TESTO Gesù maleducato
Paolo Curtaz Ti racconto la Parola
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XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (14/08/2005)
Vangelo: Mt 15,21-28
In quel tempo, 21partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Quando ci troviamo nella tempesta, come gli apostoli di domenica scorsa, corriamo il rischio di affondare, allora gridiamo al Signore di salvarci ed egli ci raggiunge nel cuore della notte e ci dice: "Sono io, non abbiate paura".
Come Elia possiamo non confondere Dio con un fantasma rientrando in noi stessi e ascoltando la brezza leggera della sua presenza; come Israele, siamo invitati ad avere costanza e a non scoraggiarci mentre la barca della nostra vita attraversa il mare agitato della Storia.
Ma succede che, pur gridando a Dio il nostro dolore, restiamo inascoltati. Perché?
Gesù maleducato?
È la stessa esperienza che oggi troviamo nel Vangelo: una donna chiede a Gesù di essere ascoltata, ma non viene in alcun modo esaudita.
La donna – sofferente per la figlia ammalata – chiede un miracolo al Figlio di Davide il quale, letteralmente, non le rivolge neppure la parola... Una durezza confermata dal giudizio dato agli apostoli preoccupati dalla sceneggiata fatta dalla donna; l'insistenza di Gesù è vincente: la donna si butta ai suoi piedi e gli chiede aiuto.
La risposta di Gesù è raggelante: "Non è bene gettare il cibo dei figli in pasto ai cani".
Un Gesù maleducato, quello che oggi ci presenta Matteo? Un Gesù razzista che pensa – come i suoi contemporanei – che i non-ebrei siano "cani"?
No, certo.
Come altrove nel Vangelo (Simone il Fariseo, la Samaritana...) Gesù sta per darci una magistrale lezione di come far crescere le persone, di come amare richiamando a verità, di come aiutare gli altri a non prendersi in giro.
Superstizioni
La cananea si avvicina a Gesù sbraitando, invocando una guarigone: non gli importa nulla di chi sia veramente Gesù, non è sua discepola, solo vuole il miracolo del guru di turno, le ha provate tutte, perché non tentare anche con la religione?
Il Maestro non le rivolge neppure la parola, un atteggiamento duro che obbliga la donna a cambiare stile. La donna insiste e alla fine, esausta, si mette ai piedi del Signore e chiede solo più aiuto: non impone più al Signore i termini dell'intervento (voglio che accada questo) ma un generico e più autentico bisogno di aiuto.
La frase del Signore è uno schiaffo in pieno volto: "Bel cane che sei, non ti interessi di me, non segui la mia Parola, solo vuoi un miracolo. Io, prima, devo occuparmi dei miei discepoli".
E' esattamente ciò che accade a molti tra noi: viviamo la nostra vita con una vaghissima appartenenza al cristianesimo, ci sentiamo cristiani a Pasqua e a Natale, consideriamo la Chiesa e la comunità una specie di inutile complicazione per chi ha un sacco di tempo da perdere, poi, quando accade qualcosa, una malattia, un lutto, ci rivolgiamo a Dio sbraitando, esigendo, minacciando.
Ci avviciniamo a Dio, che regolarmente ignoriamo, quando qualcosa non funziona, quando abbiamo dei bisogni. Lasciamo la nostra fede in uno stato di penosa sopravvivenza poi, quando la vita ci chiede un qualche conto, ecco i ceri che si accendono e le devozioni che si moltiplicano, e i padrepii che si scomodano. Quando non scivoliamo nei ricatti: "Dio se esisti fa' che succeda questo..."!
E Dio tace, non ci rivolge neppure la parola.
Se, però, insistiamo potremmo sentirci dire la stessa frase: "Bella faccia che hai, ti disinteressi di me e ora invochi un miracolo!"
Conversioni
Come avremmo reagito noi al posto della cananea? Io mi sarei offeso e me ne sarei andato, annegando nel mio dolore, maledicendo Dio e il suo disinteresse, chiudendo per sempre la porta della fede.
La donna cananea no, riflette.
La guancia ancora le fa male, mette da parte il suo amor proprio e confessa: "Hai ragione Signore, hai ragione; sono proprio un cane, vengo da te solo ora che ho bisogno. Però, ti prego, fai qualcosa..."
Mi vedo il volto duro di Gesù che si scioglie in un accogliente sorriso: "Risposta giusta, questa volta, la tua fede ora produce miracoli".
Che bello, amici, che bello! Non sempre chi ti accarezza ti ama, non sempre chi ti fa dei complimenti desidera il tuo bene. A volte, il Vangelo di oggi lo dimostra, anche uno schiaffo ci richiama a verità.
Il silenzio di Dio, talora, è teso a metterci in discussione, a suscitare la fede, a produrre la conversione del cuore.
La Parola di oggi si apre ad un'ulteriore prospettiva di accoglienza universale dei "diversi", degli stranieri. Isaia ricorda a Israele che ogni uomo è straniero, perché la terra è di Dio. Perciò Israele è chiamato ad essere ambasciatore di Dio presso l'umanità, perché ogni uomo sia colmato di gioia nella casa di preghiera. E Paolo ricorda ai romani, pagani di origine, di avere grande affetto verso Israele perché la chiamata di Dio è irrevocabile. Un Parola che ci guarisce dalle derive xenofobe che aleggiano nella nostra Europa; problema non facile da affrontare, certo, ma che va comunque dibattuto dal punto di vista della Scrittura: tutti siamo stranieri davanti a Dio.
E chi sa che la nostra testimonianza di fedeltà e di pazienza, come lo è quella di Israele, come lo è quella di Gesù, non diventi per il fratello non credente stimolo alla riflessione e all'accoglienza del Rabbì che ci ha cambiato il cuore.