TESTO Abbiate i sentimenti di Cristo
don Roberto Rossi Parrocchia Regina Pacis
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2005)
Vangelo: Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
"Andate anche voi nella mia vigna". Sempre il Signore invita ad essere operai nella sua vigna, nella costruzione e nel servizio al regno di Dio. Ma ci invita ad essere veri operai, non a parole, ma coi fatti, non per un interesse o un prestigio personale, ma per servire davvero i fratelli, come ha fatto Gesù. Gesù è il vero servo di Dio e dei fratelli. Ha impegnato tutta la sua vita e ha dato tutto se stesso per amore. Guardando a Lui, contemplando il suo volto e la sua vita noi possiamo ogni giorno imparare come si costruisce la vita, come si lavora per il Signore e il suo regno, come si realizza la propria missione salvando gli altri.
E' l'apostolo Paolo che in un testo mirabile ci dice di guardare a Gesù e poi presenta tutto il mistero di Lui; Dio fatto uomo, costituito Salvatore di tutti.
"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". Lui è il Maestro, Lui il modello.
Dice allora S. Paolo: "Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri". Come si pone questo spirito nel contesto della nostra società, segnato tanto spesso e pesantemente dall'egoismo, dal consumismo, da sistemi economici, dove per farsi strada si schiacciano gli altri? Io, nella mia giornata, quanto sono preoccupato e affannato per i miei interessi e quanto cerco e voglio gli interessi degli altri. Certo ci sono anche belle testimonianze in tante persone che fanno volontariato o che ancor prima offrono il loro lavoro con amore vero al prossimo. E anche in queste opere occorre cercare gratificazioni, ma puro servizio agli altri. A volte ci può essere al posto della gratificazione, la delusione, l'incorrispondenza, l'ingratitudine.
"Non fate nulla per spirito di rivalità o di vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso". Mi pare che sia un'indicazione tanto necessaria anche nella vita della Chiesa, quando ci si esamina come si vive in una parrocchia o in una Diocesi, dove ci può essere il rischio di esaltare un proprio ruolo, o il proprio gruppo o movimento, dove non c'è a volte la stima e neanche il desiderio di conoscere gli altri o ci può essere anche il disprezzo degli altri, che pure invece Dio ha impegnato tutto se stesso per darmeli come fratelli. Vivo l'umiltà vera? Come considero gli altri? Sono mai riuscito a considerarli, con gioia, superiori a me, a noi?
Il servizio del cristiano passa attraverso l'umiltà, non solo, ma attraverso l'annientamento. Cristo non presentò il suo essere Dio, ma spogliò e annientò se stesso, si fede servo, si fece obbediente fino alla morte di croce. La strada di Cristo è la strada del cristiano. Solo così posso realizzare la mia opera e la mia missione nel regno di Dio, per la sua gloria, per il bene degli altri, per la mia salvezza. "Per questo Dio lo ha esaltato e lo ha costituito Salvatore e redentore di tutti.
Si possono ricordare tanti esempi di vera umiltà. Pensiamo come si è presentato al mondo la prima sera papa Benedetto, "umile operaio" nella vigna del Signore, mentre chiedeva l'aiuto di tutti per quella grande missione che non avrebbe mai pensato o cercato.
Come sempre quando si tratta di vivere il vangelo, possiamo guardare a Gesù. Lui è il modello. Lui può dire: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore". Lui che ha fatto della volontà del Padre la passione unica della sua vita, sempre. Lui che ha saputo pregare nell'orto degli ulivi e ha saputo santificare l'ora suprema della sua esistenza, l'ora del sacrificio e della morte, quando dice: "Padre, se possibile allontana da me questo calice (questa sofferenza), ma non la mia, ma la tua volontà sia fatta".
Poteva sembrare che quella morte fosse la fine e invece diventa l'inizio di tutto: il seme che caduto in terra porta molto frutto, la vita che vince morte, il Figlio di Dio che salva l'umanità e l'universo intero, il mondo che è rinnovato radicalmente dalla forza della risurrezione del Salvatore.
Questo è il frutto del "fare la volontà del Padre". Perché la volontà del Padre è il miglior bene per noi; è ciò che di più bello e di più grande il Padre buono ha pensato per ciascuno di noi, per la Chiesa, per l'umanità. E nessuno più di Lui vuole per noi la vita, la gioia, la pace, tutto ciò che di bello e di grande possiamo desiderare.
Anche noi nel Padre Nostro diciamo: "Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra".
Non devono restare parole. Ma ci impegneremo a vivere secondo il Signore e con un amore grande verso il prossimo nella nostra famiglia, nel lavoro, nella scuola, nel tempo libero, nelle varie espressioni o situazioni della nostra vita. Questo vale anche per la vitalità della nostra parrocchia. Ci vogliono le riunioni, gli incontri, i discorsi per la formazione, ma poi chi costruisce la vita della parrocchia sono in concreto i catechisti, gli animatori che si mettono a servizio dei ragazzi e delle famiglie, chi si prende cura dei poveri, chi va a visitare i malati e gli anziani, chi è attivo nella liturgia, chi, non solo cerca di non sporcare, ma pulisce la chiesa e gli ambienti, chi rende bella e accogliente la casa della grande famiglia parrocchiale, chi offre la propria disponibilità per qualche attività, perché di possibilità ne abbiamo tante. Altrimenti sono parole, e delle parole non ce ne facciamo niente, quando ci sono delle necessità concrete per il regno di Dio e per il bene delle persone.
Che il Signore ci aiuti ad avere il pudore delle parole, ma a esprimere il nostro amore nei fatti, nella testimonianza, nel rinnovamento della nostra vita secondo l'esempio di Gesù stesso.