TESTO Commento su Giovanni 1,35-42
II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (17/01/2021)
Vangelo: Gv 1,35-42
35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
La pagina del Libro di Samuele, e il brano del Vangelo di Giovanni contengono i caratteri fondamentali di una storia di vocazione, di tutte le storie di vocazione: forse conoscete la vicenda del giovane Samuele: venne portato al Tempio dalla madre, e donato a Dio, in ringraziamento per averlo avuto, dopo anni di sterilità; la donna aveva pregato Dio affinché le facesse grazia di un figlio; in cambio, lo avrebbe “restituito” all'Onnipotente per tutta la vita - quella del figlio... -.
Oggi, un fatto del genere non troverebbe, per così dire, il favore della gente, soprattutto delle mamme, ma anche dei papà... Tuttavia, favorire l'ingresso in seminario, o in convento, di un figlio appena adolescente era abbastanza diffuso, nell'Italia degli anni 50 e 60, specialmente in famiglie numerose, che vivevano in campagna: la prospettiva di acquisire una formazione intellettuale superiore, affrancandosi dal mondo contadino, a cavallo delle due guerre e ancora dopo, rappresentava una chance di tutto rispetto. Le radici cristiane di quell'Italia, ormai poco significative al giorno d'oggi, orientavano le scelte delle famiglie; e questa scelta non fu di pochi...
Anche i nostri collegi domenicani, le scuole apostoliche, erano pieni di ragazzini che frequentavano la scuola dell'obbligo, e proseguivano col ginnasio; e qualche volta anche oltre il ginnasio.
Poi si partiva per il noviziato, si facevano i voti, e si cominciavano gli studi per diventare preti.
Un'altra opportunità di arricchire le fila dei collegiali, ospiti delle nostre scuole apostoliche, era colta dai frati che andavano a predicare; i frutti della predicazione erano vere e proprie messi, non di grano, ma di vocazioni... Le parole di questi Religiosi infiammavano talmente l'uditorio che, spesso, al termine di un'omelia, o di una conferenza spirituale, qualche mamma conduceva il figlio dal frate per un colloquio. Si sa, da cosa nasce cosa: partiva la proposta: “Vuoi provare a vivere in convento?...”; seguiva la risposta, generalmente positiva da parte dei genitori.
Ma tutti sti ragazzini, ce l'avevano la vocazione? Non mi permetterei mai di insinuare un dubbio al riguardo! Erano altri tempi, la società versava in condizioni ben peggiori di quella di oggi... Più che di vera e propria vocazione, si trattava, verosimilmente, di suggestioni...
Col tempo, la disciplina rigorosa, lo studio assiduo e tanta preghiera, queste suggestioni prendevano corpo e cominciava a farsi strada il desiderio di consacrarsi.
Ho avuto l'onore e il piacere di ascoltare il racconto della vocazione di alcuni confratelli, oggi ottantenni; storie di vita ordinaria, di ferialità; ma anche storie di fame, di infanzia difficile, storie di bambini costretti a crescere in fretta, già gravati da responsabilità (familiari) che oggi appaiono assurde, al limite del disumano... Eppure, 70anni fa era normale, nessuno obbiettava nulla,... anche perché, di alternative ce n'erano ben poche...
Torniamo al piccolo Samuele: il racconto esprime un travaglio psicologico, la fatica spirituale di decifrare una chiamata di Dio da parte chi non aveva mai sentito nulla di simile.
Il vecchio sacerdote Eli, sulle prime, pensò che il bambino avesse sognato, o, al limite, fosse stato colto da un'allucinazione... Ma l'insistenza del bambino lo convinse che non s'era trattato di un sogno, e neppure di un'allucinazione. Al di là del racconto, un po', come dire, fantasy, la vicenda è tutt'altro che fantasiosa! Ad un primo richiamo (di Dio) ne seguì un secondo, e poi un terzo...
Morale della favola: quando Dio pronuncia il mio nome non lo fa una volta soltanto... lo ripete una volta, dieci, cento, mille volte,... fino a quando non gli avrò risposto: “Eccomi!”.
E veniamo al Vangelo: la storia di Andrea e di Simone suo fratello è più vicina alla nostra sensibilità. Il fatto è solo apparentemente fortuito. Quando si tratta di fede e di vocazione, nulla è mai fortuito.
Dio chiama anche oggi, ma secondo modalità diverse; le vie attraverso le quali la Parola di Dio si fa strada nel cuore di un giovane sono le stesse che veicolano le altre parole: il mondo del web.
I contatti con l'Ordine si attivano su iniziativa degli stessi ragazzi, ormai tutti maggiorenni e oltre, attratti dalle notizie apparse sui siti Domenicani.
Lo stesso avviene, credo, per gli altri Ordini e Congregazioni, come pure per il Seminario.
In questo compito, internet si è dimostrato uno strumento preziosissimo!
Ma dalla frequentazione virtuale si deve passare a quella reale: “Venite e vedrete!”, propone il Signore ai due discepoli del Battista.
Dalla teoria alla pratica. Dal parlare di vita religiosa e sacerdotale, all'esperienza religiosa e sacerdotale. È necessario provare, bisogna lasciarsi coinvolgere, compromettersi per Cristo...
La pagina di Giovanni ci dice anche un'altra cosa, anzi due: Andrea diventa “talent scout”, promotore vocazionale a sua volta, presso Simone. L'incontro con Gesù lo aveva letteralmente conquistato e di questa esperienza Andrea mette subito a parte il fratello. Sappiamo chi diventerà in seguito, il principe degli Apostoli.
L'ultimo aspetto è il cambiamento del nome: Simone si chiamerà Pietro.
Come ho già spiegato in un'altra occasione, parlando di Abram, poi ribattezzato Abramo da Dio, la vocazione alla scelta di particolare consacrazione produce un mutamento sostanziale, così che il soggetto non è più lo stesso di prima.
Gli altri evangelisti ci informano che Andrea e Pietro, lasciarono subito il padre, pescatore, e da quel giorno seguirono definitivamente il Maestro di Nazareth.
Un cambiamento più interiore che esteriore, per la verità: pescatori erano nati, e pescatori rimasero, ma di uomini.
“Induite Dominicum, ut induatis Dominum Jesum Christum”, è scritto sulla porta di molti nostri conventi: rivestitevi di Domenico, per rivestirvi del Signore Gesù Cristo.
Se non cambiano radicalmente le motivazioni profonde, se origine e termine della scelta vocazionale non sono l'amore per Cristo, e, in Cristo, l'amore per gli uomini, il saio che vestiamo, la stola che si indossiamo, sono solo un costume di scena, una finzione, un copione financo perfettamente recitato, una simulazione ben riuscita...
Ma a Dio non la si fa... e neanche alla gente.