TESTO Commento su Matteo 3,13-17
don Walter Magni Chiesa di Milano
Battesimo del Signore (anno A) (12/01/2020)
Vangelo: Mt 3,13-17
15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Nell'orizzonte di una liturgia che ama sostare sul tema degli inizi di Dio nella storia degli uomini s'iscrive anche l'episodio evangelico del Battesimo del Signore che dà avvio, inizio, alla vita pubblica e di predicazione di Gesù. Qui si dà una particolare manifestazione del mistero di Dio che si rivela al mondo. A noi il compito di non disperdere questa opportunità, lasciandoci ancora una volta toccare il cuore e la mente dalla ricchezza della Sua Parola.
“Adempiamo ogni giustizia”
L'avvio dell'episodio del Battesimo di Gesù registra un dialogo serrato tra Giovanni il Battista e Gesù, giunto al Giordano per farSi battezzare. “Giovanni (però) voleva impedirglielo, dicendo: ‘Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?'. Ma Gesù gli rispose: ‘Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia'”. Gesù non Si fa sconti. Non approfitta d'essere Figlio di Dio, d'essere Dio, per sovrastare e giudicare la condizione nostra umana, così radicalmente attraversata dall'esperienza del peccato. In questa umanità tanto fragile e così distante da Dio a causa del suo peccato, Gesù vuole essere battezzato proprio da Giovanni, che tutti accompagna nell'immersione con le sue stesse mani. È questo il modo nel quale il Figlio di Dio adempie ad ogni giustizia. Quello d'essere giusto tra gli ingiusti. Giusto, infatti, nella Scrittura è proprio colui che adempie la volontà di Dio. Che è volontà d'amore, di salvezza, di raggiungimento dell'umanità amata per risanarla in radice, riportandola alla bellezza primordiale dell'amore di Dio. Al fine di rendere ancora l'umanità capace di rispondere all'amore con l'amore. In quell'abbraccio che proprio in Gesù, il giusto secondo il cuore di Dio, trova compimento. Questa immersione battesimale di Gesù avvia pertanto la Sua missione evangelica: al senso delle Sue parole, dei Suoi segni miracolosi. Alla consegna totale di Sé dentro un pane spezzato da consumare; al Suo innalzamento su di una croce ben piantata nella terra della nostra storia, sempre in attesa di un'umanità che ancora Lo riconosca.
“Allora egli lo lasciò fare”
L'espressione di chiusura dell'evangelista Matteo al breve dialogo tra il Battista e Gesù è stringata, precisa: “allora egli (Giovanni) lo lasciò fare”. Per un verso, è Giovanni che aiuta Gesù a immergersi nel Giordano; per un altro, è Gesù che vuole così. Perché il nostro è un Dio così, disarmato e disarmante. Un Dio che non si vergogna delle nostre bassezze, ma che le affronta immergendoSi in esse. SporcandoSi le mani. Un Dio che ama ciò che è perduto e per chi è perduto Si perde. Sino a diventare, a Sua volta, insignificante ed emarginato. Dove gli uomini amerebbero dire "perduto", lì Egli dice "salvato"; dove noi diremmo un "no" deciso, proprio lì Egli dice il Suo "sì" più solenne. Senza condizioni o parole di giustificazione o di rimprovero. E ancora: dove gli uomini distoglierebbero volentieri lo sguardo, lì Gesù poserà ancora il Suo, segnando della Sua misericordia e della Sua compassione il malcapitato. Dove gli uomini griderebbero "spregevole" e “abominevole”, lì il Dio che in Gesù Si è rivelato, esclamerà a gran voce, come cantando: "beato". “Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia” (D. Bonhoeffer, Riconoscere Dio al centro della vita).
Sono figlio nel Figlio
Ho avuto la grazia di recarmi spesso nella terra di Gesù. Ricordo con un sussulto di gioia, come un trasalimento del cuore, l'intuizione gioiosa che ho provata presso il fiume Giordano, in una sosta del nostro viaggio dalla Galilea alla Giudea, sulla strada di Gerusalemme. Come se riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio, come diceva la voce venuta dal cielo stando ai vangeli, d'improvviso mi fosse stata data la grazia di sentire che in Gesù, nel Figlio di Dio, anch'io mi sentissi semplicemente Suo figlio. Come se dentro una voce mi ripetesse all'infinito: sono figlio di Dio! Comprendendo che “figlio” è la prima parola tanto umana e divina ad un tempo che definisce la mia stessa umanità. Dandomi anzitutto la forma di figlio nascendo e qualificandomi come tale a mano a mano che sono cresciuto. Percependo la profondità di radicamento, di una appartenenza che sta dentro le fibre più profonde e decisive della mia esistenza. Ed è così che se il Figlio di Dio, Gesù, tanto ha potuto dire, fare ed essere con la forza dello Spirito Santo, a me, anche a me è chiesto altrettanto. Perché il Figlio è anzitutto colui che compie le stesse opere del Padre, e che ama fare sempre e solo ciò che al Padre piace: “Io faccio sempre ciò che a lui piace” (Gv 8,29). Sentendoti così amato, Figlio amato, prima di ogni tua azione, di ogni tua spiegazione, prima di ogni tuo merito o giustificazione. Perché “la sua delizia è stare con i figli dell'uomo” (Pr 8,31). Mio Dio, come posso non amarTi?