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TESTO Tu vedi qualche cosa? Raccontamelo...

don Angelo Casati   Sulla soglia

II domenica dopo la Dedicazione (Anno A) (01/11/2020)

Vangelo: Mt 13,47-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Voi forse siete a conoscenza che nel rito ambrosiano la domenica, piccola memoria settimanale della Pasqua, non cede il passo a memorie di santi e allora il mio tentativo oggi - e non so se è un azzardo - è di leggere la memoria di "tutti i santi" dentro suggestioni che ci vengono dal vangelo della domenica. E la prima suggestione è proprio questa: loro, i "santi della porta accanto", come è solito chiamarli papa Francesco - tra loro i nostro cari - sono stati nella grande rete, la rete gettata nel mare, il mare della vita, come racconta la parabola di Gesù.

E ora la loro sete - perché una sete sempre per grazia ci attraversa - ha una risposta tenera e assoluta alle sorgenti limpide della salvezza, sotto cieli nuovi nella terra nuova. Noi, qui e ora, ancora viviamo il tempo della rete gettata nel mare della vita, e il mare non è di un solo colore, e la rete non è al riparo da lacerazioni, né tutto è perfetto nella rete. E sarà così sino alla fine dei tempi, pesci buoni e pesci guasti. La rete conosce strappi. Ricordate i primi discepoli: Gesù li chiama che sono nella barca a riparare strappi di rete.

E' una delle immagini a me care: ricucire le reti. Sino alla fine del mondo, della mia vita, aggiustare reti, perché non si perda nessuno. L'accoglienza che non discrimina, non creare falle nella rete. Non tocca a noi discriminare tra pesci buoni e pesci guasti. Sarà alla fine del mondo. E alla fine del mondo non toccherà a noi, ma agli angeli. E poi, per dirla tutta, un poco o tanto, pesce guasto a volte mi sento anch'io. Eppure mi tenete nella rete. Per questo oggi mi affascina questa festa di tutti i santi che mi parla di donne e uomini della rete, donne e uomini comuni, che furono con noi nella rete, la rete della vita, che non è ancora il luogo della salvezza, ma di un camminare verso. Verso la salvezza.

Perché - mi sono chiesto - ci troviamo come di casa con i "santi della porta accanto"? Non sarà anche perché non accusiamo distanza tra noi e loro, non ci appaiono inavvicinabili. Come ci succede non poche volte con quelli raccontati da una discutibile agiografia che li fa santi sin da quando succhiavano latte dal seno materno. Monumenti di perfezione, se volete. Da ammirare, ma immobili e spesso lontani. Vorrei citare una poesia che mette in luce, muovendo al sorriso, questo sguardo disincantato delle donne e degli uomini di oggi verso perfezioni presuntuosamente suntuose.

La poesia è di Wislawa Szimborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996. Scrive:

C'è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
E' tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
E' lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve
non un attimo in più,
perché dietro quell'attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po' lo invidio

- per fortuna mi passa.

Non ci passano invece i visi dei "santi della porta accanto". Perché non sono la negazione della fragilità della rete, della sua vulnerabilità. Forse anche questo, in mezzo a inquietudini e sofferenze, questa stagione triste del Covid ci sta insegnando: che ci eravamo scordati della fragilità della vita, di una vita da amare anche nella sua fragilità. Leggevo giorni fa un articolo molto suggestivo, che metteva in questione una parola che usiamo spesso nel discorso religioso, la parola "salvezza".

Angelo Reginato, oggi pastore battista, scrive: "La vita buona, sognata da Dio, è proprio questa vita fragile. E la salvezza promessa non consiste nell'essere strappati dalla condizione umana ma nell'attraversarla con fiducia, sapendo che nulla potrà separarci dall'amore di Cristo. Se nel delirio di onnipotenza, in cui abbiamo fin qui vissuto, anche la salvezza veniva pensata come sicurezza di essere esenti da ogni forma di male, ora incominciamo a renderci conto di aver scambiato la fede nella salvezza con un'ideologia rassicurante. E che dobbiamo attingere ad altre immagini". Lui ne propone due intriganti.

Io sosto su una, quella del cieco condotto da Gesù. Gesù riapre quegli occhi chiusi, ma lo fa in due tempi, e non subito al primo colpo. Dopo averglieli toccati una prima volta, chiede "Vedi qualche cosa?". Il cieco risponde: "Vedo come alberi che camminano". La vista non risulta ancora nitida, ma qualcosa si coglie. Non sarà che la domanda venga a noi oggi? Oggi che siamo rete gettata in un mare tempestoso: "Vedi qualche cosa?". Non vediamo, no, acque tranquille né possiamo illuderci immaginando navigazioni in sicurezza né attraversamenti di braccia di mare senza rischi. Ma tu, tu, vedi qualche cosa? E se lo vedi, me lo racconti? Qualche cosa.

Ebbene vorrei dirvi che qualche cosa, se gli occhi non si sono paurosamente opacizzati, potremmo vedere. Oggi - è una grazia - vediamo alberi che camminano. Dove? In questa memoria di tutti i santi. Questa memoria dei "santi della porta accanto" sembra dirci che il male, nonostante la sua insolenza non vince. Ci viene, da donne e uomini della rete, un invito ad affidarci, a non arrenderci, Vedi qualche cosa? Sì, vedo, vedo visi, visi di donne e di uomini che non si sono arresi nella loro vita: hanno ricostruito dopo distruzioni gigantesche, hanno riparato reti dopo lacerazioni improvvise, si sono presi cura della vita. Hanno amato, hanno abbracciato. "Vedo" - mi scriveva ieri sera un'amica - "gli innamoramenti. Storie, età, vissuti così diversi, ma uniti dal filo dell'amore che è quello della tenerezza, della gentilezza e della delicatezza"

Sì, vedo donne e uomini, che, per lo più nel silenzio, sanno fare grandi le cose che toccano a loro ogni giorno. Le sanno fare grandi perché, pur essendo fragili come ognuno di noi, grande e gonfio è il loro cuore. Mi emoziona pensarli. E tu? Tu vedi qualche cosa? Sì, i tuoi occhi non sono opachi né pallidi. Tu vedi. E allora racconta.

Racconta alle donne e agli uomini della rete.

 

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