TESTO Quattro passi di pentimento e conversione
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/09/2020)
Vangelo: Mt 21,28-32
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Un contesto di tensione.
Gesù era già arrivato a Gerusalemme. C'era già stato il suo ingresso messianico di cui facciamo il ricordo il giorno della domenica delle palme (cfr. Mt 21, 1-11). A Gerusalemme si registra una crescente tensione tra lui e le autorità religiose, cioè i sommi sacerdoti, gli scribi e i farisei. Il risultato fu la sua condanna a morte per crocifissione. Gesù aveva fatto il gesto rivoluzionario di scacciare i venditori e i cambiavalute del tempio (cfr. Mt 21, 12-17). Era un colpo duro contro il sistema religioso legato ai sacrifici che si svolgevano nel luogo sacro per eccellenza della religione giudaica. Il sinedrio non poteva rimanere indifferente. Gesù fu provocatorio compiendo il gesto miracoloso di far seccare improvvisamente il fico sterile che aveva solo foglie senza nessun frutto (cfr. Mt 21,18-22): era un segno simbolico della mancanza di fede di coloro che pretendevano essere i maestri di fede davanti al popolo. Gesù invitava i suoi discepoli a non dubitare e a coltivare un atteggiamento orante di fiducia nel Padre. In quel clima di tensione, si mostrava coraggioso presentandosi ancora nel tempio ad insegnare alla gente (cfr Mt 21, 23a) Il racconto della parabola ascoltata oggi, prima di una serie di tre, è preceduto da un confronto diretto tra lui e i sacerdoti con gli anziani del popolo, i quali gli si presentarono davanti con una domanda provocante: «Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?» (Mt 21, 23b) Con quale autorità Gesù aveva scacciato i venditori del tempio? Con quale autorità si metteva al loro posto insegnando nel tempio? Gesù si difese intelligentemente rispondendo con un'altra domanda provocatoria rivolta a loro, che li faceva ricordare l'autorità con cui Giovanni Battista aveva svolto la sua missione, essendo riconosciuto come uomo di Dio e profeta dal popolo. Gesù ben sapeva che le autorità religiose di Gerusalemme non avevano creduto in Giovanni Battista senza aver dimostrato atteggiamenti di pentimento e di conversione. Le autorità religiose preferirono non rispondere per non correre il rischio di essere smascherate con le loro stesse parole, per la loro durezza di cuore (cfr. Mt 21, 23-27). È chiaro dunque che la parabola dei due figli è l'accusa di Gesù contro i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo per la loro mancanza di fede in Giovanni Battista e soprattutto per la loro incapacità di pentimento, scelta necessaria per una svolta di comportamento conforme la volontà di Dio. Il secondo figlio che disse al padre «“Si, Signore!”, ma poi non andò» a lavorare nella vigna, li rappresentava (Mt 21, 29). Per questo Gesù sentenziò contro di loro con parole dure: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli» (Mt 21, 31b-32). Il primo figlio che disse al padre «“Non ne ho voglia”, ma poi si pentì e vi andò» (Mt 21, 30), rappresenta i peccatori pubblici più esposti e giudicati di quel tempo: le prostitute e i funzionari imperiali delle imposte, i quali si pentirono all'ascolto del profeta Giovanni Battista e iniziarono un cammino di conversione.
E noi da che parte stiamo?
La parabola di Gesù ci invita a considerare quattro passi per un sincero pentimento e una vera esperienza di conversione.
Primo passo: Accogliamo il dono dei profeti di oggi, contro il pericolo di un individualismo accomodante. Gesù accusò le autorità religiose per la loro indifferenza nei confronti di Giovanni il Battista. Esaltò invece la disponibilità dei peccatori pubblici più incalliti ad essere provocati sul loro modo di condurre la vita e a iniziare, pentiti, un cammino di rinascita, mostrando la gioia della conversione, perché ascoltarono la voce del profeta. Oggi prevale la mentalità del bastare a se stessi, del seguire unicamente le proprie inclinazioni, le proprie convinzioni in materia di vita morale e di pratica religiosa. Ci sono in mezzo a noi tanti veri profeti, testimoni di carità, maestri di spiritualità, donne e uomini di preghiera, servi sofferenti consegnati fiduciosamente alla misericordia del Padre, persone gioiose che annunciano la loro storia di liberazione da svariate situazioni di dipendenza, amici onesti in ricerca della verità. Se scuotono la nostra coscienza, se mettono in crisi il nostro vivere accomodato, apriamoci all'esperienza liberante del pentimento grazie alla provocazione della loro testimonianza! Abbiamo pregato con il salmo: «Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri». Il Signore ci circonda di sorelle e fratelli i quali con la loro esistenza sono la parola di Dio fatta vita nella tessitura delle relazioni quotidiane. La prima azione del pentimento consiste nello scegliere di accogliere il dono della testimonianza di chi, attorno a noi, è particolarmente luminoso con le sue scelte e con a sua condotta morale, o semplicemente la sua consegna al Padre. Sono i santi della porta accanto e vivono in mezzo a noi. Scopriamone il dono! Non si tratta di imitarli, perché i veri profeti, i veri santi, non si fanno idolatrare, ma rimandano all'essenziale.
