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TESTO Commento su Luca 18,9-14

don Michele Cerutti

Ultima domenica dopo l'Epifania (Anno B) (14/02/2021)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Luca ha questa capacità di presentare alla Comunità a cui si rivolge delle parabole che mettono in evidenza il contrasto tra atteggiamenti diversi per indicare il giusto comportamento. I due fratelli con il Padre misericordioso, il ricco epulone e Lazzaro. Questa domenica il fariseo e il pubblicano nel Tempio.
La parabola ci presenta due atteggiamenti sulla modalità con cui occorre stare davanti a Dio. I farisei sono personaggi conosciuti abitano tanti episodi del Vangelo. Essi sono gli osservanti della Legge antica. Dall'altro lato i pubblicani che campano in diversi episodi sono coloro che riscuotono le tasse per Roma, tenendosi molto spesso qualcosa tra le mani. Il fariseo si pone nel Tempio davanti a tutti e parla con Dio autoincensandosi. Il pubblicano si prostra riconoscendosi peccatore e occupando gli ultimi posti.
Quello che rende più difficile comprendere il fariseo è questo marcare il contrasto con il pubblicano. Assistiamo a una sorta di superbia spirituale che rischia di essere un tarlo che ci prende tutti. Questo è il vizio tipico di chi, come il fariseo, si costruisce un Dio a propria immagine e somiglianza. Si pensa di conoscerlo, ma non è così.
Quando la vita spirituale ci offre quella sensazione di essere buoni e di essere a posto per le nostre forze e non per dono di Dio viene a insinuarsi il vizio della superbia.
"Il diavolo se la ride... è contentissimo che tu diventi casto, coraggioso e capace di dominarti, purché egli possa istituire dentro di te la dittatura della superbia”. (Lewis, Il Cristianesimo com'è).
Il pubblicano nel suo stile umile ci offre invece lo stile che piace a Dio.
Ci aiuta Thomas Merton, in Semi di contemplazione: “Quando l'umiltà libera l'uomo dall'attaccamento alle proprie opere e alla propria reputazione, questi scopre che la vera gioia è possibile solo quando ci dimentichiamo completamente di noi stessi. E solo quando non prestiamo troppa attenzione alle nostre opere, alla nostra reputazione e alla nostra eccellenza noi siamo completamente liberi di servire Dio in modo perfetto, unicamente per amor Suo”.
Davanti a questa icona ci viene chiesto un vero e proprio esame di coscienza in quale di questi due personaggi ci identifichiamo o se ci ritroviamo a metà.
Ci viene chiesto in questa domenica di inabissarci nel grande perdono di Dio attingendo dal pubblicano la modalità giusta per riconoscersi bisognosi di Dio.
Recuperiamo il Sacramento della Riconciliazione per scoprire che c'è un tempo per ritornare a Dio. Un tempo in cui mettiamo di fronte al Signore la nostra vita non quella del vicino di casa, del compagno di scuola, del collega di lavoro e del parente che ci sta sul gozzo. Siamo chiamati a metterci a nudo per sentirci abbracciati da una grande misericordia che ci è stata data da Gesù stesso.
Siamo stati salvati a caro prezzo dal Suo sangue e allora chiediamoci come rispondere personalmente a questo gesto d'Amore di Dio stesso per noi recuperando l'umiltà che ci viene insegnata da un pubblicano.

 

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