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TESTO Superare la sindrome della delega

don Michele Cerutti

III domenica dopo l'Epifania (Anno B) (24/01/2021)

Vangelo: Mt 14,13b-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,13b-21

13Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Come in tanti momenti del suo ministero pubblico la Scrittura ci dice che Gesù si ritira a pregare. C'è tutta la tristezza per il momento difficile che si sta vivendo la tirannia di Erode è giunto a uno dei suoi punti più alti. Il male si è coalizzato per eliminare la voce che “grida nel deserto”, quella del Battista. Il precursore rappresentava una testimonianza autorevole e rimaneva un forte riferimento in quel contesto di oppressione. Ora per la sua decapitazione è segno di come il male fa di tutto per soffocare la verità.
In questo contesto Gesù vuole conoscere, nello Spirito Santo, tutta la volontà del Padre e attingere quella forza per compiere ogni comando. Gesù è Dio, ma anche vero uomo ed è chiamato a crescere anche Lui in grazia e sapienza, in conoscenza e in scienza della divina volontà attingendo dal Padre.
Vale anche per Gesù Signore quanto afferma il Libro della Sapienza: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall'alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza» (Sap 9,12-18).
La sapienza, la prudenza vanno richiesti nella preghiera perché tutto ci viene dato dal Padre.
In questo contesto il disorientamento della gente di quella terra è forte e mentre Gesù sa che per continuare deve rivolgersi al Padre, la folla vaga nella ricerca di un senso e si stringe intorno al Signore stesso.
L'esperienza di preghiera è intimità certo, ma nello stesso tempo quella cristiana non può isolarci dal mondo perché ha la forza di incarnarsi nella realtà che vive e Gesù lo sa bene. Per questo motivo davanti alla folla che è in ricerca di Lui, Egli stesso si stacca da quel momento di raccoglimento per andare incontro a quella gente che lo desidera.
Gesù stesso è spinto dalla compassione che lo fa rendere non padrone, ma servo. Per questo motivo nei confronti di queste folle si mette al servizio cercando di dare un senso e donare loro un orientamento.
Le vie che il Signore adotta per aiutare la gente che lo circonda comporta l'aiuto dei discepoli.
Questi si dimostrano colti alla sprovvista e quando iniziano a intravvedere le difficoltà, perché il tempo inizia a prolungarsi, quindi comprendono che la gente che circonda Gesù avrà anche fame, preferiscono congedare la folla.
Il Maestro non si sottrae dalle sue responsabilità e anzi invita i suoi a provvedere ai bisogni delle folle.
L'invito continua nell'oggi il cristiano è chiamato a spendersi per le necessità dei fratelli ed è esortato in questo ad un allenamento continuo.
I discepoli sono ancor presi da maggior disorientamento perché a fronte di una scarsità di risorse per fronteggiare il tutto sembrano arrendersi.
Gesù li sprona a vincere il loro immobilismo ed esorta a mettere a disposizione quel poco che riescono a mettere insieme e tranquillizza la situazione ordinando alle folle di sedersi. Il Vangelo ci dice che la gente è invitata ad accomodarsi sull'erba. Il luogo, all'inizio del brano, ci dice che era deserto adesso ci viene detto che vi era del verde.
C'è tutto il richiamo a quella tranquillità che Gesù vuole donare in mezzo alle difficoltà della vita.
Quei cinque pani e due pesci vengono divisi e riescono a sfamare quella folla.
Prima Gesù, ci dice la Scrittura, alza gli occhi verso il cielo e compie una benedizione.
La carità non è disgiunta dalla fede costituisce un tutt'uno.
Quando queste due virtù si uniscono il miracolo della condivisione diventa realtà.
Pensate non solo la folla viene sfamata, ma quello che è stato moltiplicato avanza.
Un insegnamento per tutti noi a non arrenderci e a mettere a disposizione tutto quello che abbiamo per moltiplicare la carità.
Di fronte all'emergenze rischiamo di disorientarci, di essere impotenti e irrazionali senza accorgerci di quello che possiamo mettere in moto per venire incontro alle necessità di coloro che sono nel bisogno e ci facciamo prendere da una sorta sindrome “della delega”.
Gesù ci chiede di metterci in gioco con anche il poco che abbiamo.
Una seconda lezione che ci offre oggi la pagina di Dio è di comprendere le due virtù fede e carità come strettamente unite.
Senza questo collegamento rischiamo di svuotarne il significato.
La fede senza le opere, ci direbbe Giacomo l'apostolo, sarebbe morta, ma il rischio è anche opposto di non dare alle opere la fede e quindi compiere gesti senza intravvedere nell'altro Dio vivendo la carità senza quello slancio proprio, ma limitarsi a semplice filantropia che rischia tuttavia di smorzarsi perché in balia dei sentimenti.
Questa parola ci viene donata proprio per interpellarci su come stiamo vivendo la nostra responsabilità di uomini e donne di fede interpellati davanti alle esigenze del mondo che ci circonda.
Il tempo pandemico ci sollecita maggiormente a questa dimensione del metterci in gioco nel trovare soluzioni nei confronti delle nuove emergenze che inevitabilmente ci si presenteranno nei prossimi mesi anche successivi all'emergenza sanitaria.
La carità dovrà, spinta dalla fede, trovare forme più fantasiose, ma questo sarà possibile se tutti, come comunità cristiane, ci impegniamo e ci mettiamo in gioco vincendo egoismi e particolarismi per far trionfare invece l'unità tra di noi.

 

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