Secondo passo: scopriamo l'iniziativa divina nella nostra esistenza!
I santi della porta accanto ci fanno scoprire l'essenziale: l'iniziativa misericordiosa del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo e la sua volontà di comunione. L'incontro con i profeti, cioè con i santi viventi della porta accanto, ci rende consapevoli che la nostra personale esistenza è da sempre un intrecciarsi di due iniziative: quella divina con la nostra libertà. L'incontro con gli “Ezechiele” di oggi, con i “Giovanni Battista” di oggi, con i “profeti” di oggi, ci apre allo stupore di sentirci accompagnati passo dopo passo della nostra esistenza, dall'iniziativa d'amore del Padre unito al Figlio nello Spirito Santo. La vita non è solo esclusivamente «condotta umana», ma è l'intrecciarsi di «condotta divina e condotta umana insieme», come ci insegna la sapienza della parola di Dio per mezzo del profeta Ezechiele. Non esiste solo l'agire umano nella trama della storia personale e collettiva, c'è anche l'agire divino. Questo agire divino, come abbiamo pregato attraverso il salmo, è un agire appassionato trabocchevole di misericordia, è un agire fedele alla sua proposta di comunione, è un agire di attenzione privilegiata per i peccatori più incalliti, per le donne e gli uomini persi del mondo, schiavi di troppe futili idolatrie: «Ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Buono e retto è il Signore». L'accoglienza dei santi della porta accanto ci apre al riconoscimento dell'iniziativa divina e, cuore a cuore con Dio che c'è qui ed ora nella nostra situazione esistenziale, diciamo: «Il tuo Amore è olio sulle mie ferite, qualunque sia la loro causa».
Terzo passo: diventiamo oranti della Parola di Dio!
La scoperta di essere amati misericordiosamente e fedelmente dal Padre unito al Figlio nello Spirito Santo ci rende disponibili all'ascolto della sua Parola, via di giustizia, via di verità. Nonostante i nostri limiti, anche quando portiamo in noi il peso di una condotta sbagliata e siamo reduci di una vita infernale, scopriamo che l'essenziale è la relazione di comunione con Dio nella radicale povertà della nostra condizione umana. Scopriamo allora il dono della Parola di Dio, che diventa luce sul nostro cammino divenuto tortuoso. Lo abbiamo pregato con il salmo: «Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza; io spero in te tutto il giorno». L'incontro con il dono della Parola di Dio ci rende persone oranti. «Ricordati, Signore, della tua misericordia! Buono e retto sei tu Signore, indichi ai peccatori la via giusta; guidi i poveri secondo giustizia, insegni ai poveri la tua via». Ma quale via?
Quarto passo: centralizziamo la nostra vita in Gesù Cristo morto e risuscitato!
La via di giustizia e di verità che veramente ci salva è Gesù Cristo morto e risuscitato, che diventa il centro della nostra esistenza! Il passaggio decisivo del vero pentimento che porta alla conversione avviene quando l'incontro con la Parola di Dio centralizza tutta la nostra esistenza attorno al dono immenso che il Padre ci ha fatto nel corso della storia della nostra umanità. È il dono del suo unico Figlio il quale «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!” a gloria di Dio Padre» (Fil 2,6-11). Centrati in Cristo morto e risuscitato per noi uomini e donne e per la nostra salvezza, vivremo “come Gesù”, uniti nella carità, avendo finalmente superato la tendenza a vivere relazioni nel segno della rivalità, della ricerca del proprio interesse, della competizione e della vanagloria. Nonostante qualche «non voglio», per Cristo, con Cristo e in Cristo prevale il nostro «sì» gioioso e fiduciosamente consegnato alla volontà del Padre.