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TESTO Innamoratevi

don Angelo Casati   Sulla soglia

VI domenica T. Avvento (Anno A) (22/12/2019)

Vangelo: Lc 1,26-38a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38a

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Questa domenica, che arde come lampada sul prossimo Natale, ha nome di "domenica dell'incarnazione" o "della divina maternità di Maria". Un annuncio. Ed ecco il germogliare silenzioso di una maternità. L'annuncio ha dell'incantamento: una ragazzina, in una casa sconosciuta, pietre di tufo, lei sola in casa e il fruscio dell'angelo, che, lì per lì, le mette un brivido in corpo, come di paura. Andava rassicurata, non sempre dalla religione ci stata passata un'immagine tenera e affidabile di Dio. E l'angelo a ricordargliela, a invitarla a sorridere: "Rallegrati".

Se viene Dio, se ha un annuncio per te, se entra nella tua vita, nella mia vita, nella nostra, non è per intristirci o intimorirci, ma per rallegrare, rallegrare il nostro cuore. Fu un'ora di stupore. Come se la casa, un po' buia, vedesse il silenzioso sottile filtrare di una luce. I grandi artisti, presi da questo evento, ci hanno regalato annunciazioni e annunciazioni. Quest'anno, qui vicino, a Palazzo Marino, possiamo incantarci ai due ovali di Filippino Lippi che raccontano l'emozione. Dall'ovale dell'angelo la luce sembra protendersi sino a sfiorare il viso della ragazzina dii Nazaret. Nell'aria uno stupore.

Maria era un'adolescente. Come ogni adolescente colma di sogni. Quel giorno si sentì "ricercata". Già in giorni non lontani aveva sperimentato cosa volesse dire, la meraviglia di sentirsi ricercata, un'emozione da far rabbrividire la pelle, ricercata da Giuseppe. Sulla pelle aveva provato la bellezza dell'essere ricercati, ricercati per impulso di amore. Ma quel giorno - chissà come era la luce quel giorno! - quel giorno sulla pelle sentì un brivido inatteso, il brivido di sentirsi ricercata da Dio. Lei che era stata educata all'ascolto delle Scritture, aveva letto nel rotolo di Isaia la bellezza dell'essere ricercati da Dio.

Ne abbiamo letto un passaggio questa mattina: "E tu" - dice Dio a Gerusalemme - "Tu sarai chiamata Ricercata". Il sogno di Dio - voi mi capite - incrociava i suoi sogni di adolescente, ma, insieme, li scompigliava. Perché Dio non è mai nei sogni immobili. Anzi dire "sogni immobili" è quasi come è come pronunciare un ossimoro: i sogni vanno, prendono strade, corrono oltre. Indugio un momento perché la nascita nella carne del figlio dell'altissimo incrocia anche i nostri sogni. Anche tu sei ricercato, ricercata da Dio. E i tuoi sogni si fondono con i suoi su di te. E non vanno nel segno della tristezza, ma del rallegrarsi. Maria chiese ragione. Di certo alla mente le si era affacciato quel volto che le aveva fatto ardere il viso, quello di Giuseppe.

Certo "il figlio dell'Altissimo"! Ma che ne sarebbe stato di Giuseppe cui era legata sino all'estremo dell'anima e del corpo? La bellezza dell'annuncio si sarebbe sposata a una fatica, anche se il suo Giuseppe era uomo giusto. Il sogno di Dio avrebbe incrociato anche i sogni di Giuseppe. E Dio solo vedeva come tutto sarebbe stato possibile. Disse: "Ecco, sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola". Era, pensate, una adolescente! Il racconto termina con questa piccola parola: "Eccomi". Quando la diciamo - e potrebbe essere la prima del mattino: "eccomi" - ogni volta che la pronunciamo, fiorisce il sogno di Dio, che non si realizza senza il nostro apporto. Che conosce anche fatiche.

Vedete, noi spesso passiamo in modo repentino dall'annuncio alla nascita, ma di mezzo ci sono nove mesi. E alla maternità di quella adolescente non furono risparmiati i giorni, nove mesi. Notate, la parola "maternità" non è un punto, è uno scorrere di gorni sino alla nascita. Chi ha portato in grembo un figlio lo sa. Conosce le ansie, le meraviglie, le fatiche, i sudori e lo stupore di quei nove mesi. Sa che la vita non nasce all'improvviso, ma che ha bisogno di un tempo per prepararsi. Un tempo di attesa. Un tempo in cui fuori niente sembra accadere e tutto invece accade, nel silenzioso intessersi delle cellule e nel buio fitto di un grembo. Chi ha aspettato un figlio lo sa. Sentirsi culla di un mistero che sta prendendo forma e sangue è cosa che sgomenta, che fa battere il cuore all'impazzata.

Spesso, quando festeggiamo il Natale dimentichiamo che quella nascita che celebriamo, proprio quella nascita, ha avuto bisogno anche lei di prepararsi, ha dato il tempo a chi l'attendeva di stupirsi e sudare, di sentire stanchezze e gonfiori. Non sono dal nulla le nascite. Vorrei aggiungere che questa modalità del venire di Dio, del suo Messia, quando la rievoco al cuore nella sua limpidezza, mi dà una consolazione infinita. Perdonate, mi verrebbe da dire che, se lui fosse disceso dal cielo già grande, come succedeva agli dei degli antichi, non mi avrebbe preso - per come sono fatto - così intensamente il cuore.

Non è venuto bello e fatto. Ma come uno immerso totalmente nella nostra vita. La vita che è un lento crescere, non da giganti. Lo avrei sentito come uno che condivide, ma non totalmente, la mia umanità. Da quell'inizio, sino alla fine, fedele a questa nostra umanità. "E' venuto in questo mondo" - dice una preghiera - "uno di noi, semplicemente a vivere, è passato tra noi senza potenza né gloria. Dell'uomo ha preso tutto, carne e sangue, riso e pianto, un nome, una voce, un volto. Ha preso casa fra noi. Tutto consacrato a te e agli altri, mangiando e bevendo con peccatori, annunciando una felicità inaudita, il tuo regno per tutti, per la salvezza di tutti". Per questo lo benediciamo. Mi emoziona questo Dio che non prende le distanze, che non mi chiede di prendere le distanze.

Lui le annulla, e chiede a me di annullarle, mi chiede non di disamorarmi, ma di innamorarmi, non di contenere la passione, ma di mettere passione. Bellissime oggi le parole della lettera ai Filippesi, parole in conclusione, quasi fossero la la conclusione di tutto: "In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. E il Dio della pace sarà con voi". Appassionatevi, annullate le distanze, innamoratevi.

Celebrerete la sua nascita.

 

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