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TESTO Talenti da mettere a frutto per i granai del cielo

padre Antonio Rungi

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/11/2020)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

In queste ultime domeniche dell'anno liturgico stiamo ascoltato continuamente le cosiddette parabole del Regno che Gesù illustrava ai suoi discepoli o ascoltatori per coinvolgerli a livello personale e comunitario nel discorso della salvezza dell'anima. Anche in questa penultima domenica di un anno liturgico vissuto nella sofferenza più totale a causa del coronavirus ritorna il tema che più volte abbiamo trattato, con sfaccettature diverse, commentando il Vangelo della domenica.

Oggi ci viene presentato un uomo che intraprende un lungo viaggio e prima di partire chiama a se i suoi servitori e consegna a ciascuno di loro tre una parte del suo patrimonio, in percentuale e consistenza diversa: 5,2 e 1 talenti. Lo scopo è che si facessero moltiplicare in sua assenza, dal momento che ne avevano le possibilità, le capacità ed una cera creatività ed inventiva.
Durante questo lungo permanere fuori del padrone, il primo servo che aveva ricevuto cinque talenti, al ritorno del padrone ne consegna dieci, avendo raddoppiato il patrimonio ricevuto; la stessa cosa riuscì a fare il servo che aveva ricevuto solo due talenti e quindi una parte meno consistente del patrimonio.
L'ultimo che aveva ricevuto un solo talento non si impegnò per nulla a farlo fruttificare e siccome aveva paura di perdere quello che aveva ricevuto e temeva il padrone, invece di investirlo in qualche modo lo sotterrò. Al ritorno del padrone lo riconsegnò pulito, pulito pensando di aver agito bene. Invece ebbe il rimprovero e la condanna del padrone, che da lui si aspettava almeno che avesse affidato ai banchieri e così, ritornando, avrebbe potuto ritirato quanto consegnato con il minimo d'interesse. Niente di tutto questo.
E allora il padrone lo rimproverò severamente con parole pesanti che devono farci riflettere anche a noi se non produciamo quanto è previsto per la nostra salvezza: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso, dovevi impegnarti a fare qualcosa. Ma nulla dell'impegno e nulla per fra produrre ciò che aveva ricevuto a titolo gratuito.
La conseguenza è nota e l'evangelista Matteo la fa risaltare con parole dure, messe in bocca a Gesù, che racconta la parabola a si suoi: “Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Condanna per l'eternità del servo inutile che non ha realizzato neppure il mimino indispensabile per raggiungere il Regno di Dio.
Cosa ci voglia insegnare Gesù con questo ulteriore racconto sul concetto di Regno di Dio che Egli è venuto a instaurare sulla terra, nell'attesa della completa realizzazione di esso con il suo secondo e definitivo avvento è presto detto. Non possiamo essere inoperosi in ordine ai doni ricevuti, a volte sono tantissimi, a volte molti, a volte abbastanza da parte del Signore per realizzare il nostro bene e quello degli altri. Se questi talenti non li facciamo fruttificare è solo ed esclusivamente colpa nostra. E il Signore ci chiederà conto di quello che abbiamo ricevuto da lui. La vita: come l'abbiamo vissuta e valorizzata? La fede, come l'abbiamo accolta e testimoniata; il doni personali e le qualità soggettive con tutti i carismi individuali che pure abbiamo, dove li abbiamo messi. Quale servizio per il bene della comunità, della chiesa, dell'umanità e di noi stessi abbiamo realizzato con essi?
Questo è il tempo della verifica, soprattutto in questo tempo di pandemia. Dobbiamo avere la coscienza e l'onestà intellettuale di confessare a noi stessi e se è il caso anche al confessore le nostre inadempienze, lo scarso coraggio e inventiva nel far fruttificare i doni che abbiamo avuto dal Signore, sia su questa terra soprattutto in vista dell'eternità. La salvezza della nostra anima dipende da noi, se davvero prendiamo a cuore ciò che è necessario fare per camminare in santità di vita, vivendo il vangelo e non sotterrando il desiderio di santità e di perfezione nella carità che è insito nel cuore di ogni essere umano capaci di volare alto e non fermarsi alla terra, nella quale spesso sotterriamo i grandi doni dello spirito che non si liberano dalle maglie del materialismo e delle apparenti sicurezze di varie scienze e conoscenze. Essere servi, buoni, fedeli e produttivi va a vantaggio dell'economia della salvezza di tutto il genere umano, perché noi siamo parte di un Tutto, che ci ha redenti e salvati nell'amore.

Sempre attingendo dall'epistolario di San Paolo Apostolo anche oggi ci viene proposto un testo, come seconda lettura, della sua lettera ai Tessalonicesi, nel quale è espresso il pensiero teologico e dottrinale di Paolo riguardo ai tempi e ai momenti del giorno del Signore, che verrà come un ladro di notte, senza avvisarci, quindi improvvisamente. Per cui quando siamo certi apparentemente che «C'è pace e sicurezza!», allora d'improvviso la rovina ci colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Mi sembra quello che stiamo vivendo da un anno, con la pandemia, è proprio una concretizzazione di quanto è detto nella Parola di Dio. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, è pur vero che i credenti non sono nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprenderli come un ladro. Infatti siamo tutti figli della luce e figli del giorno. Se siamo espressione della luminosità di Dio, che è grazia e amore, noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre, ma a Dio che è Luce. Di conseguenza non possiamo dormire sulle cose che passano e scorrono davanti alla storia e a noi, ma dobbiamo vigilare ed essere sobri.

Da questo punto di vista dobbiamo imparare dallo stile di vita e di azione della donna, così come viene ricordata nel brano della prima lettura di questa domenica XXXIII del tempo ordinario, tratta dal libro dei Proverbi, questa raccolta sapienziale dell'AT che molto ha da dirci ed insegnarci anche in merito alla condizione femminile nella Bibbia: “Una donna forte chi potrà trovarla?
Non è facile trovarla, soprattutto di questi tempi, tuttavia ci sono persone buone e sante in giro per il mondo e che sono donne in tutti i sensi.Una donna ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Contare sulla collaborazione della donna è fondamentale per la sopravvivenza della vita familiare. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città. Bisogna prendere atto che senza le donne il mondo non cresce e non migliora affatto, al contrario decresce e perde di afflato e consistenza di ogni genere. Con la preghiera della colletta chiudiamo, a modo di sintesi, la nostra riflessione sulla parola di Dio di questa domenica: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo... Amen.

 

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