TESTO Commento su Marco 1,14-20
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III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (24/01/2021)
Vangelo: Mc 1,14-20
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura delle Clarisse di Città della Pieve
Dopo che Giovanni fu arrestato: inizia con questo richiamo a Giovanni Battista l'odierno Vangelo; una sottolineatura non casuale: infatti sappiamo che nessuna parola o espressione della Bibbia è insignificante o scritta a caso.
Con l'arresto del Battista si inaugura secondo l'Evangelista Marco il ministero pubblico di Gesù: il quale annuncia il Regno, invita le folle alla conversione e, in una giornata precisa (di cui invece l'Evangelista Giovanni, coinvolto in prima persona, nel suo Vangelo riporta anche l'ora: erano circa le quattro del pomeriggio (Gv1,39) chiama quattro pescatori a seguirlo e a stare con lui.
La Tradizione ci tramanda che Simone e compagni fossero inizialmente discepoli del Battista:
fu lui a presentare loro Gesù Cristo e ad annunciare loro la venuta prossima del Messia.
Ecco allora perché per Marco è fondamentale precisare che proprio oggi, mentre Gesù inizia, il suo Precursore si trova in carcere; ciò che Giovanni ha detto di sé rispetto al Messia, ora si compie: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30).
Giovanni Battista dunque è prigioniero - e presto martire - “a motivo di Gesù Cristo”.
Se infatti costui non avesse parlato ai suoi figli spirituali del Figlio di Dio, di fronte all'invito rivolto loro da Gesù essi avrebbero potuto dubitare, e magari essere anche un po' delusi e arrabbiati con lui: «Il nostro maestro è in carcere per te, e noi dovremmo seguirti?».
Ragionamenti umani che non seducono i nostri quattro umili pescatori di Galilea che subito lasciano tutto e seguono Gesù.
Il Battista dunque è davvero colui che ha preparato il cuore dei suoi discepoli a riconoscere e ad accogliere Cristo nella loro vita al momento del suo passaggio: oggi per loro sul lago di Galilea, nel contesto della loro vita ordinaria di pescatori.
Sono davvero tanti gli spunti meditativi offertici dalla Parola di questa domenica: noi ci soffermiamo sulla sequenza di avverbi di tempo che si succedono nel Passo evangelico.
Abbiamo riflettuto sul “dopo” che apre il Testo.
Proseguendo incontriamo per due volte l'avverbio “subito”: subito Simone e suo fratello Andrea lasciano tutto e seguono Gesù; subito Gesù, vista anche l'altra coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, li chiama a sé; ed essi, lasciati il padre e i garzoni, in un sottinteso “subito” lo seguono.
Subito: ecco il segreto della sequela riuscita!
“Subito” dei discepoli che è sinonimo dell'“Eccomi” pronunciato a Nàzaret della Vergine Maria, e di tutti i “Sì” detti dai grandi umili uomini della Bibbia, con i quali l'Onnipotente ha scritto la Storia della Salvezza.
Opera che l'Altissimo continua a scrivere nella sua santa Chiesa, il nuovo “Testo sacro” inaugurato da Gesù Cristo, sul quale vuole incidere anche il nome di ciascuno di noi e le pagine gloriose del nostro “Subito” coraggioso, generoso, gioioso e fecondo.
Chiamata ad un “subito” alla quale purtroppo non ha inizialmente aderito il Profeta Giona, protagonista della prima Lettura.
Oggi infatti la Liturgia ci presenta la seconda chiamata di Giona, frutto del suo pentimento e soprattutto della Misericordia di Dio a lui usata.
Ma per comprendere meglio riprendiamo le poche pagine del suo Libro: egli in un primo tempo rifiuta di eseguire il comando del Signore.
Perché? Perché il suo sguardo è fisso su se stesso e non su Dio che lo sta chiamando e quindi gli darà tutta la grazia necessaria per compiere quanto gli sta chiedendo.
Giona confida nei suoi ragionamenti che lo portano nella direzione opposta a quella della sua vocazione: così fallisce e cade in una profonda depressione.
Ma Dio - che è nostro Padre! - non lo abbandona: lascia sì che tocchi il fondo perché si ravveda e, ottenuto il suo pentimento, gli ri-affida la stessa missione di prima e non un'altra per punizione, per incapacità, ma proprio quella pensata dall'Eternità per lui: profeta per i cittadini di Nìnive affinché si ravvedano dalla loro iniqua condotta e siano salvi.
Tre imperativi risuonano: Alzati!, Va'!, Annuncia!, di fronte ai quali inizialmente Giona si ribella, oggi risponde “Sì” e subito.
Subito - lo ripetiamo - ecco il segreto della sequela riuscita: i nìniviti ascoltano il Profeta, credono alla “sua” parola, si convertono e fanno penitenza per i propri peccati.
Anche nella seconda Lettura c'è un subito sottointeso richiesto da Paolo ai suoi di Corinto: è il subito dell'Amore al quale come battezzati siamo chiamati ad aderire.
Dal possesso al dono: perché così si vive l'amore nelle tre Persone divine; Amore che in Gesù Cristo si è reso a noi manifesto e possibile.
Nell'espressione «il tempo che si è fatto breve», l'Apostolo ci esorta proprio a non lasciare passare un attimo senza amare: a “fissare la nostra tenda” in Cielo e a riempire di Cielo tutto della nostra vita terrena (il cuore, le relazioni, gli affetti, i beni...).
Dal possesso al dono: tanto che neanche le lacrime o le gioie ci appartengano, ma tutto diventi offerta deposta sull'altare del divin Sacrificio perché in Cristo sia feconda.
Allora comprendiamo che la nostra missione di cristiani non è poi così diversa da quella di Simone-Pietro e compagni: lasciare subito tutto perché con Cristo, in Cristo e per Cristo diventi offerta, dono... Eucaristia.
Ecco il segreto della nostra sequela cristiana riuscita!