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TESTO L'umile precursore

don Luca Garbinetto   Pia Società San Gaetano

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II Domenica di Avvento (Anno B) (06/12/2020)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

L'inizio è opera del precursore. La venuta del Messia comincia dai preliminari, come ogni autentica esperienza di amore. Il cammino di avvicinamento all'incontro con l'inviato dall'Alto necessita ancora di una tappa, dopo i passi inquieti della storia di salvezza che hanno marcato il ritmo altalenante dell'Antica Alleanza. Giovanni, il Battista, è l'espressione di questa cura immediata da parte di Dio di preparare gli animi e le menti al compimento.

Il vangelo di Marco sottolinea che da qui si avvia il processo di svelamento del dono atteso, ma sconvolgente. La potenza del Messia si manifesterà nell'azione dello Spirito, il che indica la costitutiva dimensione della grazia. Prepararsi, allora, secondo le esortazioni pressanti di Giovanni, non significa obbligare al veniente la propria entrata in scena: quest'ultima è pura gratuità, decisa per totale benevolenza del Cielo. Prepararsi, con quanto abbiamo di noi che ricada nelle nostre possibilità, vuol dire scoperchiare il tetto delle nostre ambizioni e abbattere il muro dell'autosufficienza, per renderci semplicemente conto di quel che siamo: peccatori bisognosi di perdono.

Non si potrebbe, diversamente, riconoscere e accogliere qualcuno del quale non si attendesse il senso e la venuta. Di fatto, accadrà proprio questo per molti, soprattutto i capi del popolo e i dotti della terra: Gesù, fragile nascituro a Betlemme e Unto di sconcertante normalità, verrà rifiutato e disprezzato da coloro che non sapranno abbassare le proprie convinzioni egocentriche alla rivoluzione del Dio fatto uomo.

A noi, che desideriamo ritrovarci tra la schiera di coloro che invece aprono la propria casa al Signore, il Battista suggerisce il modo per non essere sprovveduti. La conversione, nella sua visione, ha molto a che vedere con l'esercizio della buona volontà e l'impegno di opere secondo la Legge. Nulla di male, anche se constatiamo facilmente l'inefficacia di una salvezza fondata soltanto sui nostri sforzi. Però Giovanni parte da un quadro della persona umana che in realtà funzionerà da puntello alla rivelazione definitiva da parte di Gesù. Il Battista, infatti, è ben consapevole di essere soltanto il precursore, e fa alleanza innanzitutto con la propria naturale debolezza. Il vigore della sua predicazione, il successo della sua opera rituale, l'accorrere massivo della gente di Israele a cercare luce dalla voce di questo rude profeta del deserto non funzionano come elementi di seduzione per lui.

È l'umiltà di Giovanni ciò che fa di lui il vero antesignano del Messia. È la capacità di mettersi da parte, pur rivestendo con decisione e consapevolezza il proprio ruolo di messaggero. È la radicalità della propria coscienza di peccatore a renderlo solidale con gli altri peccatori di Israele e a maturare in lui lo spazio interiore necessario perché acceda nella propria vita l'azione salvifica della Grazia.

Giovanni, insomma, non predica agli altri o per gli altri soltanto. È uomo in intima connessione con la propria interiorità, e da lì sgorgano anche le sue scelte radicali e il suo coraggio nel gridare quando potrebbe essere che nessuno lo ascolti. Così diviene per noi un monito, ma anche un audace esempio del modo in cui vale la pena prepararsi. Qualsiasi gesto di carità, qualsiasi “buona azione” decidiamo di attuare nel tempo prezioso dell'Avvento, sarà certamente uno strumento utile per attendere il Natale di Gesù, ma soltanto se maturerà dentro una consapevolezza rinnovata di essere creature deboli e dipendenti dall'opera di salvezza di un Altro.

Ecco perché ci fa bene contemplare l'austero stile di vita del cugino del Maestro, come memoria vivente di una nudità congenita alla creatura umana, che da soli mascheriamo e camuffiamo, come fecero i nostri progenitori (cfr. Gen 3,7), ma che invece il Creatore e Padre avrà ben cura di trasformare in abito di gloria. Ci verrà soltanto chiesto di imparare a stare umilmente davanti alle fasce da neonato che avvolgeranno il Figlio fatto Bambino.

 

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