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TESTO Commento su Matteo 15,21-28

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XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (14/08/2005)

Vangelo: Mt 15,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 15,21-28

In quel tempo, 21partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

IL TEST DELL'AMICIZIA

* Una situazione abbastanza tipica che penso parecchi di noi abbiano incontrato nella loro vita (specialmente i genitori!) è quella della ragazza molto innamorata del suo ragazzo. Lo vorrebbe sposare, ma ha qualche dubbio, qualche sospetto: non è del tutto sicura di potersi fidare di lui, che lui la ami davvero.
Che fare?

La cosa migliore sarebbe metterlo alla prova: vedere se davvero lui ci tiene.
"Se lui torna, vuol dire che mi ama".
Ma è rischioso. E se lui non torna?

Meglio lasciar perdere e tenerselo così com'è (con qualche dubbio), piuttosto che rimanere zitella...

* Talvolta accade che non si trova il coraggio di mettere alla prova le situazioni e le persone perché abbiamo paura di rimanere soli.

Anche con gli amici. Diciamolo francamente: quanti sono davvero nostri amici?

In fondo lo sappiamo che la grande maggioranza di quelli che ci orbitano intorno non sono amici veri, che se li mettessimo alla prova se la squaglierebbero subito senza pensarci due volte.

Ma può succedere che ci intestardiamo a considerarli tali, facendo finta di niente.

Ci piace poter dire di avere degli amici, anche se magari sappiamo che non è vero.

* Ci sono persone che hanno brutti sospetti su un socio, il partner, il collega, ma preferiscono far finta di niente, non se la sentono di approfondire, per evitare una delusione. Si accontentano del rapporto così com'è. Si illudono dicendo: "il problema non c'è".

* Ma rapporti simili possono darci la sicurezza che cerchiamo, come esseri umani?
Gesù ci risponderebbe decisamente, oggi, nel Vangelo: "No".

* La libertà interiore è certamente il tratto più caratteristico e affascinante della personalità di Gesù di Nazareth. Libertà di dire quello che pensa, libertà nei rapporti con i familiari, la gente e gli amici, libertà dai condizionamenti di qualsiasi tipo.

E' per questo che nel Vangelo si dice chiaramente che Gesù metteva alla prova i suoi amici. Perché era un uomo libero.

Non si può dire che ne avesse molti di amici: tanti lo seguivano solo perché attratti dalla sua parola e dai segni che compiva. Nel momento della prova spariranno tutti in un baleno e di loro non si avrà più alcuna notizia!

Ma non erano amici, e lui lo sapeva benissimo. E glielo aveva pure detto in faccia: "Voi mi cercate solamente perché avete mangiato quel pane e vi siete saziati".

Però aveva alcuni amici veri, un gruppo ristretto, quelli a cui confidò, proprio alla fine: "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove".

* E' interessante il modo in cui Gesù preparava queste prove per i suoi amici.

Ricordiamo, in occasione della moltiplicazione dei pani, il dialogo con Filippo, in cui Gesù interroga questo apostolo per far emergere quali fossero davvero i suoi sentimenti. L'evangelista Giovanni commenta: "Diceva così per metterlo alla prova". Gesù sapeva benissimo quello che stava per fare, ma voleva mettere alla prova l'amico.

E subito dopo, abbandonato da quasi tutti, egli non ha paura di mettere a dura prova i sentimenti di tutto il gruppo dei Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?".
Non teme di perdere la stima e l'amore, e mette alla prova.

E noi sappiamo che Gesù credeva davvero nell'amicizia e ai suoi intimi aveva detto chiaramente: "Vi ho chiamati amici"!

* Chiaro: essere amici non significa essere perfetti. Ci possono sempre essere cadute di stile.

Gli amici di Gesù, al momento della crocifissione, si volatilizzeranno tutti, a eccezione di Giovanni e della Maddalena.
Ma saranno disponibili a morire per lui, più tardi.

Erano amici veri, quindi.

QUANDO L'AMICIZIA CON DIO E' MESSA ALLA PROVA

* Questa lunga introduzione ci serve per cercare di capire l'atteggiamento di Gesù nel Vangelo di oggi.

Diciamolo pure: è un atteggiamento duro. E si fa fatica a capirlo del tutto.
* Facciamo un esempio banale.

Se noi facessimo una domanda a qualcuno e questi non ci rispondesse, penso che ci rimarremmo parecchio male: è come se non ci considerasse proprio.

