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TESTO Commento su Luca 11,42-46

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (15/10/2003)

Vangelo: Lc 11,42-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il rischio c'è, siamo onesti. E' nel nostro cuore, è nella nostra natura umana, è nella storia del cristianesimo e –in fondo – nella storia di tutte le esperienze religiose. Forse, a pensarci bene, è il rischio nascosto nelle relazioni, affettive e non, di tutti noi: il rischio dell'abitudine, dell'omologazione, della ritualità. Intendiamoci: un margine di ritualità ci è necessario, ci aiuta a vivere, ma il rischio è di sostituire alla realtà la ritualità. Così al tempo di Gesù i farisei, brave persone, credetemi, avevano finito con l'esasperare la propria devozione: erano giusti e lo sapevano e finivano col guardare dall'alto in basso gli altri. Gesù si scaglia con forza contro questo atteggiamento e li inchioda alle proprie esteriorità. Storia che si ripete, dicevo: dall'incontro personale, ricco, pieno di luce e di passione che possiamo avere o avere avuto col Signore, il rischio è quello di degenerare in un sottile e devotissimo fanatismo che ci fa vedere il nostro modo di vivere la fede, la nostra sensibilità, come il modo di vivere il cristianesimo. Ho visto comunità santamente scannarsi e tirar fuori le peggio cose al cambio di un parroco, ho visto cristiani litigare su come debba andare vestito un prete, ho visto movimenti fare proselitismo... dentro la propria comunità cristiana. No, amici, Gesù è libero e ci insegna a restare liberi, tutto lì. Ne sa qualcosa la grande Teresa d'Avila, donna forte, spagnola sanguigna vissuta nel '500 e sriamente intenzionata a seguire lo Spirito e il suo sposo Gesù piuttosto che seguire i pressanti consigli degli uomini di Chiesa della sua epoca, tutti scandalizzati dal piglio organizzativo della nostra... Pazienza, allora, e senso dell'ironia per non prenderci troppo sul serio!

Donaci, Signore, autenticità di cuore, di non trascurare la norma riempiendola però d'amore, di non sentirci maestri ma fratelli, di non avere paura quando, attraverso la vita, ci chiedi di cambiare atteggiamento. Tu ci ami, Signore, ogni giorno e per l'eternità.

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