TESTO Sono occhi le mie finestre?
don Angelo Casati Sulla soglia
Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (05/01/2020)
Vangelo: Lc 4,14-22
14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
18Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19a proclamare l’anno di grazia del Signore.
20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
Indugio, ma brevemente, sul brano tratto dal libro del Siracide. Solo per dirvi che dobbiamo, a mio avviso, sfuggire a un pericolo, quello della restrizione. Si parla della Sapienza e la liturgia oggi, come nei giorni scorsi, legge il brano alla luce di Gesù, il Verbo di Dio che ha messo la sua tenda in mezzo a noi. Parla la Sapienza, con accenti di poesia e canta l'universalità: la sua presenza ovunque. Come nube ha ricoperto la terra, come pioggia ha irrigato il mondo, ha fatto fiorire i deserti, presso ogni popolo e nazione. Ed ecco che Dio chiede alla Sapienza di mettere una tenda quaggiù: "Colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: "Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele".
Giacobbe, Israele: qualcuno potrebbe pensare a una restrizione. No, l'acqua della Sapienza, dello Spirito, è segreto di fecondità e rimane nei solchi della storia. E non finisce di suscitare germogli. Il pericolo è quello di pensare che l'azione della Sapienza abbia subito una sorta di imprigionamento o di rattrappimento in un solo popolo. Quasi una sconfessione dell'universalità. Ebbene il racconto di Luca sembra cancellare, una volta per tutte, l'ipotesi inquietante che, con l'avvento di Gesù, accada una restrizione.
Ecco che cosa scrive Luca, subito dopo il racconto delle tentazioni di Gesù, e cioè all'inizio della sua missione: Scrive: "Il Signore Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode". Ma perché l'inizio in Galilea? Il centro religioso non era Gerusalemme? Gesù non si restringe, va in zone di confine, zone di meticciato religioso. Ma non si restringe nemmeno nella sinagoga della sua città. Oggi il brano liturgico è stato maldestramente tagliato. Facendolo concludere con queste parole: "Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca. E noi diremmo: missione compiuta. Con successo.
Ma proseguiamo nel racconto, ed ecco i versetti finali: "All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino". Si mise in cammino. Bellissimo, niente restrizione, niente imprigionamenti. Ma che cosa era successo nella sinagoga?
Vorrei leggervi una pagina del cardinal Martini che interpreta il clima di emozione che si era fatto nella sinagoga di Nazaret: "Gesù aveva già predicato altrove, aveva gia una certa fama, e allora, entrando nel suo paese, è lui stesso preso dall'emozione di vedere la gente conosciuta, e si chiede cosa diranno di lui, come lo accoglieranno. Ma la gente soprattutto è curiosa e anche un po' calcolatrice: "Che cosa ci può venire di guadagno dalla fama di quest'uomo che sta diventando il grand'uomo del paese, colui che ci fa conoscere dappertutto (tutti lo chiamavano Gesù di Nazareth) e quindi ci sta dando lustro? Come possiamo gestire questa fortunata combinazione?"
Possiamo poi comprendere evidentemente la gioia e il timore di Maria: "Come lo accoglieranno, cosa diranno di questo mio figlio?" E poi l'attesa degli amici d'infanzia, di coloro che non lo avevano mai considerato, e tutta quella serie di emozioni forti che si producono soprattutto in una società chiusa come quella. Gesù vi rientra dopo essere stato fuori in missione, in contrade diverse, e affronta la situazione; forse sarebbe stato più facile per Gesù non affrontarla, girare al largo da quell'ambito difficile e quindi poco accattivante.
Gesù, invece, ci va in mezzo, come dice Luca, entrando, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga; si alza, svolge il rotolo, quindi lo legge ad alta voce; già sembra che la gente si meravigli per questo, perche sa leggere bene, non essendo usuale che tutti sapessero leggere con facilità." Ma, vedete, c'è anche sconcerto nella sinagoga e Gesù lo indovina nei loro occhi. Dopo tutto non era uno di loro? E non dovevano essere loro i primi? E poi, come si permetteva l'arbitrio di tagliare a metà un versetto della Bibbia?
Del Veniente Isaia diceva che sarebbe venuto "a proclamare l'anno di grazia del Signore e il giorno della vendetta del nostro Dio". Ebbene lui si era preso l'arbitrio di cancellare la vendetta. E, ancora, lui che aveva fatto miracoli a Cafarnao, perché non li faceva in mezzo a loro? E poi, loro si aspettavano, sì, uno, giusto, che facesse opere di compassione, ma che incendiasse anche i nemici, Delusione! E Gesù non arretra. Anzi ricorda loro ciò che Dio nella storia aveva operato fuori i confini, fuori dalle appartenenze religiose: fa due nomi la vedova di Sarepta di Sidone e Naaman il siro.
Così facendo li fa imbestialire: "Si alzarono e lo cacciarono fuori". Tentano di gettarlo dal da ciglio del monte. E sono quelli che si radunano ogni sabato nella sinagoga!. Sono loro l'immagine della restrizione. Voi avete capito, il Verbo di Dio, incarnandosi, mette la tenda in un popolo, ma non si lascia sequestrare da un popolo. La domanda è se, nella storia o anche oggi, non ci è accaduto e non ci accade di lasciarci sequestrare? I verbi sono da tenere ostinatamente insieme, li ha tenuti insieme Gesù e insieme li devono tenere i suoi discepoli: "mettere la tenda" e "camminare".
Mi ha impressionato il verbo alla fine dell'episodio: "Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino"... Mettere la tenda significa creare vicinanza. Ma mai acconsentire al sequestro. il pericolo del sequestro vale per tutti e per tutto, vale per ogni religione, vale per ogni casa, vale per ogni paese e dunque per ogni politica. Se siamo barricati dentro non è casa, è prigione; non è religione, è fanatismo; non è paese è fortino;, non è politica è fazione. E' restrizione. Mi sono chiesto se la mia casa - e penso innanzitutto a quella interiore - è casa, è tenda o è prigione. Mi chedo se le mie finestre sono occhi su una realtà più grande, se le mie porte sono luogo di transiti per un entrare e un uscire.
Sono occhi le mie finestre?