TESTO Commento su Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27
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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/08/2020)
Vangelo: Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27
In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Le letture della liturgia di oggi ci offrono una proposta chiara: da una parte la vera identità di Dio, la sua logica, che è la logica di un dono che presuppone di morire per amore, il fuoco che divampa nella nostra anima, dall'altra la logica del mondo. Esse ci chiedono una conversione nell'adesione a Cristo, sul piano della vita concreta. Dopo aver accolto una prima chiamata a seguirlo, aderendo con gioia e piena disponibilità, ci chiede una ‘seconda conversione' fatta di piccole conversioni quotidiane, non perché Dio sia lontano e irraggiungibile, ma perché l'uomo può arrivare a poco a poco a Dio. Il particolare richiamo che viene fatto nella liturgia di oggi è che seguire Cristo vuol dire seguirlo anche attraverso la sofferenza e la morte.
Non si può essere fedeli alla parola di Dio senza subire incomprensioni e contraddizioni. E' stato il dramma di Geremia (prima lettura). Il profeta ci apre il suo animo e così veniamo a conoscere le sue intime sofferenze, le delusioni, le crisi di un autentico uomo di fede. Si tratta di una preghiera, non un semplice sfogo. Il profeta sperimenta l'emarginazione da parte degli uomini e, cosa più sconvolgente, il “silenzio di Dio”. Amerebbe incontrare un clima di simpatia e invece Dio lo chiama a proclamare una parola che suscita contese e divisioni. “Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno. Ognuno si fa beffe di me”. I suoi propositi di abbandonare l'impegno sono il segno del suo momentaneo smarrimento. In questi momenti di sconforto, il profeta ha bisogno di comprensione almeno da parte del suo Dio. Ma la risposta è (o sembra essere) il silenzio e la solitudine. Come tutti i profeti, Geremia sperimentò nel profondo, pur nella sofferenza, nell'abbandono e nel rifiuto, il miracolo di una speranza indistruttibile e di una inspiegabile serenità. Dobbiamo lasciarci sedurre da Dio, ma spesso avviene il contrario. Quante volte nelle nostre preghiere abbiamo cercato di tirare Dio dalla nostra parte cercando di convincerlo a fare ciò che noi vogliamo, perché la riteniamo l'unica cosa giusta?
Il profeta Geremia ci insegna la via: egli passa dal non voler più parlare nel nome del Signore, perché questo gli ha causato ripetute persecuzioni e umiliazioni, ma poi ritiene indispensabile proseguire nella sua missione, perché ne avverte la necessità e realizza che il Signore stesso gli da i mezzi e lo istruisce, donandogli ogni sorta di capacità e di coraggio.
Anche san Paolo, nella sua lettera ai Romani, ci ammonisce, ricordandoci che per seguire Gesù occorre seguire il suo monito: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. Dio ci ritiene capaci di fare della propria vita un dono, per questo ci chiede di assumere la mentalità di chi non si accontenta, di chi non gioca al risparmio, di chi non calcola. L'invito quindi è quello di non conformarsi a questo mondo, ma lasciarsi trasformare, rinnovando il modo di pensare, per poter discernere ciò che è buono e gradito a Dio per rinnegare tutto quello che è negazione di vita autentica.
Il vangelo che abbiamo letto presuppone quello di domenica scorsa. Ricordiamo la professione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. La pagina di oggi ci aiuta a capire che si può dare una risposta teologicamente corretta, ma che non entra nel cuore della fede Infatti la risposta di Pietro è teologicamente corretta, ma di fronte alle prospettive di vita indicate da Gesù (la sofferenza e la morte) la fede di Pietro rivela la sua fragilità, al punto da meritare uno dei più duri rimproveri di tutto il vangelo: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». La logica di Pietro (la logica della riuscita facile e vincente) si scontra con quella di Gesù: che è quella del servizio anche a costo della sofferenza.
Gesù ci dice «Chi mi vuol seguire, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua», cioè se vogliamo essere suoi discepoli, se vogliamo imparare ad amare come Lui ci ha amati, dobbiamo essere capaci a dire dei no, smettere di pensare a noi stessi, pretendere che le cose vadano secondo i nostri progetti. Gesù ci insegna ad amare e nessuno può amare davvero se non sa dire no al proprio egoismo.
Essere discepoli di Gesù, cioè andargli dietro, significa prendere la propria vita e rinnegarla, cioè non metterla al centro di tutto, ma lasciare che sia Dio a guidarci. Gesù ci dice anche di prendere la nostra croce, che non vuol dire, come spesso ci siamo sentiti dire, subire passivamente le situazioni di difficoltà, di dolore che la vita ci pone di fronte, ma è un invito a saper far nostra la sua capacità di amare fino in fondo, per essere capaci, come ci ha ricordato san Paolo, di riuscire a discernere la volontà di Dio.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Le letture di oggi ci propongono le due logiche, quella di Dio e la nostra, quella del mondo. Qual è la nostra reazione di fronte al “silenzio di Dio” e come siamo capaci di viverla all'interno della nostra coppia? Ci scopriamo più nel ruolo di Pietro o in quello del profeta Geremia?
- Gesù ci invita a seguirlo rinnegando noi stessi e prendendo su di noi la croce di ogni giorno. Come riusciamo nella nostra coppia, famiglia, a vivere questa proposta?
Anna e Carlo - CPM Torino