Se ripetessimo la richiesta una seconda volta e questi continuasse ad ignorarci, ci sentiremmo probabilmente umiliati e anche un po' irritati.

Se replicassimo la richiesta una terza volta e questi ci desse del "cane"... penso ci offenderemmo. E per quanto la C.E.I. abbia tradotto "cagnolini", sempre di cani si tratta. Forse che il diminutivo può attenuare di tanto l'impatto emotivo di una simile risposta?

* I teologi ci rispondono che Gesù dà queste "risposte" nel Vangelo odierno, perché agisce in modo profetico, e vuole manifestare in questi atteggiamenti il suo invio, da parte del Padre, per la salvezza di Israele, erede primo della promessa che attraverso lui passerà a tutte le genti

Il che è teologicamente vero. Ma la Teologia non basta forse a toglierci del tutto una certa sensazione psicologica di durezza. E una certa difficoltà nell'accettare alcuni comportamenti di Gesù.

* Ecco allora un dettaglio significativo, che ci può aiutare a capire meglio lo stile del Maestro. Il dettaglio è quella ammirazione finale che Gesù manifesta per quella donna.

E' l'ammirazione, piena di amore e compassione, che Lui riserva a chi ha passato con successo una delle sue classiche prove, magari molto difficile.

Facciamo un esempio. Anche nell'episodio (narrato da Matteo; 8,5s) della guarigione del servo del centurione c'è una dinamica simile. Il centurione lo "scongiura" perché il suo servo soffre "terribilmente". Si tratta di una richiesta urgente, che necessita di una risposta rapida.

E Gesù "fa il vago", come si direbbe a Roma, dà una risposta molto generica, che può significare tutto e niente. Significativo quanto riporta un commentario a Matteo: "Questa risposta può significare sia disponibilità sia diniego, se letta in forma interrogativa" (S. Fausti, Una comunità legge il Vangelo di Matteo, pag. 132).

Se chiamassimo il 118 e chiedessimo con urgenza un'ambulanza, come reagiremmo se il centralinista ci rispondessero come ha fatto Gesù?
* Ma è un mettere alla prova.

E il centurione la supera brillantemente, con la sua insistenza, il suo coraggio e la sua fede.
E Gesù "ne fu ammirato" e assecondò la sua richiesta subito.

* Gesù quindi prova le menti e i cuori delle persone, esattamente come Yahwèh aveva fatto nel'Antico Testamento con il popolo di Israele.

Fa questo per guidarci alla verità su noi stessi, per renderci più maturi e forti. Per sapere se gli vogliamo bene davvero.

Se siamo suoi amici o semplicemente suoi clienti.

ACCETTARE DI ESSERE PROVATI

* Vorrei proporvi infine una semplice analisi del comportamento della donna nel Vangelo odierno, come anche di quello di Gesù.
E vorrei poi applicarlo alla nostra vita concreta.
* Il primo passo della donna è il suo grido di dolore.

Non si tratta di una semplice preghiera, ma dell'effusione di tutti i suoi sentimenti e delle emozioni più profonde.
Questa donna sa di avere un problema.

E, soprattutto, ha il coraggio di chiamare il problema per nome.

Senza troppi giri di parole, senza troppe vergogne o falsi sensi di pudore dice le cose come stanno. La sua è una confessione e una richiesta di aiuto sorprendentemente autentica.

Riesce così, in pochi istanti, a comunicare tutto il suo dramma, con verità e coraggio.

Anche noi dovremmo imparare ad essere sempre molto chiari con noi stessi e con Dio, quando preghiamo: cogliere il "punto caldo" della nostra vita, ciò che "scotta", senza paura e senza girarci troppo intorno con lunghi ragionamenti. La preghiera è innanzitutto questo metterci davanti a Dio così come siamo, senza vergogna. Anche "crudelmente tormentati dal demonio", se occorre. Ma dicendo sempre la verità. Andando dritti al centro della nostra difficoltà personale.

Il primo requisito per essere guariti è, quindi, riconoscere di essere malati.

E può accadere che Dio non risponda. Resti in silenzio. "Non le rivolse neppure la parola".

E' l'esperienza più difficile per un credente. Dio sembra non ascoltare la nostra preghiera. Questa è la prima prova: il silenzio di Dio.
Come superare questa prova?

