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TESTO Commento su Matteo 21,33-43

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2005)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

* Gesù racconta le parabole per render più semplice il suo messaggio affinché lo possa capire anche la gente senza istruzione? Probabilmente la pensano così molti cristiani che frequentano la chiesa alla domenica. Ma le parabole che da alcune settimane stiamo ascoltando nel vangelo di Matteo non sembrano rispondere a questa finalità. A volte infatti, più che semplificare le cose sembrano complicarle (chi di noi non rimane un po' preplesso di fronte alla parabola del padrone della vigna che paga alla stessa maniera chi ha lavorato in ore diverse?). Inoltre, in molte occasioni Gesù racconta le sue parabole non a gente povera e senza intruzione, ma (come nel caso della parabola di oggi) ai capi dei sacerdoti e ai saggi del popolo. Per quale motivo allora Gesù usa le parabole? E la parabola dei vignaioli omicidi? Non c'è altro modo per rispondere che leggere con attenzione il testo, seguirne i passaggi e vederlo nel contesto in cui è inserito.

* Abbiamo già visto a chi Gesù racconta "un'altra parabola". Si trova nel tempio, insegna publicamente, dopo essersi reso noto con il gesto provocatorio di scacciare i venditori e i cambiavalute e dopo aver operato guarigioni. Da una parte i bambini lo acclamano: Osanna al Figlio di Davide! Dall'altra i capi dei sacerdoti e gli anziani gli chiedono le credenziali: con quale autorità ti permetti di compiere tali cose? Gesù non soddisfa la loro curiosità (non ve lo dico!) e subito dopo racconta loro tre parabole. Al centro delle tre troviamo la nostra. Come tutte le parabole de vangelo, è costruita con cura: non solo la parola viva di Gesù provocava forte impressione sugli ascoltatori, ma anche la lettura del vangelo, se ben fatta e compresa, produce un forte effetto su noi che la ascoltiamo duemila anni dopo la sua scrittura.

* Incontriamo subito un' immagine cara a Gesù (e a tutta la Bibbia) per parlare del rapporto tra Dio e l'umanità: un padrone piantò una vigna. È bello vedere come in poche righe l'evangelista concentra una serie di azioni che esprimono la passione di questo proprietario che decide di investire nella creazione di una vigna e la fornisce di tutto ció che è necessario per la difesa (la circonda con una siepe, costruisce una torre) e per l'uso dei frutti (costruisce un frantoio per produrre vino con il frutto della vigna); al tempo stesso sorprende l'atteggiamento distaccato di quel proprietario, che dopo aver fatto tutto per la vigna la affitta a operai e viaggia: ha fiducia che ciò che ha fatto può dare buon esito, non è necessario che stia lì tutto il tempo a controllare. Dopo questa introduzione l'evangelista ci porta subito alla fine della storia, cioè al tempo della vendemmia. Il padrone non si è scordato, ha solo aspettato con pazienza che arrivasse il tempo per mandare i suoi servi a ricevere il frutto. É qui che accade qualcosa di inaspettato: i vignaioli non rispettano i patti e si sbarazzano di quei servi inviati dal padrone. La scena si ripete un'altra volta, con un numero maggiore di servi. La terza volta c'è un cambiamento significativo: il padrone non manda più i servi, bensì il suo proprio figlio, perché – dice – almeno di lui avranno rispetto. Ma, ancora una volta, non avviene ciò che il padrone si aspetta. Il pensiero di ribellione dei vignaioli giunge all'estremo: ecco l'erede. Uccidiamolo e la vigna sarà nostra! E realizzano il loro programma.

* Gesù (come fa spesso) termina la parabola con una domanda per i suoi interlocutori: il padrone non ha altra scelta che tornare lui stesso alla vigna. In quell'occasione cosa farà con quei vignaioli? Tutta la storia ci porta a rispondere (insieme ai sommi sacerdoti e agli anziani, persone esperte in giudizi): il padrone farà giustizia, perché ció che i vignaioli hanno fatto è troppo ingiusto: non meritano di vivere e di continuare a lavorare nella vigna. Dopo essere riuscito a coinvolgere gli interlocutori nel suo modo di vedere, Gesù si avvia alla conclusione. Cita la Scrittura per mostrare come Dio realizza il suo progetto con i mezzi che gli uomini scartano. E infine apre il gioco e dice direttamente ai suoi ascoltatori: Dio ritirerà da voi il Regno e lo darà a un popolo che saprà consegnargli i frutti. Non serviva molta intelligenza ai capi dei giudei per capire che la parabola parlava di loro, della loro inadempienza e del loro rifiuto di Gesù, che in poche battute ormai si concluderà con la decisione di ucciderlo.

* Il metodo di Gesù è affascinante: non giudica dall'alto, attraverso una storia invita gli ascoltatori a esprimere una valutazione e alla fine apre le carte mostrando che essi si giudicano con le loro stesse parole e pertanto non possono negare.

La parabola, per la sua colorazione biblica, parla in modo evidente della storia della salvezza che Dio costruisce con il suo popolo. Ma – in più rispetto alla prima alleanza, rappresentata dal canto della vigna della prima lettura – l'accento non è più solo sulla tensione tra il padrone che aspetta i frutti e i lavoratori che non glieli danno, ma sulla venuta del Figlio del padrone: invece di ravvedersi, i lavoratori arrivano all'estremo della loro iniquità e uccidono l'erede.

* La storia della salvezza evidenzia il peccato del popolo: esso non consiste solo nel non dare i frutti dovuti, ma nel farsi padrone della vigna, rifiutando di riconoscere e rispettare i servi che il padrone invia. Questo peccato si evidenzia e raggiunge il culmine con il rifiuto del Figlio, ucciso fuori della città. E tuttavia la decisione dei vignaioli non è l'ultima parola: il loro rifiuto non pone fine alla storia della salvezza. Il padrone non rinuncia alla vigna e ai suoi frutti, e per questo la affida a un altro popolo, composto da tutti coloro che accettano il Figlio e gli obbediscono.

* Gesù racconta la parabola per mostrare ai capi ebrei la loro responsabilità nel rifiutare il suo annuncio. L'evangelista e la sua comunità raccontano la parabola per giustificare il fatto che Israele non è più l'unico erede delle promesse dell'Antico Testamento, ma altri popoli entrano a far parte della Chiesa e diventano responsabili della vigna del Signore. Noi oggi, ascoltando la parabola in un paese sottosviluppato come il Mozambico, ne percepiamo nuove risonanze: quanti ancora oggi si comportano come padroni della vigna e rifiutano di riconoscere gli inviati di Dio che vengono a chiedere conto dei frutti di giustizia che Dio chiede per i suoi figli? Sembra che il mondo sia destinato a soccombere sotto la prepotenza economica di poche persone, che ignorano i miliardi di uomini che vivono in condizioni subumane. La parabola ci ricorda che la sorte della vigna è nelle mani del padrone; egli viaggia, affida la vigna ad altri, ma non si disinteressa, manda i suoi servi, manda il suo Figlio; ha pazienza, ma non illimitata; è fedele, ma tira le conseguenze della scelta libera degli uomini. Chi non risponde deve essere allontanato, chi risponde, indipendentemente dalla sua provenienza, riceverà la missione di curare la vigna. Forse possiamo intravedere nella parabola un appello ai cristiani della prima evangelizzazione per non diventare padroni della vigna. Forse possiamo vedere una speranza per tutti i popoli: possono entrare a far parte dell'eredità del Figlio, a condizione di riconoscerlo e di dare frutti di giustizia e fedeltà.

Commento a cura di Padre Gianmarco Paris

 

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