TESTO Slegatemi i piedi...
don Angelo Casati Sulla soglia
III domenica T. Pasqua (Anno A) (26/04/2020)
Vangelo: Gv 1,29-34
29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Torniamo sulla strada. Dalla casa dei discepoli, forse la stanza al piano superiore, a Gerusalemme, della scorsa settimana, stanza dell'addio, ritorniamo su una strada, a Betania, oltre il Giordano. Ritorniamo all'inizio. Alla fine e all'inizio la medesima confessione. Alla fine del libro, Giovanni dice che è stato scritto perché crediamo che Gesù è il Figlio di Dio; all'inizio Il Battista, vedendo lo Spirito scendere su Gesù immerso nelle acque e rimanere, dà la testimonianza: "questi è il Figlio di Dio"...
La strada di Betania all'inizio, la casa di Gerusalemme alla fine dove appare il Risorto. Ma poi da quella casa si uscì e si andò per strade. Voi, che mi conoscete, sapete che questa è un po' una mia fissazione. Bisogna ritornare a raccontare di Gesù per le strade, le strade che non sono proprietà di nessuno, se mai di tutti. Che ritornino le strade, simbolo dei luoghi quotidiani. Ritornino ad essere il luogo dell'"ecco": "Ecco l'agnello di Dio, ecco Gesù!". Ritorni a passare per le strade questo "ecco", che è una particella che fa richiamo: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo". Giovanni lo indicò il primo giorno a discepoli in gruppo, poi, il giorno successivo ad Andrea e a un altro discepolo, un senza nome. Lo seguirono. Gesù sentì rumore di passi. Gli chiesero dove abitasse. Li invitò a casa, rimasero con lui sino alle quattro del pomeriggio. Poi se ne andarono, ma fu contagio.
Non c'è solo contagio da virus, ci può essere contagio di cose belle. E Andrea raccontò a Simone, e Filippo raccontò a Natanele. E, pensate, non avevano miracoli da raccontare, ma di quell'uomo, del suo viso, delle sue parole, dei suoi gesti.. Fu un contagio. Di vangelo, di buona notizia. E la parola "contagio" - buono! - mi riporta alla mente una pagina intrigante di un librino prezioso scritto dal cardinal Martini per questa città: "Alzati e va' a Ninive, la grande città". Ove il cardinale si chiede che cosa significhi portare oggi il vangelo e come portarlo. Il suo pensiero - a mio avviso profetico - passa in rassegna le varie modalità in cui oggi si può evangelizzare, certo anche con proclamazioni e convocazioni. Ma questo - dice - non è l'unico modo, e non necessariamente il più efficace oggi nella grande città secolare.
E parla - declinandola come oggi urgente - di una evangelizzazione per "contagio": "Evangelizzare per contagio - scrive - come una lampada si accende da un'altra lampada, come un sorriso genera un altro sorriso. Può essere da persona a persona, da gruppo a gruppo, da gruppo a persone singole che sono contagiate dalla fede gioiosa di una comunità (...) Non c'è da aspettare per lo più successi clamorosi o conversioni in massa. Ma sono molti oggi a Milano coloro che ogni giorno silenziosamente passano l'arduo confine tra l'oscurità e la luce, tra la penombra e il calore del sole, come tanti sono quelli che nello stesso tempo passano silenziosamente la frontiera tra la verità e il buio, tra la certezza e l'incertezza, il dubbio, la sfiducia.
La presenza di molte e volonterose guide, preti e laici, attenti alle frontiere della fede, scoprirà questi sconfinamenti frequenti, aiuterà i dubbiosi, consiglierà gli smarriti, conforterà gli sfiduciati. Sui confini tra fede e incredulità" - scrive "si può attuare uno straordinario apostolato del dialogo, del conforto, dell'esempio". Perdonate se ho preso troppo tempo, ma la pagina di Giovanni mi affascinava troppo per questo passa parola, questo contagio degli inizi. Che può accadere oggi. Pensate anche solo a quanto stia diventando contagioso il passa parola sulla Messa che papa Francesco celebra alle sette del mattino a Santa Marta: E credenti e non credenti ad ascoltare da lui il vangelo! Che meraviglia! Ma dopo l'"ecco", che chiama attenzione, Giovanni aggiunge un'immagine: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo".
Mi fermo sull'immagine. Che, come voi intuite, agli occhi di chi ascoltava Gesù, evocava eventi indimenticabili, evocava l'agnello della liberazione dall'Egitto, le case degli ebrei, tinte del suo sangue, risparmiate. Voi mi perdonerete se non entro nelle domande sul perché non furono risparmiati i bambini degli egiziani. Non ho una risposta. Quella fu notte di liberazione, dopo che nelle case ci si nutrì della carne dell'agnello. Ebbene a Gesù - e quanto è suggestivo! - viene sposata l'immagine dell'agnello della liberazione. Gli ebrei, grazie a quella notte, riconquistarono la libertà. Fuori da sudditanze, oppressioni, paure, sfruttamenti. Gesù, agnello della liberazione, con il suo sangue ha pagato il prezzo della nostra libertà: questo fu il prezzo.
Non dovevi più camminare.
Era necessità ai potenti fermarti:
passavi facendo il bene,
schiodavi i paralitici
alzavi la testa ai poveri
facevi camminare i sogni.
Era necessità fermarti,
eri pericolo.
Colpi di chiodi-
che pesano sul mondo
sfondando il mio cuore.
Fermo per sempre,
legato a una croce,
imprigionato l'imprigionabile.
Fisso da lontano
la trafittura dei chiodi
adoro il segno
della mia libertà.
Gli dobbiamo amore commosso, ingualcibile gratitudine. Non è forse vero che proprio in questi giorni abbiamo fatto commossa memoria del prezzo pagato da coloro che furono perseguitati, torturati, uccisi per la nostra libertà? Perché tornassimo a vivere da donne e uomini liberi, perché potessimo ancora cantare il vento della libertà. C'è un episodio del vangelo che affiora alla memoria ogni volta che indugio su questi pensieri. Era la sua ultima notte, andarono a prenderlo con lanterne, torce e armi nelle ombre del giardino degli ulivi. Domandò loro: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno". Gesù replicò: "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano". Voi mi capite: "Prendete me, ma lasciate liberi loro".
La nostra libertà e il suo prezzo. La scorsa domenica dicevamo che le ferite del corpo con cui appare il Risorto, sono feritoie: dicono la follia del suo amore per noi. Vorrei oggi aggiungere che dicono anche il prezzo della nostra libertà. Quanto sia preziosa per Dio la nostra libertà, Vorrei dire quanto sia da custodire e da difendere. Oggi da difendere e da custodire.
"Mi hanno messo in catene" scriveva un condannato a morte della Resistenza "ma il mio cuore è libero di sperare, di credere: se domani muoio, slegatemi i piedi".