TESTO Commento su Giovanni 14,15-20
don Walter Magni Chiesa di Milano
Pentecoste (31/05/2020)
Vangelo: Gv 14,15-20
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Pentecoste: anche solo pronunciare questa parola ci confonde un poco e ci disorienta. Già la notizia di Gesù risorto da morte ha sconvolto i Suoi discepoli, che comunque si sono rinchiusi nel Cenacolo, per paura dei Giudei, temendo qualche incursione. Ora però l'incursione arriva dal cielo: Qualcosa come un vento impetuoso, che irrompe e li avvolge, trasformando la loro vita. Ecco, qualcosa del genere potrebbe capitare a Pentecoste.
Del tuo Spirito, Signore è piena la terra
Perché lo Spirito santo è come il vento che non sai da che parte viene e dove va, come dice Gesù parlando a Nicodemo (Gv 3,1-21). Il Suo modo di fare ci riporta alle stesse caratteristiche di Gesù risorto, quando te Lo vedi arrivare da tutte le parti. Presso il sepolcro con Maria di Magdala o entrare nel Cenacolo a porte chiuse; all'uscita di Gerusalemme per intraprendere un viaggio con due discepoli smarriti o sulle rive del Lago di Galilea a consolare i Suoi, mangiando un po' di pesce arrostito. Lo Spirito santo non Lo costringerai mai in una sola immagine. È come il vento o il fuoco, come una colomba. E i Suoi doni, i Suoi effetti sono racchiusi almeno nell'elenco di sette doni. E se lasci che ti raggiunga allora sta certo che qualcosa si sbilancia nella tua vita. Ti cambia le abitudini, soprattutto ti trasforma la vita e non ti dà scampo. E senza forzarti in nulla, con dolcezza e in modo diretto si compromette con la tua libertà. Se credi d'averLo capito già qualcosa di Lui ti sfugge, come avviene in amore. Perché, come ci ha fatto ripetere il salmo di questa liturgia: Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra, è piena la terra. Lo stesso Spirito che si librava sugli abissi dell'universo al momento della creazione, trasformando “in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose” (T. Bello). Per questo dobbiamo continuare a invocarLo, dicendo: discendi, discendi ancora sulla terra e donale il brivido dei cominciamenti. Come già riempivi della Tua luce il volto dei profeti, infiammando le loro parole Quello Spirito che riempiva di luce i profeti, sì, torna a parlarci con accenti di speranza.
Lo Spirito che ci precede sempre
Perché questo è la realtà alla quale ci dobbiamo arrendere: lo Spirito santo è Colui che sempre precede. Concorrendo alla genesi della creazione del mondo, al concepimento di Gesù in Maria, alla realtà della Chiesa che tutti ci raccoglie. Per questo lo Spirito santo più che invocato va anzitutto riconosciuto, affidandosi a Lui. Riconoscendo che, anche quando siamo stanchi e delusi, lui ci ha già preceduti ed è già all'opera. Lo Spirito santo precede anche la Chiesa e nessuno in essa potrà mai pretendere di farsi Suo portavoce. E la Chiesa neppure Lo diffonde: solo ha il compito di custodirLo, di continuare ad ascoltarLo, riconoscendoLo, accogliendoLo, assecondandoLo e seguendoLo “Anche nel buio del nostro tempo, lo Spirito c'è e non si è mai perso d'animo: al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva là dove mai avremmo immaginato” (C.M. Martini). Come fosse compito primario della Chiesa ricordare ai credenti che tutto il nostro invocare trova pace e s'acquieta. E il lavoro primario di ogni azione ecclesiale consiste nell'aprire varchi che Lui possa ancora attraversare, dire parole che Lui possa riempire di senso, celebrare riti dove la gente ritrova amore, pace e tenerezza.
“Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa' che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero. Trattienila ai piedi di tutte le croci. Quelle dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini. Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto, e ripeta con il salmo: “le mie lacrime, Signore, nell'otre tuo raccogli” (T. Bello).
Spirito che ama danzare
Secondo un midrash della tradizione ebraica, sul monte Sinai ogni parola uscita dalla bocca di Dio si divise in settanta lingue, così che ogni popolo sentiva i precetti divini nella propria lingua. Mentre stando al libro degli Atti, a Pentecoste “apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Così lo Spirito santo è colui che si divide in settanta lingue, il solo capace di entrare in contatto con tutti i nostri linguaggi, anche quelli più complessi e sofisticati. Il traduttore autentico e infallibile di Gesù in questo nostro mondo. Facendo diventare la tua lingua, le tue tradizioni e le tue abitudini passione profonda. Amore senza fine. Ricordo anch'io l'emozione provata a Gerusalemme, presso il Muro del pianto, quando una sera nel contesto di una festa ho visto alcuni giovani ebrei danzare, ebbri di gioia, abbracciati come due amanti, al rotolo della Torah, della Bibbia. Come fosse un innamoramento. Mandaci ancora Signore, questo Spirito che ancora ci faccia danzare al ritmo dell'amore che tu hai cominciato a suonare. Che ci ripeta i Tuoi passi, che ci aiuti a stringere senza paura altre mani, nell'armonia di passi che si incrociano e avanzando, aprono il cuore alla speranza. Perché la nostra fede “non è un fatto crepuscolare, umbratile, da vivere solo nella penombra delle chiese. La fede è un fuoco. La fede la si gioca allo scoperto, nella città, nelle piazze, nella vita di tutti i giorni” (d. Luigi Pozzoli).