TESTO Commento su Luca 11,29-32
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Lunedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (10/10/2005)
Vangelo: Lc 11,29-32
In quel tempo, 29mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. 30Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. 31Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. 32Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Dalla Parola del giorno
Come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.
Come vivere questa Parola?
La richiesta di "segni" che motiva l'intervento di Gesù, in questo paragrafo, non è qualcosa di nuovo nella Bibbia. E neppure è necessariamente qualcosa di sbagliato. Grandi personaggi del passato avevano chiesto a Dio che convalidasse con un segno quanto percepivano come una sua esigenza, nel timore di prendere un abbaglio e di confondere le proprie attese o illusioni con la volontà di Dio. Una richiesta, quindi, rivelativa di una sana diffidenza di sé e dell'umile consapevolezza del proprio limite. Qualcosa di encomiabile. La stessa istanza, però, può nascondere una radice subdolamente venata di scetticismo o una smaniosa ricerca di spettacolarità. Ed è questo che Gesù condanna.
Cercare di fondare la propria fede su motivazioni anche razionali è, in fondo, un mettere in pratica l'esortazione di Pietro che invita ad "essere pronti a rispondere a chi ci domandi ragione della speranza che è in noi". Ma quel continuo correre dietro all'ultima notizia sensazionale, quel pretendere da Dio "segni" e "miracoli" per continuare a dargli credito è indice di una fede anemica, o meglio, inesistente. Credere è consegnarsi a Dio con un gesto gratuito e fiducioso, perché si è accolto "il segno" che Egli ci ha dato nella persona di Gesù. Come Giona, suo malgrado, è divenuto "segno" di un Dio longanime e misericordioso, così Gesù è il segno che "Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi suo Figlio". Di fronte all'inabissarsi di Gesù nella morte perché io risorgessi con Lui a vita nuova, come dubitare ancora di un amore che ci precede e ci accompagna, anche nei momenti difficili? Come non affidarsi, sia pure nel buio di situazioni che al momento sembrano irrisolvibili?
Oggi, nella mia pausa contemplativa, proverò a porre un atto di fede autentica, consegnando a Dio le mie preoccupazioni, i miei sogni, le mie attese, tutto me stesso. Pregherò con il Salmo 62:
Solo in Dio riposa l'anima mia;
da Lui la mia salvezza.
Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
La voce di un Dottore della Chiesa
La fede è meglio, per te, che una nave sul mare. Questa infatti è retta dai remi, tuttavia i flutti la possono far affondare; ma la tua fede non affonda mai, se la tua volontà non lo vuole –
S. Efrem il Siro