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TESTO Commento su Matteo 25,31-46

don Michele Cerutti

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (22/11/2020)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Si conclude un anno liturgico che possiamo considerare particolare. L'impossibilità di poter vivere con intensità usuale i tempi forti della Quaresima e della Pasqua ci ha sicuramente scosso. Il Signore, tuttavia, non ci ha abbandonati: siamo stati chiamati a riscoprirci in unità tra di noi nel vincolo della carità con l'attenzione l'uno per l'altro, ma poi anche intorno ai nostri pastori che hanno dovuto prendere, in sintonia con il governo, posizioni impopolari e con qualche sofferenza. Il Signore ci ha esortati infine, e non per importanza, a riscoprire le famiglie e i luoghi in cui ci troviamo Chiese domestiche esercitandoci di più nella preghiera.
Quest'anno molte persone ci hanno lasciato ed abbiamo toccato con mano la sofferenza: tuttavia è stato un anno di grazia che abbiamo avuto il compito di non farci scivolare.
Concludiamo il tempo liturgico con la solennità di Cristo Re.

Prima di tutto dobbiamo domandarci che significato ha per noi questa festa e chiederci la sua attualità.
Quando nel 1925 viene istituita questa solennità il mondo vedeva la presenza, nella maggior parte degli stati, di teste coronate ovvero di regnanti, di cui la maggior parte invisi alla popolazione. Pio XI il Papa, che istituì questa festa, volle mostrare al mondo che la regalità è quella di chi è venuto a servire e che ogni esercizio dell'autorità trova nella logica del servizio il suo fondamento. Un chiaro monito anche a noi tutti che in tante situazioni della vita possiamo trovarci a occupare posizioni di dominio e se non viviamo in questa ottica di essere chiamati a lavorare per i fratelli non abbracciamo assolutamente la logica cristiana, ma invece quello del nostro tornaconto personale.
Lo possiamo vedere nelle piccole cose di tutti i giorni anche nel servizio ecclesiale, senza pensare ai pastori, e quindi ai vertici, ma guardando ad esempio le realtà delle parrocchie dove molto spesso c'è il rischio di assumere posizioni di comando perché si occupa un piccolo ruolo nella gestione della quotidianità. Nel posto di lavoro dove il carrierismo spinge molti a emergere a tutti i costi per occupare sempre più posti in alto solo e unicamente per un tornaconto personale, non solo di stipendio, ma anche di prestigio. Esempi che ci dimostrano l'attualità ancora di questa festa dal sapore antico. Se guardiamo poi alla situazione mondiale questa solennità ci ricorda che in mezzo alle tempeste della vita, si chiami pandemia o terrorismo, Gesù è il Re della nostra vita e siamo certi che Egli non ci lascia mai soli.
Guardando a Gesù e al suo esercizio della regalità nella storia vi sono stati Re capaci di vivere la loro autorità al servizio pensiamo ai santi del calendario liturgico come Santo Stefano d'Ungheria e San Luigi IX. In tempi più recenti sovrani del calibro di Baldovino di Belgio che si oppose alla firma della legge sull'aborto abdicando anche di un solo giorno pur di non firmarla.
Per vivere bene la solennità proposta il brano del Vangelo ci fa comprendere come deve essere il nostro servizio.
La pagina evangelica che la liturgia ci propone è conosciuta sicuramente e ci viene proposta per interrogarci su come viviamo la nostra fede se rimane in superficie o invece cerca di raggiungere vette sempre più elevate nella logica della Kenosis, ovvero dell'abbassamento nei confronti dei fratelli sul modello di Gesù stesso che è venuto in mezzo a noi non per farsi servire, ma per servirci. Non ci vengono proposte grandi iniziative e sconvolgenti impegni ci viene chiesto di vivere la ferialità in pienezza accogliendo il fratello nelle necessità anche piccole della vita.
I santi che veneriamo nella nostra fede compagni di viaggio del nostro camminare verso il cielo ci parlano di questo. Madre Teresa di Calcutta lo affermava alle sue consorelle: Non occorre fare cose straordinarie, ma rendere straordinario il nostro ordinario. Sì è proprio quello che il Signore sembra chiederci attraverso questa pagina che costituisce la cartina tornasole del nostro vivere la fede.
San Francesco d'Assisi, che affascina e ha sempre affascinato generazioni di uomini e donne, affermava: Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile.
La nostra fede si misura qui ce ne dobbiamo rendere conto. Siamo fortunati all'ultimo giorno della vita appena giungeremo davanti a Dio non avremo domande a sorpresa, come capita agli studenti agli esami, avremo solo un capitolo da presentare di tutto il corso della nostra esistenza e questo sarà: la carità.

 

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