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TESTO Legare, sciogliere, correggere e amare

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (04/09/2005)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Due domeniche or sono avevamo riflettuto sulle parole di Gesù a Pietro:"A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19)"; con esse il Signore conferiva all'apostolo che lo aveva professato Messia l'incarico di guida suprema della Chiesa, nonché Pastore visibile in una funzione vicaria, con l'autorità piena di interpretare la volontà di Dio sulla terra e la retta dottrina. Così suggerivano i termini "legare" e "sciogliere" che si erano adoperati e che attestano al potere – appunto- di vincolare e svincolare determinati legami relativi all'autorità magisteriale di insegnare: in altre parole, essi indicano l'autorità petrina di emendare insegnamenti e vincoli di dottrina e osservanza morale, e così anche proibizioni e censure.

"Legare" (lyo) e "sciogliere" assumono però anche il significato di "ammettere" o "escludere" dalla comunità ecclesiale e il fatto che oggi essi vengano riferiti direttamente anche al resto degli apostoli ( "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche nei cieli") attesta che in questo ruolo Gesù l'intera Chiesa ha la necessità di organizzarsi attorno al suo Pastore visibile supremo: Pietro sarà capo e guida dell'intero Corpo, ma non senza l'ausilio e la collaborazione degli altri apostoli, i quali lo rappresenteranno per tutto il tempo della missione e dell'opera di evangelizzazione ciascuno nel proprio ambito di lavoro, facendosi latori della sua dottrina e usufruendo anch'essi (nelle singole comunità ecclesiali loro affidate) della possibilità di ammettere nuovi membri nella comunità eccelsiale o di espellerne altri, qualora se ne ponga la grave necessità.

Nella successione di Pietro e degli Apostoli, in tempi odierni avviene che la gerarchia ecclesiastica stia proseguendo nello stesso ministero e perseverando nella medesima organizzazione quanto all'annuncio della verità e alla salvaguardia dell'ortodossia e della comunione fra i membri del popolo di Dio: ciascuno nella sua Diocesi, quali successori degli apostoli, coadiuvano il Successore di Pietro nell'attività di guida, istruzione, santificazione di tutti i cristiani secondo le prerogative suddette.

Ma quando si parla della facoltà di "sciogliere", non deve intendersi che la facoltà ecclesiale di estromissione e allontanamento dei fedeli sia esclusiva. La Chiesa non ha mai avuto cioè come finalità primaria l'individuazione dei rei e la loro espulsione immediata, né ha mai preferito estromettere alcun membro dal suo Corpo; se così infatti avvenisse, essa non adempirebbe affatto la volontà del suo Signore che, piuttosto che la punizione e la pena, aspira all'emendazione e al recupero del fratello colpevole e negligente, così come, senza mezzi termini, afferma la Prima Lettura. Essa vede nel profeta Ezechiele la "sentinella", ossia la "guardia" pronta ad individuare le colpe dei fratelli non già perché questi vengano puniti o esecrati o riprovati, e neppure perché vengano allontanati o soggetti a condanna alcuna; Dio vuole che vengano semplicemente "corretti" negli errori, ai fini di potersi emendare e rientrare nella grazia del loro Padre. Addirittura il Profeta Ezechiele stesso è il responsabile della salvezza peccatori e dovrà rispondere in prima persona qualora essi dovessero smarrirsi e giungere alla perdizione: se avrà provveduto al loro emendamento e all'ammonizione avrà guadagnato dei fratelli, se invece avrà omesso tali attitudini sarà meritorio di condanna divina per non aver ottemperato alla volontà divina di conversione e reintegro dei colpevoli.

Nel Nuovo Testamento la pedagogia di Gesù non è differente: la lettura evangelica di oggi attesta esplicitamente che il ristabilimento dei peccatori è la prima preoccupazione di Dio e deve costituire il primo obiettivo di ogni cristiano singolo e dell'intera comunità ecclesiale affinché tutti si cooperi per la comprensione, l'amore, la solidarietà e il perdono del peccatore e per ciò stesso ci si adoperi anche in vista del suo reintegro e del recupero nella Chiesa.

