TESTO Per vivere c'è lo Spirito
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
VI Domenica di Pasqua (Anno A) (17/05/2020)
Vangelo: Gv 14,15-21
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
La consolazione che Gesù da' ai suoi discepoli prima della propria autoconsegna è la “dimora” che Dio prepara per i suoi, cioè il “posto” che a loro riserva nell'ottica del Regno di Dio. In Gesù Cristo, nelle sue parole e nelle sue opere, Dio “dimora” e inabita in ciascuno dei suoi, lasciando tracce indelebili della sua presenza e risollevando, dando animo ed elevando con la sua Parola.
Questa inabitazione di Gesù in ciascuno di noi si fonda sulla sua stessa promessa e si avvale della sua Parola e non avrebbe bisogno di ulteriori espedienti. Tuttavia Gesù concederà ai suoi discepoli il dono dello Spirito Santo, con il quale essi saranno sempre più avvinti della presenza del Risorto, perché quale Spirito che conduce alla verità per intero, attualizzerà la sua presenza man mano che la Chiesa procederà nel sui itinerario di salvezza, fedele al mandato dell'annuncio.
Lo Spirito Santo certifica infatti la presenza di Cristo non come evento consumatosi e illanguidito dalla memoria sbiadita e rarefatta, ma facendo in modo che il Risorto venga avvertito presente e fautore egli stesso, nella forma invisibile, della missione degli apostoli. E soprattutto lo Spirito Santo infonderà nei cuori la condizione necessaria per cui è possibile vivere di questa novità che è il Cristo: “Osservare i comandamenti”. Con una certa insistenza, Giovanni tornerà su questo concetto: “Chi dice ‘Lo conoscò e non osserva i suoi comandamenti è un bugiardo e la verità non è in lui.”(1Gv 2, 4), aggiungendo che è indispensabile comportarsi come lui si è comportato, visto che, mentre lui dimora in noi, anche noi possiamo dimorare in lui. “Sarete miei amici, se farete quello che io vi comando” (Gv 15, 24) dice lo stesso Gesù, rilevando tuttavia che l'amicizia non è sottomissione o passività nei confronti di chi offre la sua vita per loro, ma una modalità di confidenza e di relazione perenne con lui. Nell'osservanza dei comandamenti divini che Gesù è venuto a perfezionare nella nuova alleanza, vi è la realizzazione di tutto l'uomo, come anche preannunciava il libro del Qoelet (Qo 12, 13) e la possibilità di una comunione piena mancando alla quale si manca inesorabilmente verso se stessi. Anche per questo Giacomo fa una similitudine: “Se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la Parola è simile a un uomo che osserva il proprio volto davanti a uno specchio; appena si è osservato, se ne va e subito dimentica com'era”(Gc 1, 23 - 24) illudendo e smentendo così se stesso, in tutti i casi mancando contro i suoi stessi interessi. Nell'ascolto e nell'osservanza della Parola di Dio vi è invece tutto l'uomo, che si identifica con tutto ciò che è chiamato a vivere e ad operare, qualificando se stesso nella medesima legge di Dio. Osservare i comandamenti non è mai sproporzionato alle nostre possibilità e non comporta gravami laceranti, anche mettendo a raffronto quello che Dio ci chiede di fare con quello che lui stesso ha fatto per noi. Chi tuttavia ci mette in condizione di osservare i comandamenti di Dio è sempre lo Spirito Santo che guida alla verità facendoci trovare questa nel Risorto e facendoci perseverare nella via, nella verità e nella vita e non possiamo pertanto disattendere all'azione stessa dello Spirito che fa “dimorare” Dio in noi. Lo Spirito ci conduce infatti a familiarizzare attraverso il Figlio con il Padre, rendendoci partecipi di questa comunanza di identità sostanziale che li caratterizza, per la quale “Io sono nel Padre e il Padre è in me”, realizzando così fra di noi il vincolo di amore che lega i Due nella sfera della divinità assoluta.
Sempre Giovanni aggiunge infatti che i comandamenti non sono gravosi. Essi ci chiedono semplicemente, in ciascuno dei loro moniti particolari, di perseverare con fiducia nell'amore verso di lui e verso il prossimo, facendo di questo amore il nostro contrassegno. Come Dio ama noi fino all'estrema umiliazione e non risparmiando se stesso nel proprio Figlio, così anche noi amiamoci gli uni gli altri di amore sincero e senza retorica né ritrosia, e adempiremo la legge di Dio in ogni singolo comandamento e del resto tutte le prescrizioni che abbiamo appreso dal Catechismo si compendiano in un unico monito: ama Dio e il prossimo come te stesso. Altro comandamento infatti non esiste se non quello "antico e nuovo" che ci chiede di vivere nell'amore per non lasciarci avvincere dalla morsa delle tenebre (1Gv 2, 7 - 10) e sull'esempio di Cristo che ha dato la vita per noi, riscattandoci tutti con il sangue della sua Croce, così anche noi diamo la vita gli uni per gli altri in una mutua e spontanea sollecitudine di servizio, Amare vedendo Dio nel fratello senza ipocrisia, doppiezza e falsità è sinonimo di adempimento della legge di Dio che raggiunge anche i nostri stessi obiettivi.
L''opera dello Spirito Santo che verrà concesso nel giorno di Pentecoste è quindi assolutamente necessaria, come indispensabili sono i suoi doni, affinché possiamo ritrovarci nei comandamenti di Gesù ed essere capaci di farne criterio di vita perenne. Ecco perché, seppure lo Spirito Santo ci è conferito già con il Battesimo nel nome di Gesù, il libro degli Atti degli Apostoli conosce un'ulteriore effusione dello Spirito Santo anche al di là di questo sacramento di iniziazione: nella Prima Lettura si parla infatti della neofita comunità di Samaria alla quale vengono inviati Pietro e Giovanni, che impongono le mani ai fratelli che sono stati già battezzati, concedendo loro il dono dello Spirito. In questo episodio i Padri e gli esegeti trovano la legittimazione del sacramento della Confermazione (Cresima) che consolida la consacrazione primaria battesimale; in questo sacramento lo Spirito rende saldo e ben disposto il credente, che diventa araldo dell'annuncio evangelico disponendo di tutte le forze e di tutte le risorse motivazionali per vincere ogni ostilità nella sua missione. Lo Spirito è infatti anche il Consolatore, denominato Avvocato, che imprime nella vita del consacrato riempiendolo di zelo e di capacità operativa nella testimonianza continua di Gesù. Per essere condotto alla verità tutta intera e per vivere della verità medesima.