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TESTO Commento su Giovanni 20,19-23

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Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (31/05/2020)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Credo in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem: Credo nello Spirito Santo che è Signore e da la vita. Con le parole del Simbolo niceno-costantinopolitano, la Chiesa proclama la sua fede nello Spirito Santo; fede che nasce dall'esperienza della Pentecoste. Nel dire che “dà la vita”, i Padri del Concilio vollero ricordare con forza il dono della vita divina data all'uomo. Essendo Signore e datore di vita, Egli è Dio con il Padre e con il Figlio, e pertanto riceve la stessa adorazione delle altre due Persone divine. “Ricevete lo Spirito Santo”: oggi Gesù soffia sui discepoli per ricrearli, per infondere in loro la vita nuova, una vita animata dal Soffio di Dio. Come Dio aveva soffiato sul volto di Adamo, per infondergli la vita, così Gesù soffia lo Spirito creatore sui discepoli, che non solo diventano la sua Chiesa ma il suo stesso corpo grazie alla potenza dello Spirito Santo. Parole importanti, con cui Gesù dà inizio alla missione della Chiesa, ricevendo lo Spirito Santo i discepoli diventano il suo corpo, mangiando il suo corpo e bevendo il suo sangue ricevono lo Spirito Santo. Lo Spirito è vita, dunque è remissione dei peccati, cioè liberazione da tutto ciò che contraddice, ferisce e a volte uccide. Questo Spirito che i discepoli ricevono e che li assolve dai peccati, li rende a loro volta capaci di rimettere i peccati. Ecco cosa c'è alla radice della loro missione: perdonare e annunciare il perdono, in altre parole i discepoli di Cristo sono chiamati ad amare come Dio ama. Oggi, Solennità di Pentecoste, lo Spirito Santo discende sulla Chiesa con forza straordinaria e ci rende capaci di annunciare in modo autentico e credibile a tutto il mondo l'insegnamento del Vangelo. Per comprendere meglio l'evento della Pentecoste occorre guardare all'esperienza degli Apostoli, era così grande il loro coraggio, così sicura la loro decisione, da essere disposti a tutto, persino a dare la vita. Il dono dello Spirito aveva liberato le loro energie più profonde, convogliandole al servizio della missione affidata loro dal Cristo. Sarà il Consolatore a guidarli nell'annunciare il Vangelo ad ogni uomo. Lo Spirito insegnerà loro la verità tutta intera, attingendola dalla ricchezza della parola di Gesù, affinché essi, a loro volta, la donino agli uomini in Gerusalemme e nel resto del mondo. Ma all'inizio non fu così, la Chiesa dopo l'Ascensione di Gesù e prima della Pentecoste era ripiegata su se stessa, paralizzata dalla paura, incapace di uscire, di annunciare, pavida e senza speranza. Il primo e più grande messaggio della Pentecoste è proprio quello di ricordarci che Egli è presente ed è sempre con noi, agisce e opera attraverso di noi. Oggi lo Spirito ci rende una Chiesa viva, ci vivifica, ci anima, ci sostiene e rende presente nella comunità la persona e l'opera di Gesù, attraverso una continua effusione di grazia. L'evento di grazia della Pentecoste ha, in effetti, continuato a produrre nei secoli i suoi meravigliosi frutti, suscitando dappertutto discepoli fedeli, desiderio di contemplazione, impegno ad amare e servire con ogni dedizione Dio ed i fratelli, fino ad arrivare al martirio. Anche oggi, nonostante tante fragilità e contraddizioni, lo Spirito sostiene la Chiesa nei gesti piccoli e grandi di perdono e di profezia, dà vita a carismi e doni sempre nuovi, che attestano la sua incessante azione nel cuore degli uomini.

Commento a cura di Paolo Morocutti

 

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