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TESTO Ci ha rimessi in libertà... rimettiamo in libertà

don Angelo Casati   Sulla soglia

Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (03/01/2021)

Vangelo: Lc 4,14-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,14-22

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Quel giorno arrivò nella sua sinagoga, quella di Nazaret. Ma non era la prima volta, quando era al villaggio Gesù vi andava, secondo la consuetudine, al ricorrere del giorno del sabato. Ma dal brano di Luca appare che la sinagoga di Nazaret lui non l'aveva scelta per l'inizio, l'inizio della sua missione. Non dunque la prima sinagoga da quando se n'era andato dì casa per una missione dall'alto. Non aveva cominciato da casa sua. Luca racconta che aveva attraversato la Galilea insegnando nelle sinagoghe, riscuotendo consensi: gli rendevano "lode", dice Luca.

Giovane rabbi, diremmo, trent'anni, se ne andava per la Galilea come trascinato da una folata di vento: il vento dello Spirito era sceso su di lui nelle acque del Giordano e lo conduceva. Nel suo villaggio intanto giungeva eco della fama che l'accompagnava per i villaggi. Ci doveva essere dello sconcerto tra i concittadini. lo sconcerto che appare evidente solo che leggiamo i versetti che seguono, senza cesura, il brano che oggi è stato ritagliato dagli estensori della Liturgia. Dove è scritto: "Ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".

Quasi dicessero: "Dalla casa di un falegname non può uscire uno con la testa così, uno che parla così!". Lo abitava infatti un oltre. Fa pensare che proprio i suoi concittadini non si fossero accorti dell'oltre che lo abitava. Soprattutto se si pensa che la sua, in mezzo a loro, non era, certo stata la storia di un giorno. Trent'anni! Senza accorgersi. E nemmeno noi - io perlomeno - forse ci saremmo accorti. Noi che spesso non sospettiamo l'oltre di Dio, l'oltre di una donna, di un uomo, l'oltre che abita la creazione. E' una cosa che ci ripetiamo spesso; ma difficile che la impariamo, che la impariamo una volta per tutti. Così lontani i suoi concittadini dal sospettare un oltre che fu per loro sorpresa: mai se lo sarebbero immaginati che uno di loro, uno di cui conoscevano persino le tasche, quel giorno, alzandosi, si permettesse l'arbitrio di cercare lui il passo delle Scritture sacre e, ancor più, di riferirle a se stesso. Ed erano parole messianiche.

E nemmeno si sarebbero mai immaginati che lui, per puro arbitrio, omettesse nel passo di Isaia che stava leggendo - quasi censura - un versetto, quello che avrebbe in qualche misura evocato un Dio dal volto irato e il suo Messia - era scritto - "a promulgare un giorno di vendetta per il nostro Dio". Lo omise tanto gli stava a cuore che apparisse, senza possibilità di ombre, il suo programma. Per che cosa unto? Lesse: la Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione... ''. Importante ascoltare, anche oggi, fissando glì occhi su di lui, per che cosa Gesù è stato unto e consacrato dallo Spirito. Luca ha appena finito di scrivere che Gesù era ritornato in Galilea con la potenza dello Spirito" A servizio di che cosa la potenza dello Spirito? A servizio di che cosa quell'oltre che lo abitava? E lui legge: "Per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato... ". Fate attenzione, è scritto per che cosa fu consacrato, per che cosa mandato: "a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore".

Facciamo scorrere il programma, non ci sono dubbi, è concreto, il contrario di quello che a volte si pensa. Fraintendendo. Pensando che l'oltre, lo spirituale, ci allontani dalla concretezza del vivere. No, ascoltate: i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi. categorie di umanità sofferente. Nei suoi occhi l'umanità dolente. Per loro. Ecco, consacrato, per che cosa. "Consacrato" è un termine che usiamo ancora oggi nella comunità cristiana per indicare preti, religiosi, donne e uomini di consacrazione speciale. Ma che cosa leghiamo alla parola consacrati? Leghiamo l'attenzione di Gesù ai sofferenti? O al contrario la parola "consacrazione" evoca un immaginario separato dalla vita? Si chiama uomo "spirituale", uno che deve guardarsi dall'appassionarsi troppo alla vita, uno che la filtra, uno che tiene una certa distanza? Osservate se in questo programma assunto da Gesù nella sinagoga ci si distanzi dalla vita, quanto Gesù si ponga separato dalla vita. Passa in rassegna categorie: poveri, prigionieri, ciechi oppressi. Da liberare. E un anno dì grazia, cioè di gratuito, da proclamare, l'anno del gratuito.

Se è vero, come è vero, che lui è stato consacrato per questo, non dovremo forse concludere che noi Gesù lo abbiamo sconsacrato quando abbiamo cancellata questa come sua missione o ne abbiamo messa come prioritaria magari un'altra? La sapienza, il senso del vivere per lui sta qui, e non in uno spirituale disincarnato. Il libro del Siracide non ci ha forse parlato oggi di una Sapienza che non rimane a navigare in chissà quali cieli, ma mette la tenda in mezzo all'umanità. Lui, Gesù l'ha messa, diremmo consacrato per l'umanità. Parole e gesti per rimettere tutti e tutto in libertà, fuori da ogni prigionia del corpo e dello spirito.

Non so se a volte sia capitato anche a voi di sentirvi dire, con tristezza infinita: "Mi sento triste. Mi sento in carcere". A volte ci sentiamo sorvegliati dentro. Schiavi di miti morti, di consuetudini morte, di parole morte, di strategie morte. A volte osserviamo con struggimento altri, chiusi nel carcere della miseria, della depressione, dell'oppressione. E' allora che dovremo ricordare che ognuno di noi è stato unto per rimettere in libertà, e che la vita di ognuno è grande e che per ognuno è bello e sacro sognare. Canta Roberto Vecchioni: la vita è così grande che, quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire" .

 

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