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TESTO Per accogliere la liberazione e la gioia

padre Gian Franco Scarpitta  

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II Domenica di Avvento (Anno B) (06/12/2020)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Aspettiamo il Natale, così come il popolo d'Israele, esiliato a Babilonia nel 586 a. C, attendeva la liberazione da quella schiavitù opprimente che era durata tantissimi anni (I Lettura). Il profeta Isaia annuncia agli Israeliti che la liberazione avverrà presto, che Dio non si dimentica della sua fedeltà e delle sue promesse e se anche ha voluto correggere il suo popolo per mezzo dell'invasione assira e babilonese, adesso provvederà a riscattare tutti. Anzi, punirà severamente coloro che hanno approfittato del loro potere per vessare e umiliare il popolo oppresso durante gli anni dell'esilio. Finalmente avverrà la liberazione e la gioia sarà di casa quando il popolo prediletto da Dio farà ritorno alla sua terra.

Dio la proclama per mezzo di Isaia, qualificandosi come “voce che prorompe nel deserto”, ossia nella condizione di aridità spirituale e di vuoto in cui l'uomo prigioniero si è sempre trovato. C'è però una condizione: in vista di questa novità, l'uomo è chiamato a colmare le sue lacune spirituali rinnovando la sua adesione a Dio, orientando la sua vita verso i comandamenti e facendola finita con il peccato e con l'ingiustizia. Occorre che si converta a Dio, che orienti se stesso verso il “nuovo” che Dio viene ad operare con il suo intervento, aderisca e accolga la misericordia con fare libero e spontaneo, senza deviare dei moniti divini e radicandosi sempre in essi.

Proprio perché Dio è liberatore, ebbene l'uomo deve lasciare che Dio lo liberi e perseverare secondo la legge di libertà non per soddisfare le nostre passioni ma per vivere al servizio di Dio (1Pt 2, 16) e per ciò stesso restare nella vita.

La scorsa Domenica sempre il profeta Isaia ci aveva illustrato un'ansia generale del popolo, anzi un desiderio: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Il popolo affranto avverte il desiderio di essere raggiunto da Dio, perché prende coscienza che solo in lui può recuperare forza e fiducia per riscattarsi da un cammino fallace e illusorio. In questa vicenda notiamo che Dio non soltanto squarcia i cieli, ma avvicina il cielo alla terra. Non soltanto però con l'avvento della liberazione del popolo d'Israele, ma soprattutto con l'avvento del suo Figlio che si farà Uomo per liberare noi tutti dalla schiavitù del peccato. A Betlemme in Gesù Bambino il cielo e la terra si congiungeranno, ciò che è lontano diventerà a noi familiare e le catene che ci opprimevano avranno distrutti i loro ceppi. Per questo motivo, come il popolo di Israele anche noi siamo chiamati alla speranza e alla gioia, ma anche all'attesa fiduciosa densa di carità.

La voce di uno che grida nel deserto ci è data da Giovanni Battista, che ci invita a morire a noi stessi attraverso un battesimo di conversione dai peccati che predisporrà al battesimo liberatore che Cristo verrà ad istituire. Paolo infatti ci ricorda che quando verremo battezzati saremo immersi nella morte di Cristo per essere poi partecipi della sua gloria da risorto (Rm 6, 3 - 11). Il battesimo crocifigge in noi l'uomo vecchio condannando a morte il nostro passato peccaminoso per chiamarci a nuova vita. Il battesimo di Gesù, di cui quello del Battista è prefigurazione, è un morire al peccato per risorgere con Cristo.

Giovanni Battista con il suo battesimo rituale esteriore che contrassegna la conversione dal peccato, ci invita a morire quanto alle nostre passioni ingannatrici, ai vizi, alle abitudini perverse e soprattutto a morire a noi stessi uccidendo il peccato per rivestire l'uomo conforme alla nuova mentalità e alla conoscenza di Cristo (Ef 4, 22 - 23), che secondo la promessa verrà a liberarci perché restiamo liberi e affrancati.

Questo è il monito alla “preparazione della strada del Signore”, a raddrizzare i nostri sentieri: nel deserto nella nostra solitudine inconsapevole ascoltiamo una voce rassicurante che annuncia la gioia, ma che invita anche alla conversione. Che ci informa di un arrivo imminente, ma che chiede che questo arrivo non sia un piombarci addosso, ma che si caratterizzi come incontro; che questa attesa non sia ansia, ma speranza sollecitata dall'umiltà e assieme ad essa traspaia nella sincera carità. La liberazione è vicina adesso come lo era ai tempi dell'esilio in Babilonia. Ma domandiamoci: vogliamo davvero che il Signore ci liberi dal peccato che è la radice di tutti i nostri mali? O forse pretendiamo che lui ci liberi semplicemente dai mali che ci affliggono senza alcun supporto da parte nostra, quasi a mo di incantesimo o di appagamento egoistico?

Un vecchio motivetto diceva: “Perché non vai dal medico? Ma che ci vado a fare? Non voglio mica smettere di bere e di fumare...”. Se cioè da una parte avvertiamo la necessità di un liberatore, riconoscendo questi in Gesù Figlio di Dio che viene nel mondo per riscattarci dal nostro malessere fondamentale, dall'altra preferiamo restare assuefatti dalle nostre abitudini, e le novità, seppure buone e convenienti, costituiscono comunque un fastidio. Sappiamo di dover cambiare, ma di fatto escludiamo il cambiamento.

Ecco perché occorre innanzitutto operare la conversione, cioè la rinuncia definitiva a una determinata forma mentis, l'assunzione di consapevolezza piena del nostro stato precario, la presa di coscienza che solo Dio è valida alternativa. Per poterci poi conseguentemente decidere per Dio. Occorre convincersi del nostro malessere e dello stato pernicioso di cui è capace. Convincersi vuol dire convertirci, preparare la strada per accogliere la liberazione che verrà nel nostro Signore Verbo Incarnato.

 

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