Risposta paradossale (ma non troppo): capendo che è una prova.
* Il secondo passo è l'insistenza.

La versione adottata dalla C.E.I. è che i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro!". Ma secondo una migliore versione, i discepoli, in sintonia con la vera missione di Gesù "inviato soltanto alle pecore perdute della casa di Israele" dicono con forza: "Mandala via, vedi come ci grida dietro!" (Fausti, pag. 308).

Questo è più in sintonia, tra l'altro, con la forma mentis dei discepoli nel Vangelo di Matteo.

La risposta di Gesù, poi, è sostanzialmente sconfortante: non posso esaudirti, perché tu sei una figlia di Canaan e io sono venuto per i figli di Israele.

E' questo il momento più difficile della preghiera cristiana: quando ci sembra che Gesù ascolti gli altri ma non noi. Quando ci pare che Dio "abbia delle preferenze" e ci consideri di serie B, rispetto ad altri, che ci sembrano "eletti" o più meritevoli di noi.

Dio tace, e pure i fratelli diventano un ostacolo alla nostra preghiera. I fratelli sembrano agire come i discepoli del Vangelo: ci mettono i bastoni tra le ruote.

Ma questa donna grida ancora, senza paura di fare brutta figura, senza paura di essere respinta da Gesù e dagli apostoli.
Come superare questa seconda prova?
Senza scoraggiarsi.

* Il terzo passo è l'avvicinarsi a Gesù, prostrandosi ai suoi piedi.

La prostrazione è un gesto importante: non si tratta di un semplice inchino o di una genuflessione. Si tratta di buttarsi a terra con il corpo, ai piedi di un altro. Un gesto anche tecnicamente un po' scomodo, specie se fatto lunga la strada. Un gesto imbarazzante, specie se da farsi in pubblico.

E', però, il segno della fede profonda e della adorazione divina, accompagnato da quella semplice parola, che nel Vangelo odierno viene ripetuta tre volte dalla donna cananea: "Signore!".

Nonostante la disapprovazione (e vergogna) dei discepoli, nonostante la "resistenza" di Gesù, nonostante l'imbarazzo della folla, questa donna si avvicina al Maestro e lo adora.

Non grida più. Dice solamente due parole: "Signore, aiutami!".

Il resto è implorazione silenziosa e sofferta, è uno stringere i piedi di Gesù nell'atto coraggioso della supplica, senza perdersi d'animo e tenendo salda la fede.

E qui avviene quel dialogo che è eccezionale e ci aiuta a capire qualcosa della logica del Regno: Dio ha un progetto e non sempre le nostre preghiere sono del tutto secondo questo progetto. Però la sua misericordia è immensa e anche se ne mendichiamo una briciola soltanto, questa è sufficiente per ricevere enormemente.

Anche la Madonna, a Cana, gli aveva chiesto qualcosa. E anche a lei, Gesù aveva risposto secco: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". Anche lì Gesù aveva voluto ribadire che aveva una missione da seguire. Ma l'amore aveva potuto di più e aveva ottenuto un'altra "briciola", capace di rendere felici due sposi.

"E' vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni" dice la donna cananea. E questo è il terzo passo: l'intuire che, sebbene le vie di Dio per noi restino un mistero, anche una briciola (e non il pane intero che avevamo chiesto noi) è sufficiente per guarirci.
Non come vorremmo noi, ma come vuole lui.
Come superare questa terza prova, allora?

Sapendo che, anche se Dio sembra opporsi, certamente almeno una briciola arriverà presto.

* E l'ultimo passo è l'ammirazione di Gesù: "Davvero grande è la tua fede!".

E qui Dio interviene e ci concede: "ti sia fatto come desideri"

Ciò che causa il miracolo è la fede della donna: una fede provata e resistente, capace di superare molte dure prove: dal silenzio di Gesù, al suo secco diniego, a un combattimento spirituale basato sulla perseveranza, fino al superamento finale e alla gioia.

* Preghiamo perché possiamo essere forti nella fede e perseveranti nella preghiera, come questa donna cananea e perché possiamo riconoscere con sapienza, affrontare con coraggio e superare con fede le prove della vita.

* E se anche Dio non ci esaudisse nei termini in cui vorremmo noi, che possiamo sperare e riconoscere almeno le briciole che scendono dalla Sua mensa.

Commento a cura di padre Alvise Bellinato

 

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