TESTO Ha sete di te, Signore, l'anima mia (209)
don Remigio Menegatti Parrocchia di Illasi
XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2005)
Vangelo: Mt 16,21-27
In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature
La prima lettura (Ger 20,7-9) racconta la vocazione di Geremia, quasi andando a scrutare il suo cuore. Un cuore innamorato di Dio, sedotto dal suo amore forte e ricco di tenerezza. Un amore contrastato, per cui Geremia deve subire il disprezzo di tante persone. Un amore forte, a cui non è disposto a rinunciare, costi quel che costi.
Il vangelo (Mt 16,21-27) è la continuazione della domenica scorsa: ai discepoli che lo hanno riconosciuto come Messia e Figlio del Dio vivente, Gesù annuncia la sua passione, morte e risurrezione. Pietro, che aveva ricevuto l'incarico di guida della comunità, dimostra subito la sua mentalità solo umana: è meglio evitare qualsiasi sofferenza e rinunciare ad un incarico così impegnativo. Gesù allontana Simon Pietro come "tentatore", perché cerca di bloccare il cammino del Messia, facendolo inciampare sulla strada indicata dal Padre.
Salmo 62
O Dio, tu sei il mio Dio,
all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz'acqua.
Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza
e la tua gloria.
Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia
ti loderà la mia bocca.
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
Il salmo fa eco alle parole di Geremia, e di quanti, come lui, sono "innamorati" di Dio.
Sono coloro che hanno scoperto che Dio è indispensabile per la vita, come l'acqua per la terra assetata. Oppure come chi aspetta le primi luci dell'aurora per mettersi all'opera e realizzare qualcosa di importante.
Dio è cercato nel suo santuario, sapendo che il suo amore gratuito "vale più della vita". Chi lo ama parla sempre di lui e canta le sue lodi. Le parole di Dio saziano più di un pranzo speciale e abbondante.
Chi ha ricevuto aiuto dal Signore si sente come un pulcino che trova sicurezza all'ombra delle ali del genitore. Neppure l'uccello rapace che volteggia in alto lo può spaventrare. Il beneficio ottenuto diventa canto di lode che coinvolge altri, invitandoli a cercare il Signore per ottenere le stesse grazie.
Un commento per ragazzi
Succede che il leader della corsa, cominci a faticare, avvertendo il peso della responsabilità per la maglia che porta sulle spalle. Quando la corsa si fa impegnativa se continua a confidare nel lavoro di squadra, e soprattutto nella fiducia dell'allenatore e segue le sue indicazioni, riesce ad affrontare anche le tappe di montagna. Diversamente comincia a spaventarsi e a pensare al possibile ritiro.
Il gusto dell'avventura si trasforma in paura, la sfida diventa solamente fatica inutile, l'impresa gli appare improvvisamente sproporzionata rispetto alle possibilità...
È quanto avviene a Pietro: ha appena ricevuto la "nomina" a capitano della squadra, nomina per meriti riconosciuti dall'allenatore (Gesù) e dalla squadra (gli altri Undici), e soprattutto dal primo dirigente e tifoso (il Padre). Appena dopo questa nomina sente tutta la fatica della nuova tappa.
Eppure Gesù non gli ordina di andare da solo, non lo butta nella mischia, abbandonandolo al suo destino. Prima di tutto si tratta dell'impresa che Gesù stesso intende portare a termine nel "campionato" decisivo, quello che si giocherà a Gerusalemme e per il quale si è allenato fin dall'inizio della "stagione". È quello il vero obiettivo, per il quale sta curando la sua preparazione: vuole essere in forma per la grande e definitiva sfida con il peccato. E non intende giocare da solo. È ancora lui il vero capitano, ma vuole preparare i suoi per quando non sarà più visibile in mezzo a loro, anche se continuamente presente.
Gesù prospetta una vittoria che vale tutte le altre, per la quale ha senso prepararsi e accettare di rinunciare a qualche altra gara. Chiede infatti di saper rinunciare alle possibili facili vittorie di tornei minori, per ottenere il grande risultato nell'unica competizione che conta, e che da sola vale non solamente una stagione, ma l'intera attività agonistica. Salvare la propria "anima", conta più che ogni altro risultato. Intendendo anima come la globalità della persona, non solo una parte, quasi che in noi ci sia una parte buona – l'anima – e una cattiva: il corpo. Gesù ci porta con sé, "anima e corpo": lo diciamo di Maria Assunta in cielo; vale anche per tutti i suoi fratelli. La vittoria che conta è stare con lui, nella gioia della sua casa, per sempre. Questo è il vero risultato per il quale non ci si deve spaventare delle fatiche.
Il bello è che in squadra ci siamo pure noi: ci ha convocato il Signore già nel giorno del Battesimo. Con la Cresima passiamo nella squadra dei "professionisti". Insieme con noi partecipano alla grande gara della vita i nostri genitori, nonni, fratelli. Un ruolo importante lo ha la comunità parrocchiale, dove si mettono in evidenza alcuni come i don, le suore, i catechisti e gli animatori, anche quelli della liturgia e della carità.
Una squadra per risultare vincitori della partita con la morte e soprattutto il peccato: chi vince vive con Dio, nella gioia, per sempre.
Un suggerimento per la preghiera
Signore, noi siamo discepoli tuoi, "convocati dalla tua parola". Discepoli che vogliono rispondere con entusiasmo alle sfide che la vita ci propone, certi che tu sei in gara al nostro fianco e hai già vinto.
La nostra anima ha sete di te, cerca te, come chi aspetta l'alba della grande gara, il giorno in cui poter vincere la sfida per cui si prepara da sempre, la partita contro il peccato e ciò che ci allontana da te e dalla vera gioia. Lontani da te soffriamo la sete, e non riusciamo più ad andare avanti. Con te siamo vincitori.