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TESTO Il "sì" e il "no" dell'idraulico

don Luciano Sanvito

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2005)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Mio padre faceva l'idraulico.

Quand'era mezzogiorno ed eravamo seduti a pranzo, ecco che spesso accadeva lo chiamassero per qualche intervento o richiesta di lavoro.

E lui ci diceva: rispondi al telefono, o alla porta, e dì che non ci sono; oppure: dì che arrivo subito, ma poi non andava e restava ancora con noi.

E certo, questo modo di dire gli garantiva il fare pranzo sereno con noi.

Qualche volta anche a me succede, ma in versione negativa: sì, sì, dico al mio interlocutore; ma la mia mente, l'anima e il cuore sono rivolti altrove: non ci sono proprio lì, non mi interesso veramente, preferirei non esserci in quel momento.

Il mio parlare spesso tradisce quello che sono: io sono colui che non ci sono per chi mi interpella, chiunque sia: scelgo di non essere disturbato, pensando che ho il diritto e il dovere di fare prima le mie cose, non di ascoltare quelle degli altri che mi chiedono qualcosa.

Richiamando l'immagine del pranzo, mi par di essere come il ricco epulone/mangione della situazione che sto vivendo per me, e non voglio perciò essere disturbato da nessuno, specie se è per un 'lavorare'.

Il pubblicano e la prostituta, invece, vogliono essere disturbati e lo vorrebbero in ogni momento in relazione a quello che sono: hanno sempre la loro porta aperta a chi va da loro: ne vedono sempre e comunque un guadagno, anche quando gli affari e le trattative non vanno a buon fine: l'atteggiamento dell'apertura e del non nascondersi, anzi, si accresce, proprio per poter guadagnare di più.

In questo percorso di nascondimento del sè in positivo, per poter vivere il pranzo in famiglia, e di quello negativo, per poter godere della propria realtà senza l'interferenza altrui (la mia grande tentazione), si inserisce quello ambivalente del pubblicano e della prostituta che, richiamati da una parola vera che essi accolgono prontamente e senza esitazioni, da un guadagno che faceva loro perdere la vita passano alla perdita di un atteggiamento della vita, che fa guadagnare ad essi la realtà migliore: 'vedere' quello che bisogna 'credere'.

La loro disponibilità smoderata si è trasformata così in accoglienza profondissima, e la loro limitatezza del vedere si è aperta all'infinita visione del credere.

Mio padre ha smesso di fare l'idraulico.

Ma ha conservato lo stile di quando, seduto al pranzo della famiglia, era chiamato dai clienti assillanti e indiscreti: sa regolare il suo dialogo con estrema e profonda accoglienza in chi incontra, senza mai rimanerne succube; si gestisce in piena libertà e disponibilità di fronte all'altro.

Proprio come quei pubblicani e prostitute che, attraverso il loro lavoro, richiamati da un 'cliente', hanno alla fin fine reclamato e recuperato per se stessi la garanzia di tutta la loro vita, quella stessa che attraverso il vangelo oggi richiamano a me: credere, attraverso quello che fai, in quello che sei.

 

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