TESTO Contemplare un verme non un uomo
don Mario Simula ufficio catechistico diocesi di Sassari
don Mario Simula è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (22/11/2020)
Vangelo: Mt 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Dov'è il trono che esalta Gesù Cristo Re dell'universo?
Lo cerchiamo invano negli annali della storia, negli scaffali che racchiudono le gesta degli uomini potenti.
Il trono di Gesù Cristo Re è essenziale e povero, infamante e ripugnante. Fa rabbrividire chi lo vede.
Due assi di legno incrociati e sospesi tra cielo e terra formano l'altezza dalla quale il Signore del mondo e della storia “domina” le vicende umane.
La croce è il punto focale verso il quale il nostro sguardo si rivolge se vuole trovare il Re. E' appeso a quell'altitudine vertiginosa, con il sarcasmo degli avversari, con il divertimento della folla che si inebria quando può vedere le torture e il sangue.
Gesù, Dio fatto carne povera e umile, nel grembo di una donna del popolo, in un villaggio di semplici figli della terra e di qualche pascolo, è andato a finire su quel patibolo glorioso, dopo essere passato in mezzo alla gente facendo del bene e guarendo tutti. Irriconoscibile come ogni condannato a morte contro il quale si è accanita la ferocia di soldati annoiati e mal pagati.
Gesù nostra salvezza, nostro liberatore, nostra gioia e vanto, nostra consolazione, nostro rifugio e conforto, è finito a metà strada tra il cielo di Dio suo Padre e la terra degli uomini.
Un ponte gettato per costruire uno scambio essenziale per l'umanità desolata e mendicante.
Se guardiamo attentamente, con gli occhi della fede e dell'amore, a Colui che hanno crocifisso, facciamo la scoperta più sconvolgente e imprevedibile. E' Gesù di Nazareth che si identifica con l'affamato, con l'assetato, con lo straniero, con chi è nudo di ogni dignità e di ogni bene vitale, con l'ammalato, col prigioniero. La croce è il suo posto. E' il posto di tutti coloro che la durezza di cuore condanna ai margini della società, nel deposito degli invisibili, dei “signor nessuno”, di coloro che possono morire soli perché non hanno dignità.
Gesù è tutte queste persone, a tal punto che ogni pezzo di pane donato, ogni bicchiere di acqua offerto, ogni accoglienza regalata, ogni mantello per coprire le nudità messo sulle spalle di chi è nudo, ogni cura a chi soffre nel corpo e nell'anima, ogni visita al prigioniero sono altrettanti doni fatti a Lui. Doni preziosi e graditi dal Re Gesù, a tal punto da far nascere sulla bocca del Signore parole traboccanti di consolazione verso chi li ha messi a disposizione degli altri: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”.
Il Re è l'ultimo di tutti e il servo di tutti. Chi si accorge con le mani e con il cuore di Lui diventa erede del Regno.
Una sorte rovesciata, come una condanna inesorabile, attende coloro che chiudono il cuore, vedono soltanto il proprio tornaconto, compiono il bene per se stessi e non per chi non può dire grazie.
Agli uni e agli altri rimane la domanda: “Signore, quando mai ti abbiamo visto?”.
Senza l'amore, senza la gratuità, senza la generosa donazione di se stessi, senza il coraggio di mettere a disposizione tutto, è difficile saper scorgere i lineamenti di Gesù in ogni uomo o donna deboli, stremati, imploranti.
Gesù, che si identifica con la sofferenza umana, è prima di tutto Lui Re della consolazione e della misericordia. È il pastore che cerca le sue pecore, le passa in rassegna quando qualcuna si smarrisce. Le raduna nei giorni della tempesta, annidata nelle pieghe della nostra esistenza. Le conduce al pascolo perché riposino. Gesù, il pastore bello, cerca ciascuno di noi, fascia le nostre ferite, ci cura nella malattia. Lui è il nostro pastore. Non mancheremo mai di nulla sotto il suo scettro di amore.
Il suo Regno è come il banchetto riservato ai mendicanti, agli sciancati, ai peccatori, a chi è nella tribolazione. E' regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia di amore e di pace.
Fuori di ogni schema di potere, senza armi e sopraffazioni, senza discriminazioni e miserie. Il Regno che cerchiamo ogni giorno come aspirazione dei nostri desideri.
Ci sarà un momento nel quale il nostro sogno e la nostra visione si realizzeranno quando il Padre metterà nelle mani del suo Figlio tutte le cose, “perché Dio sia tutto in tutti”.
Noi siamo cercatori del Regno. Siamo costruttori del Regno, perché Gesù ci coinvolge ogni giorno nella sua opera. Siamo servitori del Regno e di tutti coloro che, nella loro condizione di precarietà, lo abitano.
Le nostre Comunità devono essere il Regno, distributrici di misericordia e di conforto, di solidarietà delicata e discreta. Senza sacche di arrivismo e di arroganza.
Un Regno fatto di “servi inutili” che hanno imparato dal loro Maestro a servire non ad essere serviti.
Dal cuore di queste comunità splende la luce che dà senso alla storia del mondo. Nella mitezza e nell'amore.
Signore Gesù, mio pastore delicato e forte, voglio appartenere, per tua grazia all'anagrafe del tuo Regno. Voglio esserne cittadino. Membro utile, perché allenato a “lavare i piedi degli altri”, come segno di sottomissione agli ultimi, all'Ultimo che sei Tu.
Devo, tuttavia, imparare a contemplare la tua croce. Così in alto è posto il tuo trono. Non posso voltare lo sguardo da un'altra parte, per non rimanere turbato dal tuo dolore che grida “l'abbandono” del Padre.
La mia gloria sei tu Crocifisso, sei il mio vanto, la ragione della mia esistenza.
Capisco, Gesù, di non avere voce autorevole, se non quella della mia umile consapevolezza di contare nulla.
Nel mio nulla, ti dono tutto e lo metto a disposizione di te, povero, affamato, stanco, solo, buttato per strada tra la noncuranza di chi Ti passa vicino.
Gesù, la prima e più istintiva reazione è quella di lasciarmi suggestionare da prospettive vuote e illusorie. Sono quelle che vanno di moda.
Tu, Gesù, amato Re della mia vita, non percorri queste carriere. L'unica che ti ho sempre sentito raccontare è l'Amore, mite ed umile.
Sei la bellezza, appeso a quella Croce. La bellezza irresistibile. Un abisso di tenerezza. Da quel trono attirerai tutti a te. Anche la mia miserabile persona.
Don Mario Simula