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TESTO Il Regno è amore con impegno

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/11/2020)

Vangelo: Mt 25,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

Nelle pagine evangeliche delle Domeniche precedenti si era parlato del Regno in relazione a un banchetto nuziale, al quale siamo invitati tutti gratuitamente e senza condizioni essendo il Padre colui che volentieri invita tutti alla cena festosa per lo sposalizio del proprio Figlio. Il banchetto ha sentore di gioia e di allegria ulteriori, perché Cristo Figlio di Dio si qualifica come lo Sposo della Chiesa, che in ciascuno di noi vive la festa perenne delle nozze del Regno. Cristo, che nonostante la nostra infedeltà rimane fedele perché non può rinnegare se stesso (2Tm 2, 13) dona continuamente se stesso alla sua Chiesa, non lesinando il suo amore di concreta sollecitudine e di operosa e attenta carità che lo spinge anche ad immolarsi per Lei fino al supplizio estremo.

Non per niente nelle liturgie nuziali si può evidenziare agli sposi che il loro matrimonio è un riflesso dell'amore sponsale di Cristo per tutti i battezzati, che appunto nella comunione con lo stesso Signore Capo e fra di loro costituiscono il Corpo che è la Chiesa.

La realtà del Regno rappresentata dal banchetto di nozze al quale tutti quanti siamo invitati e che Gesù stesso predispone per noi è costitutiva della gioia perenne, ci incentiva alla familiarità con lo stesso Gesù per mezzo del quale, in forza dello Spirito Santo, giungiamo alla comunione indefinita con il Padre che è all'origine di ogni bene e che ravviva in noi lo stesso fervore di gioia e di esultanza; non si può guardare alla realtà del Regno con un fare di sospetto o di circospezione, quasi come si trattasse di una dimensione a noi lontana e distaccata; non la si deve intendere come una sorta di concorso pubblico che esclude categorie di persone non idonee o come il vaglio di un giudice severo e intransigente che fa una cernita minuziosa su quanti è possibile accogliere e quanti estromettere. Il Regno di Dio non comporta particolari prerogative o attitudini di talento, ma è una dimensione di gratuita gioia alla quale tutti siamo chiamati, ciascuno con le proprie miserie e defezioni da presentare con umiltà al Padre dello Sposo che ci invita tutti a un banchetto di festa.

Ciò non toglie tuttavia che il Regno di Dio possa comportare anche impegno e collaborazione da parte nostra. Chi infatti non veste l'abito nuziale della condotta morale conforme e della fedeltà piena allo Sposo in un atteggiamento retto e appropriato, viene subito cacciato dal salone delle feste (Mt 22, 1 - 14); si autoesclude cioè dalla cena di nozze perché il suo vestito (cioè il suo atteggiamento) non è proporzionato alla sontuosità e alla ricchezza della festa perché se lo Sposo ci ha invitati alla gioia perché ci ama e dona a noi il meglio di se stesso, è consequenziale che anche noi diamo noi stessi senza riserve in una condotta d'amore e di gratuità verso tutti. In parole povere, il Regno di Dio è una festa, tuttavia, come avverte Paolo, esso consiste non in parole ma in opere concrete e chiede a ciascuno di noi che dimostri quello di cui è capace (1 Cor 4, 19 - 21).

Proprio l'intraprendenza nella fedeltà comporta la prontezza, la vigilanza e all'occorrenza anche l'attesa. Saper pazientare vuol dire anche sapere amare e l'amore tante volte (facciamoci caso) comporta anche curare i particolari apparentemente insignificanti: come infatti nella storia non poche battaglie sono state perse per un bullone non girato bene che ha fatto cedere il carro, così l'amore e la premura possono finire in fumo se non tengono conto di elementi che solo in apparenza sono privi di significato e del resto quale festa di nozze onora lo sposo senza provvedere ad ogni minima cosa che lo riguardi?

Stiamo trattando della parabola di cui al brano matteano di oggi, che identifica il Regno questa volta con dieci vergini, probabilmente delle damigelle preposte all'accoglienza dello sposo. Cinque di esse sono “sagge”, cioè prudenti e avvedute, le altre cinque sono “stolte”, vale a dire sprovvedute e probabilmente negligenti nell'amore, approssimative. Trascurano un aspetto a dir poco importante: occorre sempre prevedere che lo sposo tardi ad arrivare e pertanto occorre in ogni caso far provvista preventiva di olio in quantità sufficiente perché le lampade possano baluginare ad oltranza. E invece si avventurano nella festa senza provvedere all'olio. A dire il vero, esse sono ancora in tempo per rimediare, perché potrebbero ancora dare un'occhiata alle lampade e, verificato che esse sono carenti di olio, correre subito al mercato a comprane. E invece.... Si assopiscono e dormono. Non è illecito il sonno di queste ingenue fanciulle, di cui peraltro cadono vittime anche le vergini sagge. Ingenuo e sprovveduto è che esse si addormentano senza preoccuparsi dei loro strumenti di illuminazione, non considerando neppure se essi siano all'altezza di accogliere lo sposo. Cosa impensabile in una circostanza festosa del tipo del mondo giudaico. Nessuno si addormenta senza curare un aspetto particolare come questo: la concitazione e l'ansia di solito impediscono in tal caso di prendere sonno.

Le vergini sagge manifestano al contrario sapienza, senno e anche carità e ciò emerge dal rifiuto di concedere l'olio alle compagne stolte. Lo negano loro non per una forma di cattiveria o di egoismo, ma “perché non venga a mancare a noi e a voi”: regalando dell'olio alle stolte infatti ne resteranno prive esse stesse e il problema delle compagne non si risolverà. L'unguento per le lampade non basterà né per le une né per le altre, con la conseguenza che lo sposo non verrà omaggiato da nessuno. E allora “Andate piuttosto dai venditori e compratevene.”

L'edificazione del Regno e la collaborazione con il Padre nella festa perpetua delle nozze del Figlio è necessariamente un fattore di operosità e di intraprendenza nell'amore che comporta buona volontà, attenzione e compartecipazione attiva, come vuole la vera carità, che non ammette velleità o indolenza ma che curi ogni aspetto della vita e ogni particolare, perché anche i minimi particolari possono sempre interessarci. Se davvero si vive l'amore intenso e disinteressato e se davvero vuole il bene dell'altro, non trascurerà nessun dettaglio e userà sempre prontezza e avvedutezza per le persone amate.

Esso di rimando comporta anche vigilanza e fare guardingo e prudente per non cadere nella trappola del lassismo e nella rilassatezza eccessiva che conducono di fatto all'ignavia nella carità, provocando al contempo che anche la speranza ne risenta.

La fede va alimentata costantemente perché non ci si riduca al secondario e all'effimero nella dinamica del Regno e uno dei coefficienti per ravvivarla è l'impegno motivato e generoso della carità che scongiura che l'indolenza prenda il sopravvento ma che scaturisce oltre che da una fede certa anche da una consapevole saggezza.

 

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