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TESTO Dalla brama di eredità materiale alla brama di eredità spirituale

diac. Vito Calella

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/08/2019)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Se non siamo assicurati, cioè coperti economicamente, non siamo in regola con la società contemporanea e non stiamo in pace, pensando al nostro futuro. A cominciare dall'INPS, che ci garantisce la pensione per la vecchiaia, in quasi tutti persiste la giusta preoccupazione di avere un fondo personale di risparmio accumulato in banca. Molti altri si fanno l'assicurazione complementare per arrotondare la pensione. Viviamo in una mentalità assicurativa su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. C'è gente che paga mensilmente una piccola tassa per avere già garantite tutte le onoranze funebri nell'ora della morte. La ripartizione dell'eredità lasciata da genitori e parenti prossimi è solo la punta dell'iceberg della brama di possedere beni materiali e soldi per assicurarsi un futuro sicuro ed economicamente stabile. I conflitti familiari, scatenati tra fratelli a causa dell'eredità da spartire, che apparteneva ai propri cari defunti, è all'ordine del giorno oggi, come ai tempi di Gesù.

Vale la pena affannarsi e scannarsi a vicenda perché, per istinto di sopravvivenza, si diventa schiavi della logica dell'assicurazione, basata sulla legge dell'accumulo e del risparmio di beni e di soldi?

Gesù prende le distanze, di fronte a uno della folla, che gli chiede di aiutarlo a risolvere un conflitto col fratello per questioni di eredità e propone a tutti noi una regola tradizionale di saggezza, in linea con i testi biblici della sapienza del popolo di Israele: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12,15). La parabola che segue, è la fotocopia di quanto si poteva leggere già nel libro di Ben Sira: «C'è chi arricchisce a forza di attenzione e di risparmio (avarizia); ed ecco la sua ricompensa: quando dirà: “Finalmente ho trovato riposo, ora godrò in pace dei miei beni”, non sa quanto gli rimane. Dovrà lasciare tutto ad altri e morire» (Sir 11,18-19). La vita è «vanità» (Qo 1,2), cioè è come un soffio fuoriuscito dalle nostre labbra, o come «l'erba che germoglia, al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca» (Sal 89, 5b-6). Che senso ha affaticarsi a lavorare con sapienza e accumulare ricchezze, caricandosi di preoccupazioni che rovinano anche il sonno di notte, quando «si dovrà lasciare tutto a un altro, che non vi ha per nulla faticato» (Qo 2,21)?

Se ci si sacrifica per i figli e si agisce con prudenza imparando ad amministrare bene il frutto onesto del proprio lavoro, risparmiando senza sperperare invano, allora si esce da quella spirale di egoismo, da quel pensare solo per se stessi, come l'uomo della parabola raccontata da Gesù.

La parola di Dio non ci impone di essere radicalmente poveri e staccati dai soldi e dai beni che abbiamo acquisito con la fatica del nostro lavoro. Non critica una sensata maniera di amministrare il nostro patrimonio; critica invece quella «avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5b), testimonianza negativa di egoismo, di una scelta libera e insulsa di voler appartenere a tutti i costi alla terra, aggrappandosi solo ed esclusivamente alla soddisfazione immediata dei piaceri della carne:«impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi» (Col 3,5a).

Il tema dell'eredità materiale fatta di beni immobili e di soldi ci apre ad un'altra «eredità, che non si corrompe, non si macchia e non marcisce, conservata nei cieli per noi» (1Pt 1,4). La potenza del desiderio, della brama, della cupidigia di possedere beni materiali si canalizzi in desiderio, brama, cupidigia di «cercare le cose di lassù, dove è Cristo, assiso alla destra di Dio» (Col 3,1). C'è una eredità spirituale di cui siamo custodi solo noi cristiani, che abbiamo creduto e aderito al mistero della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù: l'eredità del dono pasquale dello Spirito Santo, l'eredità della gratuità dell'amore di Dio effusa nei nostri cuori (Cf. Rm 5,5), eredità di cui è impregnato tutto l'universo creato, eredità spirituale presente e vivente già nel cuore di ogni essere umano. Il dono dello Spirito Santo vivo e presente nel cuore di ogni persona attende di essere riconosciuto e valorizzato perché si renda manifesto il «disegno del Padre, di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra» (Ef. 1,10).

Si, perché anche oggi la parola di Dio ci attesta che non c'è più «distinzione nel mondo tra giudeo e greco, circonciso e incirconciso, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti» (Col 3,11). L'eredità più bella verso cui canalizzare le nostre energie è Cristo che diventa tutto in tutti grazie alla nostra scelta di consegnare il soffio povero della nostra esistenza umana all'azione dello Spirito Santo già presente in noi.

Perciò possiamo pregare con gioia dicendo: «Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda» (Sal 89, 14.17), non solo con la nostra iniziativa umana, ma con la consegna di tutto ciò che siamo e abbiamo all'eredità incorruttibile dello Spirito Santo. Solo così comprenderemo e vivremo la gioia di «arricchirci presso Dio» senza cadere nella tentazione di «accumulare tesori per noi stessi» (Lc 12, 21).

 

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