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TESTO Commento su Matteo 25,31-46

don Giampaolo Centofanti  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (22/11/2020)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Come si concilia questa parola di Gesù che presa da sola può incutere profondo timore con la parabola del figliol prodigo dove appare l'amore tenerissimo del Padre? L'insegnamento di Gesù è ricco di sfumature e va meditato nel suo complesso. Esiste una giustizia divina ma non come la potrebbe intendere uno sguardo terreno. Giustizia nei vangeli significa vita giusta, insomma vera. Quando andremo in cielo Dio aiuterà con delicatezza chi almeno ha accettato la sua misericordia senza limiti ad aprire il cuore alla fiducia, all'abbandono, in Lui e in Lui all'amore per i fratelli. Gradualmente dunque si scioglieranno le chiusure, le strutturazioni striminzite, tutta la nostra umanità rinascerà in Cristo. E vedremo con quanto amore e con quanta pazienza Egli ci ha sostenuto, accompagnato, dato appuntamenti di grazia nella preghiera e nei fratelli. Orientandoci in un cammino ad amarli con crescente attenzione a tutta la loro vita, ai loro autentici, personalissimi, bisogni: avevo fame e mi avete dato da mangiare, non da bere vorrei dire. Il paradiso non una cosa che ci viene messa in mano, è una vita. La parabola del figliol prodigo talora è stata letta forzandone moralisticamente l'interpretazione: il giovane si è pentito e perciò il Padre lo ha perdonato. Ma uno che si pente si direbbe addolorato di aver dimenticato il proprio padre non curandosi di Lui. Invece il ragazzo torna perché ha bisogno dell'aiuto paterno per sopravvivere. Il punto è che il Padre ora sa che il prodigo ora ha vissuto anche concretamente l'esperienza del fallimento del fare da solo. È insomma pronto ad accogliere, certo con grande stupore, il dono di una grazia nuova e grande, piena di vita, che prima invece avrebbe follemente sottovalutato.

 

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