TESTO Commento su Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39
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V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (07/02/2021)
Vangelo: Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39
29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
La liturgia odierna è un invito, rivolto a tutti noi, perché diventiamo umani, nonostante che le immagini della pubblicità presentino persone ricche, sorridenti; persone avanti agli anni che hanno al fianco giovani donne, attratte dal loro portafogli più che della persona che, sorridente ha l'aspetto di un bambino viziato. Eppure c'è qualcuno che ha detto: “ lasciate che i bambini vengano a me”.
A noi e a questi signori, il saggio Giobbe toglie ogni illusione, ricordandoci che la vita è oltre che fugace, rude e travagliata, come quella di un soldato in guerra. Il tempo della vita presente non è tempo di pace e di riposo, ma tempo di fatica e di pericoli. Noi siamo come un mercenario o uno schiavo, che che lavora sotto il sole cocente e fine giornata desiderano l'uno il salario e l'altro l'ombra. Così anche Giobbe, oppresso da tanti mali, desidera la morte per mettere fune alle sue sofferenze. E inoltre ci ricorda che i giorni che viviamo passano rapidamente: “ più veloci di una spola”.
Questo poco tempo che viviamo ha, troppo spesso, il gusto amaro dell'alienazione, ma non ci toglie la speranza, quella vera.
Se siamo irrimediabilmente colpiti è facile rassegnarsi all'assurdo e fare appello a una cattiva sorte: “ è stato sfortunato, poveraccio!”
In questi versetti Giobbe ci dice che la dignità umana consiste nel lottare con tutte le nostre forze, anche per tutta la nostra vita, rinunciando alla disperazione.
Che non c'è bisogno mai disperare lo die anche il Salmista. Anzi egli ci invita a lodare Dio per le sue qualità: è grande, forte, intelligente ed inoltre protettore dei poveri.
Chi sa che la pandemia che, in questo periodo viviamo, non ci faccia prendere coscienza, che siamo viziati a causa dell'abbondanza in cui viviamo e del fatto che, in fondo, crediamo di poter fare a meno di Dio, che percepiamo come un limite alla nostra libertà.
L'apostolo Paolo dichiara ai Corinti, nella sua prima lettera a loro scritta, di essere pronto a fare grossi sacrifici per annunciare a tutti il Vangelo, in quanto tutti hanno il diritto di ascoltarlo, in quanto siamo tutti figli dello stesso unico Dio. Inoltre afferma di predicare il Vangelo senza motivo di gloriarsene, giacché ha solo ricevuto l'ordine di farlo per non incorrere nella maledizione eterna. Compito che egli svolge predicandolo gratuitamente, senza essere mantenuto da quanti lo ascoltano, poiché spera di ricevere, da parte di Dio, un premio speciale. Da qui l'invito ai Corinti a rinunciare alle cose lecite, in vista di un bene maggiore da parte di Dio. Questo stato d'animo di Paolo è ancore oggi sentito da parti di molti membri della Chiesa odierna, quali missionari e ordini codini religiosi vari, nonché anche laici.
Il Vangelo di questa 5a domenica del tempo ordinario è la prosecuzione del primo capitolo del Vangelo secondo Marco che abbiamo letto domenica scorsa.
Siamo ancora a Cafarnao e gli avvenimenti narrati si svolgono nella casa di Simone e Andrea alla presenza di Giacomo e Giovanni. entrati in casa Gesù viene a sapere che la Suocera di Simone è a letto con la febbre, le si avvicina e la solleva “prendendola per mano, la guarisce” ed essa, sentendosi guarita, “si mise a servirli”.
Nel raccontare questo episodio di guarigione, L'evangelista vuol mettere in luce il significato dei miracoli che Gesù opera: guarigione duplice, del corpo e del cuore. Per noi che crediamo in Lui l'esortazione che fa Marco, e la seguente: liberati dal male e riacquistate le forze, dobbiamo sentire fortemente l'impegno-dovere di servire il Signore.
Quanto è accaduto in casa di Simone e Andrea si diffonde rapidamente a Cafarnao. Ne consegue che tutti gli storpi, gli ammalati e gli indemoniati, fanno ressa davanti alla casa dove si trova Gesù. Il quale si rende conto che le persone presenti vedono in Lui solamente una persona capace di fare prodigi. Ma Gesù perché il suo insegnamento, la vita e il successo, siano veramente secondo il disegno del Padre, si ritira in solitudine a pregare. La mattina dopo, Simone, non trovandolo in casa, dopo averlo cercato e trovato gli propone di tornare a cassa sua, Gesù fa la controproposta:” andiamocene altrove, per i villaggi vicini, perché io predichi anche là. per questo infatti sono venuto”.
Revisione di vita
- Ci rendiamo conto di essere, provvisori e fragili in questa terra di pellegrinaggio?
- Siamo veramente umani nel rapporto con gli altri, in modo speciale nei riguardi dei più deboli?
- Siamo tolleranti in famiglia e con il prossimo oppure siamo orgogliosi e inumani?
Efisio e Marinella Murgia di Cagliari.