immagine del pascolo che rende bene.
Egli si identifica come il pastore che conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono Lui.
C'è tutta la dimensione della reciprocità di un Dio che conosce noi e vuole che noi conosciamo Lui perché vuole che la nostra intimità cresca.
Non un Dio padrone, ma un Dio Padre.
Proprio in questa prospettiva possiamo leggere il brano della prima lettura che a primo acchito può sembrare un evento trascurabile, ma che letto alla luce del Vangelo offre spunti importanti per esprimere, Gesù buon pastore, nel nostro operare nei confronti dei fratelli che vivono ai margini.
Il Signore ha benedetto i nostri cuori attraverso la lettura e la meditazione di un brano della Parola di Dio che è tratto da Atti 20. Vi si narra di Eutico, un giovane che viveva ai margini della comunità.
I credenti erano riuniti insieme per offrire il loro culto al Signore e ricordare la morte e la resurrezione di Gesù. Dai toni della narrazione si evince un'atmosfera dolce e solenne nella quale le benedizioni di Dio raggiungevano i cuori di tutti. Paolo nell'entusiasmo si era dilungato del suo viaggio in Macedonia, indirizzato da un angelo in sogno.
Tuttavia, un evento imprevisto interruppe la dolce intensità di quei momenti: un giovane di nome Eutico, seduto sul davanzale della finestra del piano di sopra, per il protrarsi della riunione, fu colto da un sonno profondo, cadde dal terzo piano e morì.
Eutico era insieme ai credenti ma non era, come loro, coinvolto profondamente. Era indifferente a quanto avveniva intorno a lui: viveva ai margini della comunità. Era probabilmente un “figlio di credenti” ma non era ancora un “figlio di Dio”. Fu colto dal sonno a causa della sua indifferenza. Cadde e morì. Tuttavia, la sua situazione prima della caduta era ugualmente grave alla sua situazione dopo la caduta: era morto spiritualmente.
Morì: lo testimonia Luca, il “medico diletto”. Paolo scese, lo abbracciò e pregò per lui. Non rimase distante e distaccato ma gli andò vicino, lo abbracciò partecipandogli tutto il suo affetto. Poi pregò e disse: non vi turbate, è ancora in vita. La fede gli fece esprimere queste parole ancor prima di vederne l'adempimento. Il giovane fu “ricondotto vivo”.
Anche noi desideriamo che i nostri “Eutico” siano “ricondotti vivi”. Per questo motivo, con l'affetto partecipe di Paolo, desideriamo stringerci a loro e presentarli al Signore.
Mi ha commosso la scorsa settimana il programma “A Sua Immagine” parlava un sacerdote salesiano che vive una realtà di servizio all'interno di ragazzi difficili che hanno subito fallimenti sia scolastici e sia nei corsi di formazione.
Il suo gruppo lo ha chiamato “cactus” come le piante che non hanno bisogno di tanta acqua e tanta terra, ma che riescono a fiorire con un piccolo fiore.
Ecco questi ragazzi probabilmente fanno piccoli fiori una volta all'anno, è quello momento giusto per valorizzarli.
Il cristiano chiamato a rendere visibile il buon pastore e il bel pastore sull'esempio di Paolo stringe gli Eutichio di sempre ovvero coloro che vivendo ai margini della società debbono sentirsi coinvolti nell'affetto e non abbandonati per passare dalla morte alla vita e permettere di essere piccoli fiori che sbocciano.
La Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni ci ricorda proprio come ogni chiamata del Signore è rendere visibile il Bel Pastore ovvero permettere a tutti di guardare a Lui e non escludere nessuno.
Ogni vocazione che sia sacerdotale, religiosa e familiare deve rispondere a questo.
Se manca questo fondamento rischiamo di avere fatto una costruzione che crolla e ogni vocazione rischia di essere solo un progetto personale e non la risposta a una chiamata.

 

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