Ed è proprio questo il reale obiettivo dell'intera comunità, anche ai nostri giorni: si vuole che in tutti gli stati di vita aggregata ecclesiale, anche nelle singole parrocchie, nelle comunità religiose e monastiche, come anche in tutti i piccoli gruppi e associazioni di qualsiasi matrice imperversi lo spirito di accettazione reciproca fra i membri, la solidarietà e la reciproca disponibilità a recarsi aiuto nel bisogno, come anche la mutua valorizzazione e la fuga dalla critica e dal pettegolezzo.

Questo sempre e in tutte le circostanze, ma in modo particolare allorquando uno dei nostri fratelli dovesse deviare dalla retta dimensione e procedere secondo schemi anticomunitari o lontani dall'insegnamento del vangelo; in questo caso è indice di convinta e affermata carità che il fratello non venga deprezzato o abbandonato ai suoi errori né (cosa ancora più meschina e riprovevole!) che venga reso oggetto di critiche, insinuazioni, voci di strada, pregiudizi o illazioni, ma che si intervenga nei suoi confronti attraverso la "correzione fraterna." un atteggiamento che deve diventare nostra abitudine in ogni ambito ecclesiale e che consiste non già nel predominio sul fratello o nell'ergerci a suoi maestri spadroneggiando su di lui quasi come volessimo mostrare di essere i "sapientoni" o i migliori (il che irrigidisce sempre l'altro), quanto piuttosto nella premura da parte nostra ad usargli delicatezza e comprensione affinché prenda coscienza della gravità dell'errore commesso, delle conseguenze in negativo che ne deriverebbero per lui stesso e per gli altri, della convenienza di adeguarsi alla disciplina o alle direttive della comunità... Correzione fraterna insomma non vuol dire giudizio arbitrario del fratello e predominio sul medesimo, ma incoraggiamento e sprone a che lui riacquisti fiducia nella comunità.

Perché il fratello possa vincere l'ostinazione all'errore non è illegittimo che la comunità ecclesiale possa ricorrere a determinate "pene medicinali", atte cioè a favorire il suo ripristino, come anche a determinate privazioni o sospensioni, tuttavia solamente nel caso di affermata ostinazione e di esplicito diniego, esaurito ogni tentativo di recupero diventa inevitabile l'espulsione del reo e ciò sempre nella sequela dei moniti evangelici e avendo di mira il bene dell'intero corpo e fermo restando l'amore e la disponibilità nei confronti di chi ha sbagliato.

La correzione fraterna, l'ememdazione, la conversione del peccattore e la sua riconciliazione con gli altri in comunità devono essere obiettivi irrinunciabili di tutti e di ciascuno di noi cristiani, perché corrispondono alla stessa causa per cui Cristo è morto sulla croce e alla medesima volontà di cui al libro del profeta Isaia: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" e per questo costituiscono la prima sollecitudine del suddetto magistero del papa e dei vescovi che in tale loro funzione aspirano al mantenimento della comunione fra tutti i membri del popolo di Dio, per cui l'allontanamento anche di un solo fedele è cosa che fa sioffrire l'intero corpo ecclesiale; ma devono toccare l'atteggiamento di tutti noi cristiani, e con questo termine si intende i cristiani del nostro territorio, della nostra chiesa parrocchale, del nopstro gruppo e della nostra parrocchia e della famiglia, affinché si fiomentino le condizioni per l'accettazione reciproca e la valorizzazione dell'altro, e questo anche quando ammonire comporta delle difficoltà. Poiché occorre anche considerare che correggere e ammonire non sempre è facile: nei contesti familiari dei rapporti genitori – figli, come anche nella stessa parrocchia o in qualsiasi ambito, non è raro il caso in cui si rifiuti con permalosità o per motivi di interesse personale qualsiasi intervento a scopo di correzione, e vi è chi vi si oppone esternando insulti e riprovazioni.

Questo era previsto dallo stesso Gesù e dagli apostoli ma non deve recare scoramento o incutere sfiducia, bensì mantenere sempre salda la nostra perseveranza nel bene compiuto di correzione fraterna.

 

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