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TESTO L'esame di Sacra Scrittura, sostenuto da Gesù

padre Antonio Rungi

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/10/2020)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Nei testi del vangelo di queste ultime domeniche troviamo continuamente Gesù sotto interrogatorio da parte di gruppi o di singole persone, al fine di conoscere il suo pensiero e soprattutto per scorgere in lui qualche falla di carattere religioso o politico per accusarlo.
Questa domenica ci troviamo di fronte ad un altro brano del Vangelo di Matteo, in cui Gesù è interrogato da un dottore della legge.
Siccome i farisei, avevano udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme, per sottoporlo ad un esame di Sacra scrittura, possiamo dire, di quelli che normalmente, oggi, nelle facoltà teologiche si sostengono per arrivare ad una buona preparazione culturale e conoscitiva nel settore. Cosa successe allora che uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò, anche in questo caso per metterlo alla prova. E su che verte la domanda di verifica cognitiva da parte del dottore. Ecco il quesito posto: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Era noto a tutti gli israeliti il testo biblico che anche Gesù conosceva, se non altro era pure il Figlio di Dio, colui che aveva dettato queste norme già nella fase iniziale del cammino esodale di Israele verso la terra promessa. Infatti il testo si rifà al deuteronomio, 6-9, chiamato “Ascolta Israele”.
Gesù gli rispose subito e senza esitazione: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. E Gesù commenta che questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello e consiste in questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Anche in questa aggiunta, Gesù chiosa con questa raccomandazione: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
E' evidente che il testo del vangelo che viene posto alla nostra attenzione in questa XXX domenica del tempo ordinario ci riporta alla colonna portante di tutto l'insegnamento religioso dell'antico Israele e del nuovo popolo di Dio che Gesù viene a costituire su questa terra proprio con la sua nascita, vita, morte e risurrezione.
Il linguaggio dell'amore non ammette cedimenti, perché parte da Dio, che è amore, si esplicita attraverso l'amore verso i fratelli e ritorna alla sorgente stessa da cui ha origine, prende consistenza e si manifesta ed esplicita per quel che davvero è.
Le parole del Deuteronomio riprese da Gesù tracciano un preciso cammino di amore. Al Dio che ci ama di un amore eterno (cf. Ger 31,3), che ci ama per primo gratuitamente (cf. 1Gv 4,19), si risponde con un amore libero e pieno di gratitudine, che si radica nell'ascolto obbediente della sua Parola, fonte della fede. Fidarsi di Dio significa fidarsi del suo amore della sua capacità di amare, del suo essere amore (cf. 1Gv 4,8.16). Questo significa credere in Dio e dunque anche, inseparabilmente, amarlo.
E Allora cosa significhi amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Che amore è mai questo verso un tu invisibile, “tre volte santo” (cf. Is 6,3), cioè altro, distinto da chi ama?
Sant'Agostino ritiene che l'amore verso Dio da parte del credente è un amore di desiderio, un sentimento, una dinamica per cui il credente va alla ricerca dell'amore e dunque ama l'amore. Dio, quindi, è oggetto di amore da parte dell'essere umano, perché è il “tu” che con il suo amore preveniente desta l'amore del credente come risposta; l'amore per Dio può essere un amore più forte di quello nutrito per se stessi o per qualche altra persona.
Non si tratta, tuttavia, di un amore accentratore ed esclusivo, non ingloba altri amori, ma è un amore appassionato, un amore in cui non c'è timore (cf. 1Gv 4,18). In breve, un amore che supera e da senso e significato a tutti gli altri amori.
Parimenti, nella spiritualità cristiana è presente anche un'altra interpretazione dell'amore per Dio. È un amore di adesione; è un amore con cui il credente cerca di realizzare pienamente la volontà di Dio, cerca di vivere come vuole il suo Signore e così mostra di amarlo.
Ci sono parole di Gesù anche a questo proposito: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Gv 14,15); “se uno mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14,23). E ancora, nella Prima lettera di Giovanni: “Questo è l'amore di Dio, osservare i suoi comandamenti” (1Gv 5,3).
In questa seconda prospettiva, l'accento cade quindi sull'amore del prossimo comandato da Dio: realizzare questo comando, sintesi di tutta la Legge e i Profeti (cf. Rm 13,10; Gal 5,14), significa amare Dio. Dunque amare Dio è innanzitutto amare l'altro come Dio lo ama, perché - come ha chiarito una volta per tutte il discepolo amato - “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20).
È in questo senso che possiamo comprendere la decisiva innovazione compiuta da Gesù, il quale accosta il comandamento dell'amore per Dio a quello dell'amore per il prossimo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18). L'innovazione consiste per l'appunto nell'abbinamento di questi due passi della Torah, dato senza paralleli. Non a caso nella versione di Matteo, il testo che abbiamo ascoltato, il secondo comandamento è definito simile al primo (cf. Mt 22,39), mentre l'evangelista Luca li unisce addirittura in un solo grande comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo... e il prossimo tuo” (Lc 10,27).
In altre parole, se è vero che ogni essere umano è creato da Dio a sua immagine (cf. Gen 1,26-27), non è possibile pretendere di amare Dio e, contemporaneamente, disprezzare la sua immagine sulla terra: ecco la profonda unificazione del pensare, parlare e agire alla quale Gesù invita. Una comprensione riassuntiva delle sante Scritture porta dunque Gesù - il cui parere è condiviso dal suo interlocutore - ad affermare che l'uomo compiuto, l'uomo “non lontano dal regno di Dio” è colui che, amando Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze sa amare il prossimo come se stesso. E il prossimo è colui al quale ci facciamo prossimi, vicini, come Gesù ha affermato a commento della parabola del samaritano (cf. Lc 10,36-37). L'amore concreto e quotidiano per i fratelli e le sorelle è il segno da cui si riconoscono i discepoli di Gesù Cristo, i cristiani, come ha indicato una volta per tutte Gesù stesso: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

L'applicazione concreta di questo amore di prossimità la troviamo anticipata nel brano della prima lettura di questa domenica, tratto da uno dei libri della torà, più conosciuto e citato che è quello dell'Esodo, in cui si narra, appunto, la liberazione di Israele dalla schiavitù dell'Egitto fino all'arrivo nella terra promessa, per lunghi 40 anni di cammino nel deserto. Le regole di comportamento sono chiare e dettagliate e riguardano i forestieri, oggi gli extracomunitari, la vedova, l'orfano, la questione dell'usura, il prestito ed altre questioni connesse all'etica sociale. Per cui chi ha fede non deve molestare il forestiero né opprimerlo; non deve maltrattare la vedova o l'orfano; non deve prestare denaro a scopo di usura, per cui non si deve imporre alcun interesse. Come pure in merito al prestito, non bisogna approfittare soprattutto chi è nelle condizioni di miseria, ma restituire subito il dovuto o quanto ricevuto.

In questo quadro di riferimento normativo per ogni credente, calza bene il brano della prima lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesi, nella quale si valorizza la testimonianza, quale strumento di esempio e soprattutto di perfezione nell'amore verso Dio e verso i fratelli. Le parole ascoltate vanno messe in pratica e il Vangelo della carità non deve restare sulla carta, si deve attuare concretamente mediante scelte coraggiose di vita cristiana per quanti credono e soprattutto per quanti non credono. “Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall'ira che viene”.

Sia questa la nostra umile preghiera che rivolgiamo a Dio in questa domenica, sempre più problematica, ma aperta alla speranza, nonostante una diffusa paura per la pandemia che imperversa nel mondo: “O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l'unica legge della vita”.

 

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