TESTO Commento su Matteo 24,1-31
don Walter Magni Chiesa di Milano
I domenica T. Avvento (Anno A) (17/11/2019)
Vangelo: Mt 24,1-31
1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».
3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo».
4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori.
9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.
15Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!
20Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati.
23Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l’ho predetto.
26Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi.
29Subito dopo la tribolazione di quei giorni,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze dei cieli saranno sconvolte.
30Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».
Con l'Avvento la liturgia si riveste di morello, e subito ci è dato di capire che qualcosa è cambiato. Ci è data l'opportunità d'essere più pensosi e attenti. Più disponibili all'attesa di qualcosa, anzi: di Qualcuno. Di Colui che viene, viene presto a riempire la sete di giorni che rotolano verso chi? Aspettando cosa? A colmare l'attesa di un amore che non trova mai pace; un cuore - il nostro - che non conosce consolazione piena, appagamento pacificante.
“Venga il tuo regno”
E mentre ascolto, risento le note di un canto che ancora s'intona al lucernario dei vesperi ambrosiani: “nella notte o Dio noi veglieremo, con le lampade vestiti a festa, presto arriverai e sarà giorno”. Anzi, appena terminata la consacrazione eucaristica del pane e del vino, l'assemblea si alza e proclama parole forti, chiare: “Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell'attesa della tua venuta”. E il tema dell'attesa di Lui che viene ritorna ancora nella liturgia e insieme, giunti al Padre nostro, ad una sola voce, preghiamo così come Gesù ci ha insegnato, diciamo: “venga il tuo regno”; mentre il celebrante conclude assicurando la nostra ferma decisione a rimanere “nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. Dunque: si dice attesa, attesa intensa di Lui che viene. E la gioia dovrebbe subito trasparire sui nostri volti. Non è così: dopo aver ascoltato il Vangelo di questa liturgia di inizio Avvento ci prende come un senso di terrore e di tristezza, mentre sentiamo che tutto crolla, che l'iniquità dilaga, che la tribolazione e il dolore hanno il sopravvento. Per consolarci un poco forse c'eravamo rifugiati nella convinzione che talvolta anche Gesù si servisse di qualche accorgimento retorico, di un linguaggio apocalittico che serviva per dire ben altro. Eppure, siamo certi che mentre Gesù parlava, servendosi proprio di parole dure e di immagini così forti, chi Lo ascoltava intuiva una buona notizia, respirava il Vangelo. Come si dischiudesse per loro un mondo diverso, una rinnovata speranza, una luce vera.
Esercizi di attesa
Come ci ricorda Isaia, che pure aveva sperimentato le fatiche della profezia “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” (43,19). Abitare fratelli, sorelle, la situazione, ogni situazione, intuendo che proprio in essa si dischiude la speranza. Si dischiude la possibilità, la prospettiva reale di un mondo nuovo e diverso, che è già il Suo regno che si realizza. Che è già la gioia della Sua inestimabile presenza. Così l'Avvento ci viene regalato come tempo nel quale mettere in atto esercizi di attesa. Come dovessimo scrostare un affresco di valore, che il tempo ha appesantito e dimenticato. Come dovessimo liberarci da troppe inutili sovrastrutture. A volte basterebbe guardarsi intorno e ascoltare semplicemente. Sentendo quante pesantezze nelle nostre case, quante fatiche anche nelle nostre chiese. Anziani affaticati, giovani svagati e smarriti. E cosa pensare quando il terremoto ti riporta all'ira di Dio e l'acqua è tanto alta da travolgere la bellezza e scombinare le nostre città? Qui l'esercizio consisterebbe in un capovolgimento: o immagini che dall'alto ti piova addosso il giudizio di Dio oppure, partendo dal basso, partendo da te, decidi di cambiare rotta. La gioia non è là dove i media fanno di tutto per venderti un prodotto e la speranza non è mai oltre la tua finestra. L'esercizio è ripartire da quello che sei, così carico di fallimenti e fatiche, per riscoprire a partire da te e da chi sta intorno a te, sussulti di speranza, sprazzi di gioia che già dicono del Suo arrivo.
Aprire gli occhi
Perché la fine del mondo comincia ad attecchire quando si tirano i remi in barca, quando il lamento diventa l'unica musica che ascoltiamo. Quando non sappiamo più sognare e di cominciamenti nuovi non se ne parla più. Quando non abbiamo più il coraggio di alzare la testa, lasciando piuttosto che s'affossi nelle spalle. Dobbiamo riprendere in mano tutto, con pazienza. Armandoci della fiducia che torna a ricreare a partire da ciò che abbiamo tra le mani. Del resto, la storia di Dio che la Bibbia ci racconta continuamente ci ripete di questo Suo impenitente non arrenderSi mai. Ma l'ultimo esercizio lo dobbiamo comunque fare con molta onestà. Non dobbiamo avere paura di aprire gli occhi, come scrive Isaia: “Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto”. Aprire gli occhi sulle cause della rovina. Seguendo il racconto di Matteo che ci invita a individuare, tra le cause della devastazione, il dilagare della menzogna e dell'ipocrisia. Se le società e le chiese s'affaticano non è perché abbiamo tutti accettato di convivere con la menzogna e l'ipocrisia? “Guardatevi dai falsi profeti”. Cioè: fate attenzione a tutti quelli che usano parole religiose, parole devote, servendosi troppo spesso del nome di Dio: “Verranno dicendovi: ‘Ecco il Cristo è qui, ecco è là'. Non seguiteli”. Non costruite sulla sabbia dei compromessi, della corruzione, del denaro, degli interessi, dell'egoismo verniciato di elemosina, dell'ingiustizia nei confronti dei poveri. Questa è tutta sabbia! Costruite sulla roccia che è Dio, su quella sua Parola che non passa. Confidando in Gesù, nell'attesa della Sua venuta.