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TESTO Non importa. Esci anche se è buio!

don Angelo Casati   Sulla soglia

Domenica di Pasqua (12/04/2020)

Vangelo: Gv 20,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

È mattino di Pasqua. E, ancora, una donna. Maria di Magdala. Le donne, ultime ad accarezzare con il loro sguardo il corpo di Gesù deposto nella tomba, e ora le prime, appena si scioglie il precetto del sabato che vietava un di più di passi. Sentivano il bisogno di un di più di passi. Lo sentissi anch'io! Forse anche oggi uomini e donne sono alla ricerca di qualcuno che abbia un di più di passi. Che esca nel buio. Ieri l'altro, su un quotidiano, tra molti pensieri intriganti, Alessandro Bergonzoni scriveva: "Vorrei continuare a vedere un Papa camminare tutti i giorni per le vie di Roma e la gente dalle finestre che lo prega, e lo chiama. Il cammino con tutti".

Osare passi nel buio come la donna del mattino di Pasqua, Maria di Magdala. Ci è facile immaginare che, dalla sera del venerdì santo, proprio non le era riuscito di chiudere occhio. Ed eccola, il giorno dopo il sabato, aprire l'uscio che ancora era buio e con il fiato in gola correre al sepolcro. Il fatto che si sia recata al sepolcro di buon mattino, quando ancora era buio, dice molto del desiderio, del correre del desiderio. Ecco, oggi che siamo trattenuti nelle case, sembra quasi prendere più limpidezza l'importanza del desiderio dell'anima. Un giorno poteva essere la forza della tradizione a farci schiudere la porta per convenire alla celebrazioni.

Oggi ci è rimasto il desiderio a metterci sulle tracce di Gesù, il risorto. Viene spontaneo ancora una volta il raffronto tra gli uomini e le donne, anche nei vangeli della risurrezione: gli apostoli li vedi barricati in casa, le donne le trovi per strade, presto il mattino, nelle mani gli aromi per i quali si erano date da fare dalla notte del venerdì santo in poi. La donna del mattino di Pasqua sembra invitare a snebbiare la fede dai sonni, sembra invitare a osare anche l'imponderabile della notte, a non lasciarsi immobilizzare da previsioni venate di pessimismi, a non lasciarsi scoraggiare dal pensiero di una tomba ostruita da pietra che è macigno per le tue deboli forze. Apri la porta. Esci. Non importa se è buio. Ti sono rimaste ingualcibili in cuore alcune parole del Maestro.

Corri con il desiderio. Che ti si legga in viso una ricerca. La si legga nei tuoi occhi gonfi di pianto: "Donna perché piangi? Chi cerchi?". Anche in un singhiozzo di pianto è scritta una ricerca, spesso una ricerca di amore. Anche in tanti pianti di questi giorni. La suggestione del correre si accompagna, nel racconto dei vangeli della risurrezione, al filtrare di una luce fatta di silenzi e di parole sussurrate. Non c'è l'imponenza della apparizione, non c'è una luce debordante. Noi forse avremmo preferito una modalità diversa. Forse la spettacolarità del morto che esce dalla tomba. Miracoli, segni clamorosi.

Ebbene oggi, nel tempo dell'angoscia, è come se ci venisse chiesto di credere in resurrezioni che hanno il leggero soffio delle luci di quel mattino, di dare fiducia al nascere del nuovo, dell'inedito. Ci viene chiesto di non appiattirci nell'attesa di qualcosa che ripeta le forme del passato o che abbia i contorni precisi che abbiamo prefigurato noi, come se anelito fosse che tutto ritornasse come prima. Al contrario ci viene l'invito a lasciarci condurre verso una sorpresa: una vita dalla risurrezione non ha il colore smunto della ripetizione, è abitata dallo Spirito del Risorto.

Lo Spirito del risorto è per l'invenzione, per l'immaginazione, per la sorpresa. Il risorto era in segni diversi nel mutare delle situazioni. Ancora oggi: uno che ti chiede perché piangi. uno che ti mostra ferite che vengono dall'avere amato, uno che ti cammina a fianco in una sera sconsolata e ti chiede di raccontare il perche del tuo volto triste, uno che dopo notti di pescagioni fallite accende sulle sabbie a riva un fuoco per abbrustolire pane e pesci e senti profumo di pesce arrostito. Perché non scorgere sussulti di risurrezione nelle piccole cose, quelle che solo per chi non ha occhi sono pallide e insignificanti?

Segni che parlano a chi ha un cuore in ricerca, a chi non è assopito mortalmente dalla notte, a chi sa uscire di casa, come Maria di Magdala, quando è ancora buio. È risorto il crocifisso, ha ritrovato la vita colui che ha dato la vita. Forse, dilatando la parola del Cantico dei Cantici, potremmo dire: "Più forte della morte è l'amore". Questo giardino dei racconti della risurrezione assomiglia molto al giardino del Cantico dei Cantici, dove l'amata si aggira alla ricerca struggente del suo amato scomparso: "L'ho cercato ma non l'ho trovato l'ho chiamato ma non mi ha risposto. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto che cosa gli racconterete? Che sono malata d'amore".

Il giardino della Risurrezione ci dice che l'amore è più forte della morte. E non sarà proprio questo che ci consente in giorni come questi - e sembra un azzardo - di fare festa? Non l'incoscienza, non l'indifferenza, non la smemoratezza. Ma il ricordare. Il ricordare l'amore, segni concreti di amore, più forti della morte. Brividi di risurrezione.

Come da fessura
nella notte estrema
filtra senza ferire una luce,
intenerimento dell'angoscia.
Presenze lievi
come di mistero,
sussurri di vita
nel giardino
della tomba vuota,
tra le porte schiuse del cenacolo,
nel profumo di pesce
arrostito sulle sabbie estasiate del litorale:
è il Signore.
Perché piangi, Maria?
Non cercarlo
tra cose morte.
Accendi un lume
alla tua finestra
e sia segno nella notte
che è passato di qui,
oggi, il Vivente, il risorto.

 

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