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TESTO Battista-Gesù-Simone: una cascata di sguardi

Michele Antonio Corona

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (17/01/2021)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Riprendiamo il cammino del Tempo Ordinario con la II domenica che ci presenta la figura di Gesù Agnello di Dio.
Il brano dell'evangelista Giovanni narra in modo teologico la chiamata dei primi discepoli. Come sempre, i vangeli non sono la cronaca dei fatti, ma ne sono la rilettura credente; così in due domeniche successive (II e III) la liturgia ci offre due prospettive differenti e complementari dell'iniziativa di Gesù verso i suoi discepoli.
Nel quarto vangelo tutto è caratterizzato dallo spostamento dello sguardo: prima Giovanni su Gesù, poi Gesù su Simone. La vocazione dei discepoli non è una chiamata alle armi né una proposta di lavoro: è una relazione personale, esistenziale, totalizzante. Il Battista, vedendo Gesù, testimonia ai discepoli che quegli è l'Agnello di Dio. In questa affermazione si condensa la tradizione dell'Antico Testamento sul sacrificio di espiazione e di salvezza, il senso pieno della pasqua e il mistero della morte di Cristo, figurata da Apocalisse. Poche parole che rappresentano l'esplosione della grazia, la testimonianza verace del Battista, il programma per la comunità cristiana.
Ma come comprendere tutto questo? Come viverlo in modo pieno? L'evangelista presenta la domanda trasognata dei due discepoli che seguono Gesù e gli chiedono dove abiti? Cercano di controbattere all'interrogativo profondo posto da Gesù: cosa cercate? Questa è la domanda fondamentale per ogni uomo e donna: cosa cerchi? Cioè: cosa vuoi dalla tua vita? Come vuoi spendere la tua esistenza? Dietro cosa corri?
Nella prima lettura il giovane Samuele è nel buio del tempio e crede di sentire la voce del maestro Eli, invece è Dio che lo chiama per nome. Proprio nella notte, nel dormiveglia, nel buio Dio si rivolge al giovinetto e ha bisogno che Eli faccia da intermediario, da indicatore. L'insostituibile rapporto personale con Dio non può che passare attraverso la comunità, attraverso la storia di chi ha già sentito la voce del Signore e l'ha accolta. Quasi paradossalmente, Samuele deve dare il permesso alla Parola di parlare: parla, il tuo servo ti ascolta. È la condizione indispensabile per attivare il cammino di discepolato.
Gesù durante la cena dirà ai discepoli: non vi ho chiamati servi, ma amici. Con questo sguardo da amico Gesù fissa Simone e gli svela la sua vocazione. Il documento conciliare Gaudium et Spes scriveva: “Cristo svela pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione” (n.22). ecco il vero senso della chiamata del discepolo di Gesù: nella voce del Signore scopre il mistero di Dio che lo abita.
Paolo, nella lettera ai Corinzi, scrive: non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo, che è in voi? Quale annuncio più grande! Non occorre cercare Dio al di fuori né ingraziarsi il suo favore (e amore) attraverso opere di penitenza; il salmo ci fa pregare: Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto... Allora ho detto: Ecco io vengo.
Lasciamoci guardare da Gesù, per poterlo seguire colmi di gioia.

 

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