TESTO Vegliate, perché il Figlio verrà
don Luca Garbinetto Pia Società San Gaetano
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I Domenica di Avvento (Anno A) (01/12/2019)
Vangelo: Mt 24,37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Quello che conta maggiormente, all'inizio di un anno nuovo, è il fatto di non capovolgere l'ordine delle priorità. La vita non funziona come la matematica: se si cambia l'ordine dei fattori, il risultato è diverso. Per questo, di fronte all'esortazione di Gesù, che riguarda i tempi ultimi, e per questo va posta al principio - del cammino, della vita, della fede -, è necessario comprendere ciò che sta davanti e ciò che viene dopo.
Ecco, allora: prima di tutto, sta un annuncio di fedeltà da parte di Dio. Al seguito, vi è l'invito alla vigilanza. Prima viene una promessa, e una promessa che si compie; di conseguenza - e soltanto di conseguenza -, un comandamento. Prima l'indicativo affermativo: “il Figlio dell'uomo verrà”, anzi “viene!” Poi l'imperativo: “vegliate!”
Dio abilita, piuttosto che pretendere: abilita alla risposta coloro che si sono resi conto di trovarsi di fronte a una immensa e coinvolgente domanda: “vuoi essere salvato e vivere per sempre?”. Di questo, in fondo si tratta. Dio conosce il cuore dell'uomo, la sua intima nostalgia di eternità, e si fa vicino per realizzare un tale desiderio di infinito. Gesù lo annuncia, e si appella alla Sacra Scrittura come testimonianza. Ricorda la vicenda di Noè, e di una umanità stordita che Dio stesso vuole scuotere e rinnovare nella vita vera; ricorda di una insistenza da parte di Dio stesso a svegliare i cuori addormentati, per non essere colti alla sprovvista; ricorda il segno ultimo, evidente, eppure trascurato, della vita controcorrente di un giusto - Noè, appunto - e della sua famiglia. La drammaticità dell'episodio del diluvio manifesta la serietà della questione. Ma mostra anche come il dono di una vita possibile, rappresentato dall'acqua, diventi causa di disperazione e morte per chi non ha creduto alla promessa: “verrà!”.
Gesù si appella anche all'esperienza ordinaria della vita, alla naturale propensione a proteggere i propri beni, a garantire la propria sicurezza, a difendere il clima di casa da intrusioni inopportune. La paura che un ladro entri tra le mura domestiche va ben al di là del timore di perdere i propri averi. L'intimità violata è una esperienza di angoscia che destabilizza. Non serve sapere l'ora della venuta del ladro per stare ben svegli; basta sapere che venga. Il paradosso di quanto viviamo naturalmente di fronte a una situazione così scomoda, esprime per Gesù tutta la verità della nostra esistenza di creature, che, pur non sapendo l'ora, ben sappiamo che la fine verrà. Sebbene cerchiamo continuamente di allontanarne il pensiero.
Alla luce della promessa, appare ben più saggio cogliere l'occasione e scegliere di vivere l'ineludibile con un cipiglio nuovo. Non più l'ansia che blocca l'energia di chi si illude di essere immortale su questa terra, e nemmeno la spensieratezza dell'indifferente che spegne il richiamo del cuore a un amore senza fine e senza misura. Gesù promette rivelando una verità: la fine non è l'ingresso all'abisso del nulla, ma l'incontro con Colui che si è mosso per primo per venirci incontro. E che ha disseminato la nostra quotidianità di piccoli segni della Sua presenza, laddove il mangiare, bere, metter su famiglia è vissuto come opportunità per amare e lasciarsi amare, per condividere e generare vita, e non come rifugio egoistico per i propri bisogni. Gesù promette: “verrà!”. E fonda la certezza di tale annuncio sullo stesso indicibile sogno di relazioni definitive e appartenenze totalizzanti che abita l'animo dell'uomo, sogno trasformato in realtà dai padri della fede biblica.
A questa consegna di verità, consegue l'appello, che è un ulteriore svelamento: “Tu, o uomo, sei fatto per vegliare in attesa di questa venuta! Tu, o donna, sei creata per custodire e far crescere lo spazio dell'accoglienza di Colui che viene!”. È questo il fine dell'esistere, ciò che dona densità alle ordinarie azioni di ogni persona. E dunque vegliare, concentrati sulla profondità dell'esistere, non è un obbligo, ma una esigenza. Stare dentro le vicende quotidiane, dal lavoro del campo alle faccende della famiglia, si rivela normale ambito di umanità salvata. L'atteggiamento del credente, di chi si affida al Dio fedele, non è quello di un ritiro ascetico e timoroso dalle ‘cose del mondo', ma una più intensa adesione alla bellezza dell'umano, con le sue concrete espressioni, riconosciuto quale luogo privilegiato per cogliere già le tracce della venuta. Che sarà definitiva, perché trasformerà in definitivo ogni germe di amore sparso nelle piccole scelte di ogni giorno.
“Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (v. 42). Ma sapete che verrà. E sapete che vi incontrerà nel qui e ora, nella misura in cui lo starete vivendo concentrati e attenti alla profondità, senza sconsiderati sprechi di energia sulla superficialità dell'esperienza. Lasciate dunque perdere il superfluo, che all'incontro gioioso con il Figlio che viene ci si prepara unificandosi in stili di vita e relazioni di ordinaria sobrietà.