TESTO Commento su Rm 14,7-8
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Giovedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (06/11/2003)
Brano biblico: Rm 14,7-8
Dalla Parola del giorno
Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. (Rom 14,7-8)
Come vivere questa Parola?
E' un chiaro e forte discorso di appartenenza quello che Paolo propone, Sì, noi apparteniamo al Signore. E risulta di estrema attualità anche oggi. Non siamo venuti al mondo per nostra volontà. Non abbiamo "scelto" di vivere in questa epoca, né che la nostra vita si accendesse attraverso l'unione dei nostri genitori. La vita è un dono di Dio. A Lui apparteniamo. Così come a Lui appartiene l'ora e la modalità della nostra morte. "Chi di voi per quanto si dia da fare può aggiungere un'ora sola alla sua vita?" (Mt.6,27), chiede Gesù. Dio ci ha creati liberi e consapevoli, ma tagliare il filo dall'alto" che lega a Lui il nostro esistere, crederci autonomi da Lui è somma stoltezza. Chi non ricorda l'apologo dello splendido ordito di un ragno? La sua ragnatela è perfetta, ma ne è sostegno (appena percepibile a occhio nudo) un filo, che la tiene appesa a un alto ramo d'albero. E quando il ragno, tronfio della sua bravura, decide che la sua tela è perfetta e che quel filo dall'alto è inutile, lo taglia. Ma ahimè, è l'immediato afflosciarsi della sua tela, è la rovina. "Se noi viviamo, viviamo a causa del Signore e finalizzati al suo Amore. Anche l'ora della nostra morte è nelle sue mani, dentro un suo progetto che è sempre e solo Amore. E il Signore "è ritornato alla vita" nello splendore e nella forza della sua Risurrezione, per esercitare una signoria sulla vita e sulla morte delle sue creature: una signoria che è protezione, cura amorevole, libertà, realizzazione vera.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, fuori dalla superficialità tipica di oggi, approfondirò la necessità di vivere lungo il giorno la "memoria Dei", il continuo ricordo di Te, mio tutto, a cui pienamente appartengo.
Signore, tienimi nella consapevole certezza continua del mio appartenere a Te. Dammi di vivere la fiducia che Tu per primo mi vieni a cercare. E quando mi smarrisco dentro qualche tentazione, io sappia che Tu mi prendi sulle tue braccia come la pecorella smarrita del Vangelo odierno.
La voce di un teologo ortodosso
Il Volto di Cristo, nella Sindone di Torino, dov'è colto fra la morte e la resurrezione, è un Volto segnato da una morte d'amore, da un Amore per sempre vincitore della morte...Ecco che "l'IO SONO" del Roveto ardente si rivolge a ciascuno di noi e diventa un "Tu sei": tu sei vivente per sempre. Perché il Nome è il Volto, e il Volto è l'AMORE.
Olivier Clément