TESTO E se fosse una questione di cuore?
don Angelo Casati Sulla soglia
II domenica di Quaresima (Anno B) (28/02/2021)
Vangelo: Gv 4,5-42
5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Ondivago. Lo sono ogni volta che commento le Scritture. In particolare quando commento l'incontro al pozzo di Sicar. Ondivago lo sono di mio. Ma oggi forse ancora di più, mosso da ondate di pensieri, di sentimenti, di emozioni. Negli occhi le immagini di Gesù e della Samaritana. Ma anche altre che non mi si scoloriscono in questi giorni, quelle di Luca Attanasio e di ZaKia Seddiki e le loro tre bambine; quelle di Vittorio Iacovacci e della sua fidanzata Domenica; quella di Mustapha Milambo, il loro autista. E c'è una parola che mi risuona dentro, quasi a legare le storie.
Ce ne possono essere mille di parole, perché mille e più sono le sfaccettature delle storie. Fu storia quella che accadde quel giorno, era mezzogiorno, al pozzo di Sicar, il sole era alto: i discepoli la intravidero, ma il più della storia sfuggì alla loro comprensione, assorbiti com'erano dal problema del cibo. E' storia, nostra storia, quella che accadde lunedì, non lontano da Goma, verso le 10 del mattino, il sole era alto, in un agguato criminale: noi da lontano guardiamo, dal nostro silenzio intravediamo, ma certo è una fessura, non più di una fessura, frammenti di storie che scorrevano sconosciute. La parola che quest'anno mi lega i volti del pozzo e quelli in terra africana è quella che un giornalista, a me caro, ha ricordato in un suo commento, è la parola che campeggia all'ingresso di un oratorio, quello di Limbiate, che Luca, l'ambasciatore di tutte le terre, aveva frequentato. Dove sta scritto: "Educare è una questione di cuore".
Una questione di cuore. La parola non mi ha lasciato. Ciò che fa differenza nella vita è se, quanto vivi, la cosa che vivi in quel momento, il mondo piccolo o grande cui ti affacci, è o non è per te una questione di cuore. Potremmo rileggere l'episodio del pozzo da questa angolatura: come se questa fosse la luce del giorno da cui osservare. Io lo faccio in misura minima, ma poi lascio a voi ripercorrere il brano e non mi è difficile immaginare quante e quali suggestioni andrete scoprendo. Oltre le mie parole. Io sfioro. Era stata per lui, per Gesù, una questione di cuore scegliere di attraversare la Samaria, territorio ostile e sedere al pozzo. Potresti anche dire: "Guarda il caso, quel giorno al pozzo venne una donna". E se fosse stata invece una questione di cuore l'andare della donna al pozzo di mezzogiorno, quando il sole è alto?
Non fu - o interpretiamo male? - per via di quel pezzo di vita che si portava alle spalle: aver cercato acqua in cinque uomini e non averla trovata? E non era forse questione di cuore quel parlarsi che aveva come un non detto? Le parole prendevano un altro colore. Perché, quando senti battere il cuore, le parole hanno un altro colore. Placano un'altra sete, che è questione del cuore. Penso all'acqua, penso all'anfora che la donna lascia al pozzo nella foga di rientrare in città: l'acqua del pozzo va in secondo piano perché altro ormai sta occupando il cuore. Scorrendo quest'anno il brano, mi sono sorpreso a pensare quante volte io abbia citato queste parole di Gesù al pozzo, ma come se le staccassi da un viso. E come era il suo viso e quello della donna mentre si raccontavano, nel dire e nell'ascoltarsi? E come i loro occhi? Come se di mezzo non ci fosse una questione di cuore.
E per contrasto mi sorprendevo a pensare a quando io per disavventura nel mio pregare sono preoccupato di un monte o di un altro e non dello spirito che fa ardere il cuore e mi vengono parole che sono cantilene, che sanno di declamazione e non di faccia a faccia. Che pena quando pronunciamo parole delle Scritture staccandole dalla faccia, quasi non vivessero in visi, in mani, in persone! Se le parole non si accendono nei visi, nelle mani, si scoloriscono e l'acqua non disseta, non canta nel profondo del cuore. Non solo di acqua ho bisogno.
E mi si affacciano i versi di Chandra Livia Candiani, un'amica poetessa che mi capita spesso di citare - questione di cuore? -. Scrive: Dammi l'acqua dammi la mano dammi la tua parola che siamo, nello stesso mondo. Al pozzo era come se l'uno e l'altra si dicessero: "Dammi l'acqua, dammi la mano, dammi la tua parola che siamo, nello stesso mondo". La donna sentiva di essere finalmente al mondo, con lui. Lui un giorno avrebbe detto: "Chi ha sete venga a me; e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Gv 7,37-38). La donna bevve e si fece torrente. Con il fiato in gola corse in città, poche parole per dire del Rabbi che l'aveva stregata. E come non pensare che ne facessero fede occhi e viso? Altrimenti il maschile non si sarebbe mosso.
E l'acqua gorgoglia anche nel cuore di Gesù, canta dentro. Gesù per spinta di quella donna si mette a sognare, a sognare messi, in anticipo di mesi. Sì, un giorno a farlo sognare era stato un rimasuglio di gente semplice, rimasta fedele: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25). Ma quel giorno a farlo sognare era stata una donna. Fedeli al racconto del pozzo, dovremmo ricordarlo, anche come chiesa, che sono loro che ci fanno sognare. "Passa in rassegna" mi dice il vangelo "la tua vita e chiediti se a condurti, in un'ora o in un'altra, è un'abitudine o se per te è una questione di cuore".
Ritorno per concludere a Luca Attanasio. Nel ricevere, l'ottobre scorso, un premio disse: " il ruolo dell'ambasciatore - il nostro ruolo - è stare vicino". Penso per questo, in un silenzio di parole, la moglie Zakia volle precisare: "Dicono che è un eroe. Per me invece era un angelo, che ora non c'è più". Eroe sa di lotta, angelo sa di vicinanza. Una questione di cuore. Ma mi rimane una domanda: dobbiamo arrivare a fenomeni strazianti come questi, perché venga portato alla luce il nascosto, le acque che scorrono sottoterra, donne e uomini che hanno fatto della loro vita una questione di cuore?