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TESTO Le nuove regole dell'amore e della comunione

padre Antonio Rungi

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/02/2020)

Vangelo: Mt 5,38-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Alla vigilia dell'inizio della Quaresima 2020, la parola di Dio di questa VII domenica del tempo ordinario ci detta delle regole di comportamento molto chiare. Sia nel brano della prima lettura che nel Vangelo si parla appunto di tutto quello che ci compete fare per camminare sulla strada della santità.

Nel libro del Levitico sono esplicitate queste norme divine da Mosè che parla al popolo e dice a tutti i membri di esso: “Siate santi, perché io, il Signore, nostro Dio è santo”. In cosa consista questo santità è detto subito entrando nel dettaglio del comportamento umano che va assunto e portato avanti coerentemente nella vita di tutti i giorni: “Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello”. Via quindi ogni forma di odio nei confronti di quanti magari ci possono dare fastidio o ci hanno fatto del male.
Seconda regola: “rimprovera apertamente il tuo prossimo”, chiaramente per poterlo fare è necessario stare nelle condizioni spirituali e religiose per essere richiamo agli altri, perché si è giusti e retti, quindi si è testimoni credibili. Il motivo sta in un questione etica che non va dimenticata. E cioè se uno vede il comportamento immorale del prossimo e non lo rimprovera si carica di un peccato, in quanto sta a legittimare cose che non si possono né si debbono fare in ragione alla propria fede e alla propria morale.
Terza regola: “Non ti vendicherai”, cioè non attuerai la cosiddetta legge del taglione, occhio per occhi, dente per dente, ma il credente deve sapere perdonare. Per cui quarta regola è di non conservare il rancore verso qualcuno. Il male ricevuto va perdonato, al punto tale che l'ultima fondamentale regola che tutti devono osservare e che fa da sintesi al tutto il precedente è “amerai il tuo prossimo come te stesso”. In poche parole, qualsiasi cosa succeda, il credente deve superare quell'astio, risentimento, odio, violenza che può ingenerare in lui il comportamento errato del prossimo, cioè di chi gli sta vicino. Cose non facili da fare ed attuare, ma su cui bisogna riflettere per agire, in base anche a quanto dice Gesù nel Vangelo di questa domenica, partendo proprio dall'Antico Testamento e superando quelle norme che erano legittimate presso Israele, non ancora convertito al vero amore verso Dio e verso i fratelli. Fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”; m io vi dico di non opporvi al malvagio.

La disponibilità al perdono, alla riconciliazione deve rientrare nell'ottica e nell'orizzonte di ogni discepolo vero di Cristo. Da qui il consiglio che se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, per dire che non bisogna reagire alle offese ricevute e vendicarsi. Infatti il discorso di Gesù va anche all'ipotesi di risolvere le questioni giuridiche nei tribunali, lasciando agli altri non solo la tunica, ma anche il mantello, cioè tutto, purché si viva in pace. E se tutto questo non bastasse e magari ti trovi nella situazioni di uno che ti costringe ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. In poche parole sii generoso nel dare e nel camminare insieme.
Ecco perché aggiunge Gesù ciò che è regola d'oro per tutti: “Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle”. Dare e prestare senza attendersi la restituzione del dare, in quanto non basta solo dare, ma è necessario amare davvero e per sempre, anche chi sulla carta non merita amore, comprensione e perdono.
La sintesi di tutta la morale cristiana sta, infatti, in questi versetti del vangelo di Matteo che ci accompagna in questo breve tratto per iniziare il cammino più lungo e profondo della Quaresima: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?”. Gesù rompe gli schemi di un amore di ritorno e di compensazione come era visto nel passato. Egli offre una nuova prospettiva di amore che Lui stesso assumerà come regola della sua vita, fino a perdonare a chi l'ha condannato e crocifisso”.
La perfezione che Dio ci chiede ha un solo itinerario ed una sola meta, quella del raggiungimento dell'amore perfetto, che porta ad amare e non odiare, a dare e nulla pretendere, a servire e non essere serviti, ad accompagnare e non farsi accompagnare. In altri termini noi dobbiamo essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli.

E per raggiungere un livello sempre più alto di perfezionamento nell'amore, San Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di oggi ci ricorda che noi siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi.
Cosa succede se uno distrugge il tempio di Dio, cioè la comunità, la Chiesa?
La conseguenza è detta e scritta: “Dio distruggerà lui, perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”.
Il tempio è espressione della comunità dei credenti e quindi della Chiesa. Se non lavoriamo per costruire la comunità dei credenti, siamo lontani da una visione di fede e di comunione.
Ognuno ha il suo mattone da costruire che è il suo io che entra nell'edificazione comune, addirittura ognuno diventa casa dell'altro, accoglienza dell'altro.
E ognuno ha quella sua particolarità che è il suo specifico. E ciò che è specifico mio non deve dividermi dall'altro, ma è il mio servizio all'altro.
L'apostolo continua nell'evidenziare la necessità di una nuova mentalità che deve sorgere tra i cristiani di Corinto. Dice, infatti, “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
A Corinto la comunità era divisa perché qualcuno poneva il centro in Paolo, qualcuno in Apollo, qualcuno in Cefa.
Il problema di ogni aggregazione è il centro, ci si aggrega attorno a un centro: non si può vivere senza centro. Ognuno di noi ha anche un centro, se no è disperso.
Che cos'è il centro della comunità? E' ciò che la mantiene unita, come i raggi di una ruota che si appoggiano sull'asse. Il centro della Chiesa è Cristo. Non è Paolo, Apollo o Pietro. Il problema è che noi tutti abbiamo l'autocentramento. Ognuno vuol essere il centro. Se ognuno cerca il centro in sé e accentra tutto su ognuno di sé, questo porta all' egoismo; per cui ci dividiamo, perché ognuno è centrato su di sé e si impone come centro per gli altri.
Il problema è trovare un centro che non ci divida e non può essere né Paolo, né Apollo, né nessuno. Il centro che ci unisce tutti è l'unico che ha dato la vita per tutti non può essere che quello che è al centro, cioè Dio, il Signore. Questo centro si rende visibile nel Papa, nel vescovo, nella persona concreta che ho davanti. Non si può porre altro centro che quello di Cristo. Mettendo ognuno di noi stessi al centro, c'è la schiavizzazione reciproca, mentre ponendo il Signore al centro noi siamo tutti fratelli e lui è il capo, è capo non perché ci schiavizza, ma perché è l'unico che ha dato la vita per noi, è l'unico che è servo di tutti.
Ecco perché San Paolo chiude il brano di oggi con espressioni che ci fanno riflettere: nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.

Bisogna decentrarsi da noi stessi e dagli altri e centrarsi e concentrarsi in Cristo, perché la Chiesa è sua e noi siamo semplici ed umili operai o artigiani nella vigna del Signore che devono seminare solo amore e non odio, comunione e non divisione, servizio e non potere, disponibilità e carità e non egoismo ed avarizia.

 

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